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I geni della cannabis

Grazie allo studio sul genoma della cannabis si possono selezionare i tratti specifici e desiderabili di una pianta

Decine di piantine di cannabis

La cannabis è un genere di pianta angiosperme, prevalentemente dioica, appartenente alla famiglia delle Cannabacee, coltivata nel corso dei secoli come fonte di fibre, cibo e metaboliti secondari con proprietà terapeutiche e ricreative.

Le note proprietà medicinali della cannabis sono il risultato, proprio per via della presenza di questi composti metaboliti secondari terpenofenolici, noti anche come cannabinoidi. 

Al giorno d’oggi sono stati identificati oltre un centinaio di cannabinoidi, metaboliti specifici della cannabis e i loro omologhi propilici.

I cannabinoidi hanno la capacità di modulare il Sistema Endocannabinoide umano e sono utili per molteplici processi fisiopatologici.

EVOLUZIONE DELLA RICERCA SCIENTIFICA

La cannabis, vista dal punto di vista scientifico, ha ancora un’organizzazione tassonomica e una storia evolutiva abbastanza inconcludente e il dibattito fra studiosi rimane ancora aperto mentre si cerca di identificarne una nomenclatura più appropriata.

Attualmente, nel dibattito scientifico, sono supportate diverse tesi, spesso contraddittorie. 

In attesa che gli scienziati trovino un accordo, prendiamo in esame i due ceppi che dominano la scena attuale, suddivisi per elevate e basse (a volte anche nulle) percentuali di THC. 

I ceppi di cannabis comunemente denominati cannabis Indica che contengono elevate quantità Δ 9 -tetraidrocannabinolo (THC), sono quelli usati da secoli per scopi medici e ricreativi. Le cultivar di canapa che vengono coltivate ​​per la produzione di semi e fibre, contengono invece basse quantità di THC. 

Queste due specie o pool genetici (C. sativa e C. indica) sono i due termini comunemente e ampliamente utilizzati per descrivere il pedigree, l’aspetto e la finalità ultima della cannabis oggi coltivata.

La politica agricola e economica della cannabis è oggigiorno suddivisa in tre principali fronti attivi; al primo fronte appartengono quelle aziende e quei coltivatori della cosiddetta canapa “Sativa” (termine ambiguo e come su detto, in corso di discussione), più comunemente chiamata “da fibra” o “industriale”, con lo scopo finale di produrre semi, farine, olio, fibre, biomassa e altri prodotti destinati al consumo umano.

Il secondo, quello più in auge in Italia, in particolare dal 2016 (anno in cui fu varata la legge del 2 dicembre 2016 n° 242,) è costituito da quei coltivatori che vogliono sistematicamente evitare piante con effetti psicoattivi, e in maniera particolare evitare il THC, mirando a coltivare quelle varietà da fiore, che producono prevalentemente cannabidiolo (CBD) e cannabigerolo (CBG), sostanze non psicotrope, ormai di moda per le loro proprietà rilassanti, antiemetiche e altri “presunti” benefici in corso di studio e validazione.  

Al terzo fronte appartengono invece quelle fasce di coltivatori che basano i loro raccolti e la loro ricerca sia su vecchie che su nuove cultivar, caratterizzate da un altissimo tenore di THC, rivolgendo contestualmente anche una particolare attenzione al profilo terpenico, oltre a quello dei cannabinoidi, mirando così ad un vasto e variegato mercato ludico, ricreativo e medicinale, che ha aperto ruoli economici multimilionari in tutto il mondo.

Dopo decenni di normative restrittive e la sostituzione della fibra di canapa con prodotti sintetici la coltivazione della cannabis sta vivendo una seconda rinascita in molte parti del mondo. Abbattute le barricate del proibizionismo, infatti, c’è stato un rinnovato interesse sia per la cannabis che per i cannabinoidi in genere, proprio in funzione di quei molteplici utilizzi e effetti medicinali sull’uomo.

Questa nuovo interesse reclama ovviamente un approfondimento ben mirato in virtù di una realtà economico-sociale ben strutturata e in corso di espansione.

In vista di ciò, nelle diverse Nazioni del mondo e alcuni Stati (USA) che hanno perseguito la linea della legalizzazione, diversi laboratori indipendenti, Università e associazioni private, hanno intrapreso la via della ricerca scientifica focalizzando gli studi verso la genomica.

CHE COS’È LA GENOMICA?

