Guerra alla droga: l’ipocrisia omicida del presidente delle Filippine
Sono trascorsi poco più di due anni da quando l’attuale presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, è salito al potere. In questo lasso di tempo abbiamo avuto modo di ascoltare le sue dichiarazioni, conoscere il suo approccio a dir poco repressivo riguardo alla questione delle droghe e osservare le conseguenze delle sue decisioni.
La politica persecutoria messa in atto dal suo governo è già costata la vita a più di 7mila persone, cifra salirebbe fino a 15mila vittime secondo diverse organizzazioni per i diritti umani. Una situazione drammatica che non accenna a migliorare, sopratutto se il personaggio Duterte continuerà a rilasciare dichiarazioni simili a quella in cui affermava la sua intenzione di voler «massacrare i drogati come Hitler ha fatto con gli ebrei».
L’ultima di questa serie di esternazioni è arrivata successivamente al summit ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico) e ha davvero sorpreso tutti. Duterte, infatti, ha detto alla stampa di aver assunto cannabis per tenersi sveglio durante le lunghe ed estenuanti riunioni del meeting, per poi negare tutto dicendo che si trattava solo di uno scherzo. Un atteggiamento delirante con il quale ha insultato le migliaia di persone uccise nella sua guerra alle droghe (secondo dati governativi sono quasi 5000 coloro rimasti uccisi durante le operazioni della polizia). Un modo di fare che fa accapponare la pelle e che fa sorgere un interrogativo: come può un personaggio simile essere alla guida di uno dei paesi più popolosi al mondo?