Hashashin: la setta dei fumatori di Hashish
In principio erano chiamati Isma’iliti in onore del fondatore lo sceicco Isma’il ibu Gia’ far, poi diventarono Hashashin che letteralmente significa “consumatore di Hashish” o Hashashiyyin cioè “coloro che sono dediti all’Hashish”. E da qui la nascita del termine assassini che deriverebbe dal sostantivo plurale arabo al-Hashīshiyyūn.
La teoria più accreditata è che difendessero il Sacro Sepolcro da Templari e Teutonici, difatti nacquero intorno al 1100 d.C. ad Almut in Persia, difendendo Gerusalemme durante diversi assedi e dedicandosi a precisi omicidi politici.
I novizi dovevano affrontare un percorso molto duro anche prima dell’addestramento che comprendeva la rottura di ogni legame familiare e la tortura al povero novizio per fargli capire cosa succede ai traditori e appunto l’assunzione di droghe, in particolar modo hashish puro o mischiato ad allucinogeni tra cui il giusquiamo, una pianta simile alla Belladonna, letale in alte quantità. Il Veglio a questo punto portava i novizi in un luogo dove potevano fumare Hashish ed essere serviti da stupende ragazze pronte ad esaudire ogni loro desiderio, convincendoli che quello fosse il Paradiso e che solo lui potesse riportarli un quel luogo, così si guadagnava la loro obbedienza.
A quanto pare la Setta degli Assassini è diversa da come è stata descritta dai videogiochi, infatti testimonianze dell’epoca raccontano che non agissero nell’ombra ma anzi che eseguissero esecuzioni pubbliche, preferibilmente dentro le moschee. Pare che usassero l’Hashish praticamente in ogni preparazione soprattutto diversi infusi a base della sostanza spesso con l’aggiunta di oppiacei, forse per alleviare il senso di colpa, in forma pura per alleviare il dolore o degli impacchi da mettere sulle ferite.
Ebbero diversi contatti con l’Occidente, fra tutti spicca il nome dell’imperatore Federico II di Svevia.
La Setta vennè distrutta nel 1265 circa, con la caduta di Alamut da parte del nipote di Gengis Khan, Hulagu Khan.
Un passato che ci dimostra ancora una volta quanto fosse diffuso l’uso della cannabis e le conoscenze approfondite già all’epoca, questa volta tramandate dagli Hashashins.