Consumo Critico

La guida per scovare il greenwashing

Il greenwashing può essere insidioso e riconoscerlo spesso non è facile. Ecco una breve guida per quei consumatori che vogliono vederci chiaro prima di acquistare un prodotto

Una bambina abbraccia una palla a forma di pianeta terra e parla con un megafono in mano

Il greenwashing, letteralmente “lavaggio verde”, è un metodo che molte aziende utilizzano per ripulire la propria immagine facendola sembrare più verde di quanto non sia: si tratta di una strategia di comunicazione messa in atto da istituzioni, organizzazioni e imprese per mostrarsi attenti all‘impatto ambientale del proprio operato, nascondendo gli aspetti meno eco-friendly della propria attività. Così succede che “verde”, “ecologico”, “rispettoso dell’ambiente”, “naturale”, “sostenibile” siano termini utilizzati spesso in modo troppo generico sia che si parli di spot in televisione, online o sulle confezioni dei prodotti: un modo facile di cercare di salire sul carro dell’ambientalismo per strizzare l’occhio a tutti quei consumatori che vogliono orientarsi verso acquisti più consapevoli. 

Secondo uno studio del 2021 del World Economic Forum, infatti, il 66 per cento dei consumatori preferisce prodotti ottenuti portando attenzione all’impatto ambientale, percentuale che sale al 75 per cento tra i millennials ed è disposto a pagarlo di più. Ecco perché il greenwashing è sempre più utilizzato come strategia di marketing dalle aziende, ma non va dimenticato che la disponibilità e la verifica dei dati e di studi scientifici è ormai a portata di clic. 

Prima di soffermarci su alcuni termini o modi di esprimersi cui noi dovremmo porre attenzione per non cadere nel tranello, permettete un’ultima avvertenza: spesso le aziende centrano la pubblicità sull’unico prodotto sostenibile che hanno, ma i loro affari girano intorno ad attività ben poco ecologiche che si possono scoprire, ancora una volta, cercandone il nome seguito da “emissioni/combustibili fossili” su internet.

COMPENSAZIONE DELLE EMISSIONI DI CARBONIO 

Pensiamo a quando prenotiamo un volo aereo, quante volte c’è capitato di imbatterci in questa formula? Eppure solo se l’azienda che si occupa della compensazione delle emissioni di anidride carbonica si avvale di metodi quantificabili e verificabili, una simile dicitura può essere utilizzata nel marketing. Tuttavia, è necessario che si dichiari anche entro quando saranno ridotte le emissioni, se ad esempio si prevede che non saranno ridotte prima di uno o due anni.

BIODEGRADABILE 

Allo stesso modo se un prodotto e la sua confezione si decompongono completamente e “ritornano alla natura” entro un anno, allora si può chiamare “biodegradabile”. In caso contrario, o se l’articolo finirà per accumularsi in una discarica, bruciare in un inceneritore o essere riciclato, l’azienda dovrebbe evitare questo termine.

NON TOSSICO

Per definire “non tossico” un prodotto dovrebbero essere disponibili dei dati scientifici a supporto.

L’OZONO 

Nei casi in cui, fortunatamente rari, leggiamo che un prodotto non contiene qualsiasi sostanza, compresi i composti organici volatili (VOC), noti per erodere lo strato di ozono si tratta, di fatto, di pubblicità ingannevole. Ad esempio dichiarare che un prodotto è “senza CFC” è greenwashing puro, perché i clorofluorocarburi (CFC) e gli idroclorofluorocarburi (HCFC) sono vietati negli aerosol dal 1994: si sta affermando quindi solo di essere conformi alle regole, non un grande motivo di vanto.

NET-ZERO 

Lo zero netto o net zero si riferisce all’equilibrio tra la quantità di gas serra prodotti dalle attività antropiche e la quantità rimossa dall’uomo. Si tratta dunque di bilanciare le emissioni considerate inevitabili con un assorbimento equivalente: in pratica le emissioni globali devono diminuire di almeno il 45% entro il 2030 e raggiungere lo zero netto entro il 2050. Dopo la firma dell’Accordo di Parigi nel 2015 molte aziende hanno promesso impegni net-zero: per le imprese, si tratta di tutte le emissioni, dirette, indirette e derivanti dalle catene di approvvigionamento. Tuttavia, non tutti gli impegni a zero emissioni sono uguali ed è facile trovare delle scappatoie. In questo caso, è sempre meglio puntare sulla trasparenza piuttosto che perdere la fiducia dei consumatori.

RICICLABILE 

Se non esiste un’infrastruttura di riciclo diffusa in almeno il 60% delle comunità in cui l’articolo viene venduto, probabilmente è destinato a una discarica e quindi non può di fatto dirsi riciclabile.

PLASTIC NEUTRAL

È un termine relativamente nuovo che le aziende usano per descrivere come cercano di compensare l’uso della plastica, di solito negli imballaggi. Ad esempio, pur vendendo un sapone in un flacone di plastica, hanno pagato una terza parte per recuperare l’equivalente quantità di plastica dall’oceano. Anche se probabilmente con buone intenzioni, questa affermazione è difficile da regolamentare e verificare.



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