Hops in black
Quando ho iniziato a bere birra, ero inspiegabilmente più propenso a bere birre chiare e ambrate, mentre nutrivo qualche resistenza per le stout e le porter. E devo dire che noto una certa propensione anche nei miei clienti neofiti che, quando mi chiedono una birra scura, la vogliono non-amara o proprio dolce. In quei casi li butto su una donker o una dubbel e risolvo la questione con alcool e malto ma credo che nella vita bisogna osare, e li spingo a bere scure amare. Personalmente adoro le Black IPA, ossia quello strano stile nato da qualche anno, che vede nello stesso bicchiere la luppolatura di una IPA e la tostatura di una Stout.
Capisco che a parole può sembrare un abbinamento impossibile, ma bere una birra densa, con una base di caffè e cioccolato, che alla fine mostra evidenti segni di resina e agrumi, è fantastico. Se ci pensate, quando mangiate le bucce di agrumi ricoperte di cioccolato è la stessa cosa, solo che in questo caso l’amaro dell’agrume è molto più astringente.
Tra quelle che ho gustato ultimamente, direi che meritano la menzione (e la minzione), la Black Betty di Beavertown, la Noir di Monkey Beer (beer firm ferrarese in procinto di aprire il suo birrificio), la Sort Kaffe di Mikkeller (che presenta caffè da moka nel mosto) e la Raven di Thornbridge. In qualche caso l’amaro dato dal luppolo è tale da sovrastare il tostato del caffè, specialmente se bevute fresche (intendo uscite da poco dal birrificio), ma in generale deve esserci un birraio bravo dietro una buona Black IPA: non è facile equilibrare queste materie così saporite.
Michele Privitera
Titolare de “Il Pretesto Beershop” di Bologna