Genetiche generiche
Il titolo descrive un fenomeno che sta investendo il mercato internazionale dei semi di canapa. Si stanno diffondendo varietà sempre più simili che rispecchiano le richieste di coltivatori inesperti e con una cultura limitata, abituati a chiedere una “breve e buona produttrice”. Se il mercato dei semi continuerà a inseguire il profitto facile attraverso la produzione di genetiche sempre meno originali accadrà quanto è già successo nel settore del vino.
Il mercato del vino anni fa si è trovato a inseguire le richieste del mercato, arrivando a produrre bottiglie composte esclusivamente da vitigni “generici” di facile produzione e vendita. Al punto tale che vini, prodotti in luoghi diversi, risultavano essere del tutto simili. Succedeva che un vino pugliese non si distingueva da uno dell’Italia settentrionale, addirittura dal Cile o dagli Stati Uniti. Erano tutti Cabernet, Souvignon e Merlot perché più richiesti dal mercato.
Con “la moda del vino” la curiosità è aumentata e di conseguenza sono stati riscoperti molti vitigni autoctoni, favorendo la diffusione di vini legati al territorio fino ad allora sconosciuti ai non addetti ai lavori. Le aziende hanno cominciato a cercare vitigni che stavano scomparendo e si è innescato un meccanismo virtuoso. I consumatori chiedevano vini locali, spronando gli operatori a proporre a una ricerca continua. Ovviamente siamo ben lontani da una cultura vinicola diffusa, ma abbiamo assistito ad un inversione di tendenza significativa che ha favorito, i consumatori, i produttori e in piccola parte la biodiversità.
Questo sarebbe auspicabile anche nel campo della canapa, dove il mercato dei semi in continua espansione punta a esaudire le richieste di consumatori inesperti che chiedono genericamente genetiche produttive, brevi, profumate. Ecco allora nei cataloghi appaiono nomi fantasiosi che vincono i premi più disparati, ma in sostanza sono varietà composte dalle solite quattro, cinque genetiche, proprio come succedeva per il vino. Nonostante il mercato negli ultimi dieci anni sia cresciuto a dismisura paradossalmente il patrimonio genetico è diminuito perché le aziende producono solo le varietà maggiormente richieste e, sfruttando l’ignoranza del consumatore, spacciano per nuovo ciò che è un facile incrocio.
In questo campo come in quello del vino di 20 anni fa c’è bisogno di conoscenza e di cultura. C’è bisogno di far capire che è sul terreno della biodiversità che si gioca la scommessa di un prodotto di qualità, che si tratti.