Art of Hashishin

Guida alle migliori varietà di hashish

Mani sporche di Charas
Charas

Spesso mi viene chiesto qual è la varietà di hashish che preferisco. Per rispondere a una domanda all’apparenza così semplice basterebbe il nome di uno o due tipologie, ma non è così facile dopo oltre quarant’anni di esperienza in diversi paesi produttori. Gli ultimi dieci anni passati a lavorare in California del nord con i migliori breeder e agricoltori, l’hanno resa la domanda a cui è più difficile rispondere.

Dovrei iniziare spiegando l’origine della mia incapacità di rispondere a questo quesito; diciamo che fino a che non sono arrivato in California e ho scoperto la profondità e la meraviglia della diversità della cannabis, avevo una conoscenza limitata dei sapori. L’hashish marocchino, il libanese, il turco, il pakistano e l’afghano, hanno ciascuno un profilo terpenico unico e davvero particolare. Le variazioni che si sentono nel gusto e nell’odore sono causate spesso dalla differenza di qualità della resina, mentre resta evidente l’origine dell’hashish.

L’india e il Nepal sono le terre della Charas, la resina viene raccolta al momento sul palmo delle proprie mani accarezzando delicatamente le infiorescenze di cannabis, selvaggia o coltivata che sia, quando sono all’apice della loro maturità. Raccogliere le resine sulle montagne dell’Himalaya è stata una di quelle esperienze che ti cambiano la vita. È stata anche la prima volta che sono entrato in contatto con i terpeni della cannabis. La Charas, ovvero il prodotto finale ottenuto da numerose infiorescenze che vengono strofinate, è letteralmente un cocktail di diversità che differisce marginalmente da valle a valle ma che, nonostante ciò, conserva il gusto specifico e l’inconfondibile aroma della resina estratta a mano. Avrei difficoltà a scegliere il mio hashish tradizionale preferito; decidere tra hashish ottenuto da infiorescenze essiccate e conciate o Charas ottenuta dalla resina viva, aggiunge un ulteriore livello di complessità alla domanda.

Gli ultimi dieci anni passati a lavorare nella zona dell’Emerald Triangle hanno aggiunto una nuova dimensione alla mia consapevolezza del potenziale della resina di cannabis, rendendo una domanda già di per sé complessa una domanda davvero complicata. L’apparentemente inesauribile e strabiliante diversità dei profili terpenici che ho sperimentato in questi ultimi anni ha profondamente cambiato il mio punto di vista. È come se ogni nuovo strain con cui ho a che fare mi facesse entrare in un nuovo paese produttore, ogni nuova varietà è un’avventura unica verso territori sconosciuti, una fonte di costante ispirazione e motivazione per un Hashishin.

Comincerò con l’hashish tradizionale. Il Libanese Rosso occuperà sempre un posto speciale nel mio cuore, davvero unico e sorprendente, impossibile da dimenticare. È difficile descrivere la sua fragranza: il gusto e l’aroma sono esotici, speziati, dolci e muschiati. Fumare per la prima volta questo tipo di hashish è stato come sperimentare il profumo dei racconti preferiti della mia infanzia, “Le mille e una notte”. È stato un punto di svolta nella mia vita da adolescente, il primo passo verso i miei diciotto anni di vita nomade. Dopo tanto tempo non posso giudicare il Libanese Rosso da ciò che ricordo dei suoi effetti psicoattivi ma, come tutti quelli che l’hanno assaggiato negli anni ‘70, non lo dimenticherò mai e vorrei rivivere l’esperienza.

C’è un altro hashish che rimarrà per sempre impresso nella mia memoria: la riserva speciale dei miei amici, maestri e mentori afghani, una resina proveniente da qualche valle remota dell’Afghanistan del nord che appare scura e lucida con una colorazione grigio chiaro al suo interno. Non riesco a ricordare la precisa origine o il nome che usavano per questo hashish, ma ricorderò sempre il mio primo narghilè con una resina di così grande qualità, proveniente dalle montagne Pamir in Afghanistan. Gli effetti psicoattivi erano travolgenti, principalmente grazie al metodo di assunzione che offre un intenso apporto di cannabinoidi. Il sapore era un’affascinante miscela di dolcezza speziata e cremosità terrosa così unica e straordinaria che potrei riconoscerne l’aroma e il gusto senza esitazioni anche quarant’anni dopo, se solo ne avessi l’opportunità.

