HipHop skillz

Hip Hop Was Better Before?

Io non ci capisco più niente. Un giorno è miele ed entusiasmo, e quello dopo è veleno ed imbarazzo.

Hip Hop e …. avvocati, querele, comunicati stampa, staff, agenzie di comunicazione, management, tour operators… ed io che credevo che l’hip hop fosse rime, beats, bombolette e headspin’, con occasionali dissing e relative infamate, quando lo scazzo incombe. La popolarità raggiunta dall’hip hop ha reso “necessaria” (non riesco a trovarvi un tutorial sul corretto uso delle virgolette, insomma spero capiate il senso) la comparsa di tutte queste realtà satellite, connesse – direttamente e non – con la nostra scena. Come mi ha fatto notare qualcuno della nostra redazione, “siamo rappers, ci vestivamo in maniera improponibile fino a poco tempo fa” …ma le mode e i tempi cambiano. Insomma mi viene difficile pensare normalmente a tutti questi coinvolgimenti. Ero abituato a qualcosa di leggermente diverso, e non a tutta questa necessità di mediaticità “ufficiale” e a tutti questi mille tranelli connessi. E in un certo senso neanche ad una certa ostentazione di professionalità, anche laddove è palese che questa non ci sia per niente, o magari più semplicemente dove non servirebbe in effetti.

articolo31_groupFacciamo due passi indietro. Anche quando gli Articolo 31 dominavano le classifiche musicali, i Sottotono andavano al Festival Bar o Neffa presentava Mtv Supersonic dopo il successo di 107 Elementi, seppur in maniera minore e più mirata, giravano dei soldi e alcuni interessi commerciali attorno al nostro genere musicale preferito.Ma di certo non si assisteva ad una escalation di situazioni quantomeno imbarazzanti come nell’ultimo periodo. Views comprate, fenomeni di rap trash e relative pagliacciate, producers che spacciano per originali produzioni “preconfezionate” e millantano poi contratti inesistenti (con conseguenti figure di merda), comunicati stampa per ogni puttanata che accade attorno a molti dei rappers più importanti (o conosciuti) della nostra scena. Anche da parte di chi vanta una “street credibility” rilevante e che quindi dovrebbe essere cresciuto un po’ a “pane e vaffanculo”.

sangue-mistoIo, come tanti, sono un grande amante dell’hip hop. Vivendolo da più di metà della mia vita ormai credo di conoscere abbastanza bene le regole non scritte dell’underground, le dinamiche, gli stereotipi. O almeno credevo. Ho visto il primo numero di Aelle. Tutta la seconda grande metà degli anni novanta. Ho visto il declino dei primi 2000 e la resurrezione, fin ad arrivare ad oggi.

Negli anni ’90 (ma anche un po’ dopo) prendere in mano un microfono o un campionatore non era per forza appannaggio di tutti e in un certo senso questa “elitarietà”, seppur con tantissimi aspetti negativi, generava una sorta di selezione naturale che faceva emergere solo i più talentuosi in assoluto. Appena passato il 2000 mi misi a scrivere su Blackpoint prima e Moodmagazine dopo. Era una sorta di vocazione, lo ricordo chiaramente, un impulso a voler migliorare le cose e contribuire allo sviluppo di una cultura (che ovviamente fa bene non solo all’ascoltatore puro ma anche all’artista…lo dico chiaramente). Eravamo pochi anche in quel settore. E la maggior parte di chi lo faceva era allo stesso tempo Sottotonoartista e giornalista amatoriale, come lo sono io.  Oggi invece è competizione alla follia. E’ diventata una gara pure su questo e mi sembra evidente quanto la caccia alla notizia e la “fretta” che il mondo odierno ci impone (ma è soprattutto colpa di noi facenti parte della scena che non cambiamo mai l’ordine delle cose), stiano generalmente abbassando il livello di qualità medio di tutto.

