Glifosato cancerogeno, Bayer e Monsanto perdono il ricorso in USA
Edwin Hardeman ha vinto la causa contro il colosso farmaceutico, dimostrando la correlazione tra glifosato e tumore maligno
La Corte Suprema USA ha rigettato il ricorso della multinazionale Monsanto in merito al suo erbicida a base di glifosato. L’azienda, di proprietà della Bayer, aveva chiesto di riesaminare la causa persa contro Edwin Hardeman: nel maggio del 2021 l’uomo era riuscito a dimostrare la correlazione tra un tumore maligno che gli era stato diagnosticato e l’esposizione al Roundup, diserbante a base di glifosato prodotto da Monsanto.
Il glifosato è stato inserito tra le sostanze a rischio cancerogeno nel 2015 dall’Iarc (Centro internazionale per la ricerca sul cancro), ma l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, l’Efsa, ha dichiarato il rischio minimo. Anche l’Echa, l’Agenzia europea per le sostanza chimiche, ha dichiarato di non essere in possesso di evidenze scientifiche che dimostrino che il glifosato possa provocare il cancro negli esseri umani.
Nel 2020 l’amministrazione Trump era stata aspramente criticata da gruppi ambientalisti per aver stabilito che il prodotto non danneggiasse la fauna selvatica e non fosse nocivo per l’uomo, e in quell’occasione l’EPA (Agenzia per la protezione dell’ambiente) venne accusata di non aver approfondito con Bayer i rischi legati all’utilizzo di Roundup e altri prodotti a base di glifosato.
Già nel 2019, con una prima sentenza, la legge aveva stabilito che Hardeman fosse risarcito con 25,3 milioni di dollari, dopo aver contratto il linfoma non-Hodgkin. Con questo ultimo rifiuto al ricorso, si apre ora un periodo difficile per Bayer, che ha già messo da parte 6,5 miliardi di dollari per risarcire coloro che negli anni hanno sporto denunce simili: più di 30 mila nei tribunali di tutti gli Stati Uniti.
L’azienda ha comunque confermato che continuerà a produrre il Roundup, rigettando le accuse sui rischi oncologici del diserbante e rifiutandosi di pubblicare un avviso sulla salute sulla confezione del prodotto.
Il glifosato è l’erbicida più diffuso al mondo, presentato proprio come meno tossico rispetto alle alternative. OMS e FAO hanno da sempre invitato alla cautela, consigliando di non usarlo in aree densamente popolate e di rivedere i livelli massimi di residui negli alimenti. Per legge, infatti, il glifosato può rimanere in Europa sopra e dentro il cibo.
L’uso del glifosato è stato ridotto e infine eliminato in Francia, e in Olanda ne è stata vietata la vendita ai privati: è però tornato legale grazie all’Unione Europea, che nel 2017 lo ha reintrodotto con alcune limitazioni fino al 2022, come ad esempio il divieto di mischiarlo nei prodotti finiti alla ammina di sego polietossilata.
Il grande vantaggio del glifosato per l’industria è che alcune coltivazioni geneticamente modificate sono in grado di resistergli: le erbacce vengono eliminate e la coltura della pianta principale non ne viene intaccata. Viene usato anche in ambienti urbani, sempre contro le erbacce. Il brevetto della Monsanto è scaduto nel 2001 e da allora il glifosato è commercializzato da una grande quantità di aziende.
In Italia, la prima regione a limitare l’uso del glifosato è stata la Toscana, che nel 2020 ha vietato l’utilizzo della sostanza nell’arco di 200 metri dai pozzi d’acqua destinata all’uso potabile, nelle zone di salvaguardia e nelle aree extra-agricole come le scarpate e lungo i binari ferroviari.