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Guerra alla droga e qualche inversione di tendenza

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Più di dieci anni fa l’Onu dichiarò una guerra globale alla droga: l’obiettivo era eliminare o ridurre significativamente l’offerta e la domanda di droghe illecite nel prossimo decennio con lo slogan ‘Un mondo libero dalla droga: possiamo farcela!’. I dieci anni sono ampiamente passati, ma siamo più che mai lontani da un mondo ‘libero dalla droga’, e il problema maggiore è che siamo lontani più che mai da un mondo che attraverso la conoscenza abbia dei consumatori consapevoli e la società subisce gli enormi costi sociali ed economici del proibizionismo.

Negli Stati Uniti dopo decenni di proibizionismo e lotta alla droga senza compromessi, pressati dalla crisi e galvanizzati dall’arrivo alla carica di Presidente del presidente Obama, il quale se non altro ha portato un vento di speranza e cambiamento (ma non ancora i cambiamenti), è iniziato un processo di normalizzazione della cannabis a partire dalla legalizzazione per uso terapeutico, tutti sperano possa andare oltre e arrivare ad una vera e propria legalizzazione. L’obiettivo è permettere la vendita in posti autorizzati come succede attualmente per l’uso terapeutico: ottima qualità del prodotto, personale specializzato, cortesia e gentilezza sono gli ingredienti che ogni consumatore vorrebbe sostituire con quello che è costretto a patire rifornendosi al mercato nero.

Altro fattore da non sottovalutare e che hanno messo in evidenza vari studiosi: la legalizzazione della cannabis farebbe diminuire gli introiti dei cartelli della droga e aumentare quelli delle disastrate casse dello Stato. C’è da dire che attualmente in molti stati come la California per il possesso fino ad un oncia (quasi 30 grammi) c’è una semplice ammenda amministrativa; in Italia la legge Fini-Giovanardi prevede il carcere da 6 a 20 anni.

Tutto ha inizio con il referendum del 1996 in California, tramite il quale viene di fatto legalizzato l’uso terapeutico di cannabis. A questo punto nascono molti centri per la distribuzione, autorizzati dal governo, che organizzano la produzione e la vendita della preziosa sostanza. Questi ultimi aumentano fino ad arrivare a diverse centinaia, e a questo punto ci si aspetterebbe si aprisse un discorso sulla legalizzazione. Ethan Nadelmann, fondatore e direttore esecutivo della Drug Policy Alliance, organizzazione che ha contribuito a far passare una legge in California che permette il possesso di piccole quantità di marijuana per scopi medici afferma che: “Affrontare il problema della cannabis terapeutica è il modo per iniziare”, ha detto Nadelmann. “In California avevamo sperato che il dibattito sulla cannabis terapeutica avrebbe aperto una discussione anche sulla legalizzazione, ma non è stato così”.

Ma i sostenitori californiani della legalizzazione della marijuana non si perdono d’animo e stanno raccogliendo firme per ottenere l’inserimento sulla scheda elettorale delle elezioni statali del 2010 ben tre quesiti referendari. La situazione è abbastanza contraddittoria, lo Stato Californiano ha già un fiorente commercio legato alla distribuzione per scopi terapeutici, ma la legge federale vieta la marijuana.

Dopo un timidissimo tentativo del presidente Obama di mettere ordine con una direttiva ufficiale che dava indicazioni agli agenti federali di non intervenire negli stati (sono 9 finora) dove la legge permettesse l’uso di Cannabis per scopi medici. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha recentemente stabilito che l’applicazione della legge federale dà agli agenti federali il diritto di perseguire i consumatori di marijuana e i distributori anche se autorizzati dalla legge statale della California sulla cannabis terapeutica.

Il quesito referendario più moderato fra i tre prevede la legalizzazione del possesso di cannabis fino ad un’oncia per uso personale per gli adulti di almeno 21 anni d’età. Il quesito, se approvato, permetterebbe a chiunque di coltivare un appezzamento di marijuana di quasi due metri quadrati all’interno della propria proprietà. Le dimensioni, ha detto Pacula, sembrano scelte appositamente per stare sotto le 100 piante coltivate, la soglia oltre la quale si attira l’attenzione della Dea. Il conflitto con le autorità federali potrebbe essere esplosivo per quanto concerne gli attuali negozi di cannabis terapeutica autorizzati dalla legge statale. Se passasse il referendum, questi negozi moltiplicherebbero i loro clienti – non sarebbero solo ed esclusivamente pazienti – rischiando di crescere a tal punto da attirare l’attenzione della Dea.

Staremo a vedere cosa succede dall’altra parte dell’oceano; intanto in Italia si muore in carcere come Stefano Cucchi, il geometra romano arrestato per una modica quantità di hashish, se fosse nato in California, in Spagna, in Olanda o in qualsiasi altro stato democratico, sarebbe tornato a casa al massimo con una multa che avrebbe pagato e i suoi familiari avrebbero il caro Stefano ancora tra le braccia.

 



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