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Homeschooling: la scuola non è un obbligo

Homeschooling: la scuola non è un obbligoErika Di Martino è una mamma di Asti. Non solo, provvede personalmente all’istruzione dei suoi figli, direttamente a casa. Non solo, è una consulente familiare e fondatrice del Network Nazionale per l’homeschooling. Oltre ad aver scritto il primo libro sul tema “Homeschooling, l’educazione parentale in Italia”, Erika tiene un blog controscuola.it dove trovare tutte le informazioni del caso e le esperienze di chi ha già scelto l’homeschooling come alternativa all’istruzione scolastica tradizionale. Poiché la rete continua a crescere – a registrare il maggior numero di homeschoolers è la regione Campania, che guida con 228 ragazzi, seguita dal Trentino Alto Adige con 160, la Sicilia con 133 e la Lombardia 119 –, abbiamo scelto di approfondire i termini di questa “piccola grande” rivoluzione in corso con l’aiuto di chi ogni giorno si spende per diffonderla.

Per iniziare, cosa si intende per homeschooling?
Homeschooling è quando i genitori si prendono la responsabilità dell’educazione dei figli senza delegarla a una struttura. Quindi sono loro che a casa si prendono cura dei propri figli. Spesso in Italia si tende a fraintendere e non è raro sentireo dire: dai, apriamo una scuola homeschooling! Bene, non è corretto. In questo caso si tratta di una scuola paritaria, libertaria, democratica o una scuola dei genitori che si avvale di insegnanti retribuiti. Nell’homeschooling non funziona così.

Definiamone i confini in termini numerici.
Non ci sono statistiche ufficiali, ma tramite il network edupar.org, includendo anche la fascia prescolare dai 3 ai 5 anni, siano intorno ai duemila homeschoolers.

Qual è la missione?
Far diventare normale quello che è naturale. Nella nostra società spesso avviene il contrario: ad esempio pensiamo che sia normale far stare seduti i bambini per ore e ore o mandare quelli piccolissimi che hanno bisogno di cure genitoriali negli asili nido. Quella dell’homeschooling è una rivoluzione su più fronti; sul lato educativo, perché stiamo riscrivendo i paradigmi dell’educazione, sul piano famigliare perché i genitori sono chiamati a cambiareo la loro vita per prendersi cura dei figli, e una rivoluzione sul piano sociale perché chi sceglie l’educazione parentale deve poter contare sulla collaborazione delle persone intorno, come famigliari, amici ecc, riportando lo scambio al centro delle relazioni.

In cosa si differenzia dall’unschooling?
L’educazione parentale è come un arcobaleno colorato con tante sfumature. Se ad un estremo c’è homeschooling più tradizionale che utilizza libri di scuola, riprende i programmi e le metodologie scolastiche, all’estremo opposto c’è l’unschooling dove l’apprendimento è guidato dal bambino, dove il genitore è presente e sostenitore ma è il bambino a scegliere cosa, come e quando imparare.

L’e-learning è una modalità praticata?
Assolutamente sì, adoperiamo molto la tecnologia perché fa parte della vita quotidiana, ormai. La sfida è insegnare ai bambini a farne un uso corretto. Esistono siti specifici legati all’apprendimento che sono risorse validissime per noi, al pari di Youtube dove si trovano un sacco di lezioni e fonti gratuite. Anche le applicazioni a sfondo educativo sono molto utili.

Homeschooling: la scuola non è un obbligo

È dunque un’educazione all’avanguardia!
Esattamente, non è certo il tipo di educazione famigliare che poteva essere impartita nel secolo scorso, ma è una realtà di istruzione moderna che tiene conto dei cambiamenti economici e sociali che stiamo vivendo, come delle risorse che vengono dalla Rete.

In quanto punto di riferimento per tutte le famiglie che scelgono questa strada, qual è il suggerimento che ti capita di dare nell’impostazione dell’educazione?
Dico sempre che è importante leggere ad alta voce, non solo la storia delle buona notte ai più piccoli, ma anche libri impegnativi ai grandi, senza tralasciare le guide di miglioramento personale, sul vivere etico o fonti spirituali. Nella letteratura c’è tutto, c’è la grammatica, c’è la storia, c’è la geografia, c’è l’empatia, tutto!

Nel metodo, che tipo di approccio favorite?
Noi utilizziamo lo studio a progetto. Si parte da un argomento specifico, ad esempio “La pizza”, e si analizzano tutte le componenti del tema attraversando le varie materie: nel caso specifico, la geometria attraverso la forma del cerchio, la geografia attraverso la provenienza degli ingredienti, così come la biologia.

Qual è la critica che dall’esterno viene rivolta più spesso alla scuola parentale?
La prima preoccupazione di chi non conosce questo tipo di realtà è la mancanza di socializzazione. Voglio dire, poiché il bambino non fa parte di un gruppo classe, allora viene immaginato come isolato. Solo, a parte il fatto che il bambino vive una moltitudine di relazioni con coetanei e adulti nell’arco della giornata, l’isolamento è una prerogativa di questa società. Non scorderò mai le parole di un bimbo incontrato lo scorso anno «Mi sento solo pur stando in mezzo a tanti». Non è capitato a tutti, almeno una volta, di sentirsi così?

Dall’interno, invece, su cosa bisogna porre attenzione e indirizzare gli sforzi per migliorare?
Prima di intraprendere un percorso del genere, i genitori devono essere molto consapevoli del compito che stanno assumendosi e delle difficoltà che comporta. Per insegnare ai propri figli bisogna essere preparati. Non si può improvvisare, bisogna essere organizzati e disposti a essere coinvolti in modo pressoché totale oltre ad impegnarsi per instaurare una rete sociale di amicizie e sostegno. In questo il network edupar.org può essere una risorsa decisiva.



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