L’hashish tradizionale è talmente diverso per natura dalla Charas che non avrebbe senso paragonarli, ma d’altra parte è inevitabile. Nonostante abbia un bellissimo ricordo dell’hashish, non sono mai tornato nei paesi produttori dopo la mia prima stagione nel nord dell’India. Non c’era altro posto al mondo nel quale, da settembre a novembre, avrei preferito stare. La Charas ottenuta dalle piante di cannabis che crescono selvatiche sopra i villaggi di Tosh e Nakthan, là dove finisce la valle del Parvati, a mio avviso non ha eguali. Il piacere estremo che ho provato nel cogliere la resina dalle piante vive di cannabis nelle remote valli dell’Himalaya è sicuramente il principale motivo per il quale apprezzo così tanto la Charas; la resina lavorata a mano è davvero eccezionale e offre, rispetto all’hashish tradizionale, una maggiore complessità con aromi più dolci e sfumature di frutti e spezie tropicali.

Parvati Valley
Parvati Valley

Nei paesi produttori la qualità dell’hashish e della Charas viene definita principalmente dal grado di purezza della resina raccolta e, mentre l’odore e il sapore sono fattori quasi secondari per la valutazione generale della qualità, è proprio l’aspetto gustativo del concentrato della resina di cannabis a costituire la parte più preziosa dell’esperienza.

La California è il luogo che custodisce un’incredibile diversità di profili terpenici della cannabis, al punto da rendere le preferenze quasi irrilevanti. Quando mi viene chiesto quali siano in California i miei cultivar di hashish preferiti, la questione va molto spesso oltre i gusti personali per entrare nel dominio della produttività e della richiesta del mercato. In cima alla lista metterei Pinot Noir di Aficionado Seeds, non commercializzato. Non ho mai fumato una resina dal sapore e dal profumo di cioccolato. L’hashish di Pinot Noir possiede un gusto unico e vellutato di cioccolato dolce e cremoso con sfumature di terra, il profilo terpenico più invitante e irresistibile che io abbia mai sperimentato. Pinot Noir è anche un grosso produttore di resina e ha un rendimento medio di lavorazione del 18%, una combinazione vincente.

L’inedito Black Lime di Freeborn Selections è l’infiorescenza che preferisco in assoluto, il suo bilanciamento perfetto di esalazioni Diesel e di lime dolce si traduce splendidamente nella sua forma concentrata. La resina di Black Lime essiccata e stagionata riflette il profilo terpenico dell’infiorescenza con sfumature tradizionali di terra tipiche dell’Afghan Hash, una combinazione irresistibile per un Hashishin della vecchia scuola. Black Lime produce una media del 15% di resina, valore ben sopra la media che rende questa varietà un must.

I pochi cloni di Sour Diesel con cui ho lavorato erano tutti stupefacenti. Sour Diesel è un gran produttore di resina della massima qualità con un profilo terpenico davvero unico e potente di gasolio, di zolfo e di miele. Il suo hashish è incredibilmente saporito, da acquolina in bocca, con toni diesel da paura e sfumature dolci quasi esagerate se non fosse così delicato ed estremamente potente. Sour Diesel è anche un importante produttore di resina con un rendimento medio tra il 15% e il 17%.

Lo strain Orange Turbo di MTG Seeds dev’essere menzionato anche solo per la grande quantità di resina che produce, la più alta che io abbia mai visto, un bestiale 22% di rendimento. Il suo hashish è una miscela di limone Meyer dolce e arancia, insaporita con sfumature Diesel che, con l’invecchiamento, si trasformano in aromi di brandy all’arancia con sentori di sigaro fumante, un delizioso aromatico fumo che sa di acquavite invecchiata che risulta semplicemente stupefacente e indimenticabile. Ci sono molti altri cultivar che potrei menzionare: la varietà Vortex di TGA Seeds che produce l’hashish più forte che io abbia mai fatto, Pina di Freeborn Selections con la sua resina dalla consistenza più vicina a quella di un estratto che di un hashish, In the Pines con i suoi sapori di ananas dolce molto maturo, Forbidden Fruit per il suo letteralmente fantastico profilo terpenico che sa di cocktail di frutta; e le varietà fruttate come Banana Strawberry, Papaya, Mango o Cherry Lime, il cui fumo in bocca e come un morso della frutta stessa. E poi tra le tante altre Gelato, un delizioso gelato alla nocciola con leggere sfumature Diesel, e la lista continua. C’è molta diversità tra le genetiche, ma tutte producono buone quantità di resina. Ecco perché quella iniziale è la domanda a cui avrei più difficoltà a dare una risposta.

Indiano che fuma un chilum



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