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Il piano della Cina per “normalizzare” Hong Kong

Dagli arresti degli attivisti fino alla chiusura dei siti di informazione indipendenti è ormai chiaro l'attacco della Cina all'ultima roccaforte democratica del Paese

Il piano della Cina per "normalizzare" Hong Kong

Dopo anni di proteste ad Hong Kong, la strategia della Cina per consolidare e riaccentrare il proprio potere è sempre più chiara. Dagli arresti degli attivisti pro-democrazia fino alla chiusura dei siti di informazione indipendenti, è ormai palese che il Dragone Rosso si stia preparando ad una vera e propria guerra contro le regioni autonome, ultime roccaforti di valori democratici e libertà essenzialmente sconosciuti nel resto del Paese. La formula “Una sola Cina, due sistemi” – proposta per la prima volta nel 1979 da Deng Xiaoping durante le trattative tra Cina e Regno Unito per il ritorno di Hong Kong sotto la sovranità cinese – non sembra, dunque, più trovare alcuno spazio nei piani di Xi Jinping, determinato ad una “riunificazione” forzosa che minaccia un potenziale conflitto nazionale, probabilmente più vicino di quanto sembri.

La tattica di Pechino è semplice: limitare l’autonomia di Macao e Hong Kong tramite provvedimenti politici e amministrativi e tagliare le gambe – o almeno provare – all’opposizione pro-democrazia hongkonghese che protesta contro il governo centrale fin dal 2019.

Oscurare Tienanmen

Ultimo risultato in questa direzione è la condanna dell’attivista Chow Hang-tung a 15 mesi di carcere per aver organizzato e intimato ai cittadini di partecipare alla tradizionale veglia a lume di candela per le vittime della strage di Piazza Tienanmen del 1989, evento ricorrente per Hong Kong ogni 4 giugno ma, negli ultimi due anni, vietato per ragioni ufficialmente attinenti alla pandemia. Arrestata a settembre 2021, Hang-tung, avvocato di 36 anni nonché ex segretario dell’ormai sciolta Alleanza di Hong Kong a supporto dei movimenti patriottici democratici cinesi, non è nuova a processi di questo tipo. Già nel 2020, l’attivista fu condannata, insieme ad altri manifestanti, a 12 mesi in carcere sempre per aver organizzato e partecipato alla manifestazione per ricordare i fatti dell’89, nonostante l’esplicito divieto – da molti interpretato come un attacco all’autonomia di Hong Kong, unica città in Cina dove la veglia per le vittime di Piazza Tienanmen era ancora tollerata.

Bavaglio all’informazione

Tra le ultime vittime dei tentativi di ingerenza cinese nel sistema democratico hongkonghese, c’è poi il sito indipendente di informazione Citizen News, costretto a chiudere il 4 gennaio a causa delle preoccupazioni per la sicurezza dei propri dipendenti e per il netto deterioramento del diritto di stampa nel Paese. Fondato da un gruppo di reporter nel 2017, Citizen News è la terza pagina indipendente ad essere chiusa ad Hong Kong, insieme ad Apple Daily e Stand News. Secondo quanto riportato dai media hongkonghesi, gli uffici della testata sono stati l’oggetto di un raid della polizia, ordinato in seguito a timori di una “cospirazione per diffondere pubblicazione sovversive” e concretizzatosi in 7 arresti e nel congelamento di circa 8 milioni di dollari dal conto corrente della pagina.

Tra continue condanne a membri e testate di opposizione e provvedimenti che limitano la libertà delle regioni autonome, i tentativi di Pechino di schiacciare le spinte democratiche e di autodeterminazione economica di Hong Kong stanno dando segnali preoccupanti. A partire dalla legge sull’estradizione del 2019, il governo di Xi Jinping ha acquisito un potere sempre maggiore nell’isola, mettendo a rischio diritti civili e politici e, soprattutto, la libertà di stampa, avviando un processo di unificazione del Paese che minaccia profondamente l’ultima roccaforte democratica della Cina.



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