In sintesi, si può dire che la genomica è quella branca della biologia molecolare che mira a sequenziare, caratterizzare e studiare le composizioni genetiche, le strutture, le organizzazioni, le funzioni e le interazioni di un intero genoma. I progressi e lo sviluppo di questa scienza sono strettamente interconnessi con la selezione genomica, metabolomica, metagenomica, transgenomica, epigenomica, biologia dei sistemi e altre branche relative ad essa.

Con l’intervento della genomica nella cannabis si sta riuscendo a focalizzare e selezionare in termine di tempo ridotti tutti quei tratti specifici e desiderabili, ottenendo attraverso predittori genetici ben definiti quelle cultivar capaci di soddisfare tutte le fasce di mercato su esposte, distinguendosi e concentrandosi in tutte quelle variabili che una giovane realtà economica in evoluzione pretende.

Ogni essere vivente appartenente a questo pianeta ha incise le sue caratteristiche, le sue peculiarità e la sua storia genetica nel proprio DNA. La cannabis ha un genoma diploide, costituito da una coppia di cromosomi (2n=20) contenente nove coppie di autosomi, una coppia di cromosomi sessuali (piante femminili (XX) e piante maschili (XY)). 

Il cromosoma Y risulta più grande del cromosoma X e si stima che il genoma aploide della pianta femmina abbia una dimensione di 818 Mb, mentre il genoma della pianta maschio sia stimato a 843 Mb (Mb sta per megabase corrispondente a 106 paia di basi azotate, ed è un’unità di misura della quantità di informazione genica contenuta nel DNA).

Già da diversi anni, più precisamente nel 2011, è stata resa pubblica una prima mappa genomica della cannabis, eseguita su accessioni di ceppi (Purple Kush, FINOLA e USO 31).

Sebbene incompleto e frammentario per l’epoca odierna questo studio è stato una vera e propria rampa di lancio verso un vasto orizzonte di nuove scoperte. Perché questo studio viene considerato incompleto, frammentario e inconcludente? I motivi alla base, sono diversi. Uno in particolare è che il genoma sequenziato proveniva da una varietà di piante coltivate e stabilizzate dall’uomo. 

In generale, le varietà coltivate perdono con l’andare del tempo una sostanziale diversità genetica a causa dei “colli di bottiglia” dovuti all’addomesticamento e alla selezione di tratti specifici, per aumentare la resa o altro in condizioni di coltivazione intensiva. 

In questo modo si va a ridurre la dimensione della popolazione degli individui, riducendo di conseguenza il pool genetico che ovviamente non si diversifica nel tempo. Quindi si parla di “collo di bottiglia” evolutivo quando gli individui sono copie ripetute di parenti stretti. 

Cosa ben differente, rispetto alle variabili geniche che potrebbero avere delle varietà selvatiche (Landrace), le quali proprio per questa qualità si presentano come un’importante fonte di diversità genetica per l’allevamento molecolare e per la mappatura stessa.

Una foglia di cannabis in bianco e nero al microscopioCODICE GENETICO

Dalle foglie alle radici, dai terpeni ai cannabinoidi ogni parte di una pianta di cannabis inizia con il suo manuale di istruzioni, il cosiddetto “codice genetico”. L’accesso a questo codice di istruzioni è diventato molto prezioso, tanto che la mappa genetica della cannabis può diventare una risorsa indispensabile per i coltivatori di tutto il mondo. Non solo, analizzando e studiando questi codici c’è la possibilità di ricostruire un calendario genetico temporale, dando una corretta interpretazione alla linea evolutiva che ha interessato la cannabis durante il corso della sua storia. 

Con la mappa del DNA si possono identificare più precisamente le differenze genetiche tra diverse cultivar, per poi allevare come sopra detto, ceppi di cannabis ideali. 

La genetica inoltre aiuterà i coltivatori a un approccio più scientifico, con processi su misura per ogni tipologia di azienda. Qualora un coltivatore desiderasse allevare un ceppo con un livello più elevato di THC, CBD o CBG e viceversa, avrebbe tranquillamente la possibilità di ricorrere alla genomica per trovare il gene responsabile e più stabile per perseguire l’aumento o il decremento di questi livelli desiderabili di cannabinoidi attraverso le varie generazioni.

L’impatto di queste scoperte sulla comunità cannabica e il perfezionamento della ricerca, cambieranno sostanzialmente l’attuale approccio aziendale portando la produzione e l’allevamento di questa pianta allo stesso livello di altre più comuni colture già raggiunte da tali tecnologie. 