Torniamo alla musica. Non sono per forza un nostalgico. Infatti è evidente che oggi i rappers siano mediamente molto bravi. O meglio ce ne sono molti di più rispetto al passato che già da giovanissimi riescono a spaccare notevolmente. In compenso, al contrario, si è radicalmente abbassato il numero dei veri djs. Ho fatto numerosi live per fortuna nella mia vita. Non avete idea di quanti artisti, anche importanti o considerati tali, utilizzino solamente i cdj o direttamente il portatile per andare in live. Giradischi? Troppo difficile imparare, nonostante il Serato, il Traktor ecc. Troppo allenamento e dedizione, forse, e denaro da investire. E cristo, permettetemelo, su questo non transigo, togliere i giradischi all’hiphop è proprio una bestemmia. Comunque, se è vero che a livello tecnico gli mc’s si sono estremamente arricchiti (di certo grazie ai semi piantati da chi li ha preceduti) è anche vero che la giovane età dei vari esponenti, unita ad altri numerosi fattori, ha portato in alcuni casi anche ad un abbassamento non secondario dei contenuti dei testi e della scrittura. Un certo tipo di successo commerciale porta alle volte un genere musicale ad impoverirsi di contenuti… lo vediamo ogni giorno in America, dove non tutti i rappers da classifica sono come Common o Aesop Rock in effetti.
The-OrthopedicE visto che oggi siamo proprio nel ciclone della vicenda riguardante The Orthopedic (non voglio approfondire, vi prego, ci hanno già pensato alcuni nostri colleghi, preferisco stendere un velo pietoso di commiserazione) parliamo anche di producers. Quanti pensate che conoscano il significato della parola digging nel 2013? Di sicuro tutti conoscono il termine Dissing…. Conosco quasi solo produttori estrememente seri e rispettosi dei samples che utilizzano, ma è lecito chiedersi, specie tra le nuove generazioni, quanti perseguono una via di evoluzione e rispetto, a scapito della notorietà rapida e della quantità? La stessa tendenza nell’hip hop ci ha abituato ormai più ai synth che ai samples, modificando l’assetto delle nostre abitudini e influenzando le nuove generazioni.

Potrei parlarvi di b-boying e di aerosol art, ma davvero aprirei una spirale infinita. Mi limito a farvi notare quanto la prima disciplina sia entrata senza problemi nei talent show, nel cinema, nel varietà televisivo, apparentemente senza troppe gravi conseguenze, mentre la seconda, essendo ancora fortemente legata alla componente illegale che la caratterizza, risulta ancora decisamente hardcore e di nicchia, nonostante l’idea dei “graffiti” sia sempre stata sfruttata con poco rispetto dai pubblicitari alla ricerca di un mood “urban”.

Potrei citare decine di esempi di come le cose stiano prendendo una piega quantomeno inaspettata per me o insolita per altri e, di certo, troverei altrettanti commenti contrari che invece vogliono dimostrare il contrario. E quindi?
E quindi niente. La verità sta sempre laddove il buonsenso ci spinge. L’hip hop è una cultura. Senza cultura è ghemonimpossibile che la musica stessa si sviluppi così come qualsiasi altra forma di arte connessa alle 4 discipline. O almeno che si sviluppi naturalmente e come “dovrebbe essere”. Mi piace pensarla così. E lo dico perché mi accorgo di quanta ottima passione ci sia in Italia. Di quanto potenziale artistico circoli ancora nelle sale prova dentro ai garage o negli studi indipendenti. Lo dico perchè molti di quelli che hanno fatto la storia negli anni 90 ci sono ancora adesso, fieri e potenti come un tempo. Perché trovo fantastico che rappers come Ghemon e Mecna ora siano apprezzati da molte persone che prima magari concepivano l’hip hop solo come musica da ballo. E allo stesso tempo che si siano create nuove opportunità per giovani talenti o vecchi veterani dell’undeground.

Insomma io non lo so davvero se l’hip hop era meglio prima. So solo che tutto è ciclico e che purtroppo dopo aver raggiunto l’apice della salita c’è obbligatoriamente una discesa. Quindi faremo meglio a comportarci più da formica che da cicala, coltivando tutto quello che potrebbe servirci in futuro. Ma ho appena realizzato che questo è davvero incompatibile con i tempi di merda nei quali viviamo. Scusate la filosofia spiccia da supermercato,  ma non è l’hip hop che si è sviluppato male. Forse siamo noi. Forse è il mondo di adesso che ha distrutto, rovinato, segnato tutto quello che gli sta attorno…

Keep it real.

Giovanni “Zeth One”

 



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