Guida alle danze estatiche, ieri e oggi
Un testo italiano fresco di stampa, Il Dio che danza. Viaggi, trance, trasformazioni (Nottetempo), affronta scenari nient’affatto lontani, o fors’anche complementari ai Misteri Eleusini. Paolo Pecere, ricercatore presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Roma Tre, ci trasporta nei suoi viaggi sulle tracce di un fenomeno antichissimo e universale: la trance da possessione indotta dalla danza e dalla musica.
Prima tappa è proprio l’antica Grecia, con i rituali dedicati a Dioniso, il “dispensatore di gioia”, il dio “che scioglie e libera”, lasciando che la vita rompa i margini fragili dell’io e delle norme sociali. Si va poi dalla Puglia all’Africa, passando per l’India e il Pakistan, fino al Nuovo Mondo. E proprio nell’ultima tappa, dedicata al cuore della frenesia tecno-contemporanea, la Grande Mela americana, riemerge la questione che in fondo permea quest’intero percorso sui generis: cosa resta di questo tipo di pratiche nel mondo odierno?
Le antiche forme assumono oggi nuove funzioni: nel subcontinente indiano le danze estatiche veicolano tensioni religiose e sociali, in Africa e Brasile sostengono l’identità culturale di chi è stato colonizzato, negli Stati Uniti si accompagnano allo sviluppo della cultura LGTBQ. E lo sciamanismo dell’Amazzonia, con l’ampia diffusione di variegati rituali basati sull’ayahuasca, diventa principio di resistenza contro la distruzione capitalistica della grande foresta. Visto il periodo forzatamente privo di danze collettive o trasformazioni partecipate, ecco dunque un proficuo sostituto di taglio letterario e “casalingo”.