Gli elefanti raramente si ammalano di cancro. Una scoperta importante anche per gli esseri umani
Gli elefanti hanno trilioni di cellule in più degli esseri umani – cellule che, in teoria, potrebbero sviluppare il cancro. Eppure solo il 5 percento degli elefanti in cattività muore per questa patologia.
Joshua Schiffman, ricercatore presso l’Huntsman Cancer Institute nello Utah, studia gli animali che hanno sviluppato modi per “resistere naturalmente al cancro“, nonostante la loro mole e longevità, come appunto gli elefanti e le balene. Studiando il funzionamento interno di geni e molecole nel regno animale, diversi scienziati sono al lavoro sperando di svelare nuovi modi per prevenire o addirittura curare il cancro negli esseri umani.
Ad esempio, secondo uno studio guidato dal genetista Vincent Lynch, pubblicato su Cell Reports e intitolato “A Zombie LIF Gene in Elephants Is Upregulated by TP53 to Induce Apoptosis in Response to DNA Damage”, si spiega che negli elefanti esiste una particella cromosomica non più attiva in moltissimi mammiferi, ma che nei pachidermi è “tornata in vita” circa 25 o 30 milioni di anni fa. LIF viene attivata da TP53 e uccide le cellule il cui DNA è stato danneggiato creando una proteina che causa la perforazione dei mitocondri.
Nel frattempo anche Robin Cristofari, un biologo dell’università finlandese di Turku, nell’ambito del progetto Genomics of Aging in Elephants, ha sequenziato il genoma degli elefanti asiatici per approfondire lo studio sul gene speciale TP53, che, dice su Horizon, «è come un coltellino svizzero per il controllo del cancro. Agisce come neutralizzatore del tumore e prende il comando dell’azione ogni volta che ci sono cellule tumorali presenti, adattandosi a ucciderle, a ripararle». Gli esseri umani hanno solo una copia di questo gene.
L’idea è di capire come si sono evoluti gli elefanti per diventare così efficaci nella lotta contro il cancro e vedere se questa informazione possa ispirare una prevenzione del cancro innovativa negli esseri umani.