Un’altra caratteristica peculiare potrebbe essere la certificazione relativa a un preciso profilo di DNA di un “xCeppo”, usata per proteggere eventuali diritti di autore, in modo che terze fonti non possano utilizzare quel particolare ceppo, con un impedimento in termini legali relativo alla riproduzione e alla coltivazione; agendo così, come fosse una specifica proprietà intellettuale. 

È ormai acclarato che le cultivar di cannabis sono divise in due categorie principali: quelle con alto CBD e basso contenuto di THC e quelle con un rapporto inverso. Secondo gli ultimi risultati ottenuti dalla mappatura genetica, questa divergenza nel contenuto di cannabinoidi, disegna le differenze genetiche storico ancestrali tra le specie o pool genetici a confronto (Canapa, Cannabis Sativa, C. Indica). Per avvalorare queste scoperte i ricercatori hanno dovuto prima determinare quali geni sarebbero stati oggetti di studio e differenziazione. A tale scopo, sono stati scelti due dei cannabinoidi più comuni, che sono l’acido tetraidrocannabinolico (THCA) e l’acido cannabidiolico (CBDA).  Le forme acide di questi cannabinoidi, THCA e CBDA, sono presenti nella pianta in quantità maggiori rispetto a tutti gli altri cannabinoidi.

I recenti progressi nel sequenziamento del genoma di entrambi i pool genetici: Cannabis Indica e Cannabis Sativa, hanno altresì consentito l’analisi sistematica dei geni che codificano per gli enzimi coinvolti nel percorso di biosintesi dei cannabinoidi. 

I polimorfismi a singolo nucleotide nelle regioni codificanti delle sintesi dei cannabinoidi, svolgono un ruolo importante nel determinare il chemiotipo vegetale. Con il termine chemiotipo si intende una popolazione di piante, che, pur appartenendo alla stessa specie, si differenzia da tutti gli altri membri della specie per la composizione chimica dei metaboliti secondari.

Una profonda comprensione di come queste varianti influenzino l’attività enzimatica e l’accumulo di cannabinoidi, consentirà con più facilità e velocità, l’allevamento di nuove cultivar con profili cannabinoidi scelti e desiderabili. E forse, con la giusta comprensione e applicazione, queste nuove mappe genetiche della cannabis, potranno essere significative nella creazione di piante su misura, con un aiuto determinante nelle cure mirate verso particolari patologie.

GENOMA: CANNABIS SATIVA E INDICA

Per cercare la storia dei due cannabinoidi, THC e CBD, gli scienziati, in diversi studi, hanno sequenziato centinaia di gruppi di genomi di diverse varietà di cannabis, dalla “Skunk” alle più svariate indiche per poi finire alla classica canapa da fibra e a tanti dei molteplici ibridi creati negli ultimi 50 anni (cultivar o strain ibridi). 

I risultati ottenuti suggerivano una storia con forte legame ma in certe evidenze si sono evinte anche divergenze tra le piante di Cannabis Sativa e Cannabis Indica in cui percorsi di riproduzione indipendenti (intervento dell’uomo, diverse aree climatiche del pianeta, ecc.) vedevano le due cultivar prendere direzioni diverse.

Questa variazione è molto probabilmente indicativa per via dello status storicamente legato all’illegalità della cannabis nella maggior parte dei paesi del mondo. 

Mentre le piante di canapa venivano allevate per avere una minore percentuale di THC, nella clandestinità c’era chi si adoperava nell’ibridare ceppi con alti livelli di psicoattività. 

Questa forma di ibridazione e domesticazione ha agito inconsapevolmente sull’evoluzione della cannabis in modo molto simile a quella che sarebbe avvenuta in un ecosistema naturale, ma in maniera nettamente più lenta. 

Una particolare variazione che ha destato molta curiosità e stupore fra gli addetti ai lavori viene evidenziata da uno studio, dove viene dimostrato come Cannabis Indica e Cannabis Sativa siano significativamente differenziate a livello di genoma, con una moderata correlazione nella struttura genica, evidenziando che la distinzione tra queste popolazioni o pool, non è limitata ai geni che stanno alla base della produzione di THC.

Ma questo è un altro importante tema che tratteremo successivamente.

DNA

BIBLIOGRAFIA

Codici bibliografici identificativi: Banting e Best Department of Medical Research e Terrence Donnelly Center for Cellular and Biomolecular Research, University of Toronto, Toronto, ON, M5S 3E1, Canada.

PMID: 22014239 PMCID: PMC3359589 DOI: 10.1186/gb-2011-12-10-r102



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