Funkallisto
Roma, Mamma Roma, chi la conosce può capire: è una città e un paese, dispersiva e angusta, teatro di storia scritta ma soprattutto raccontata, consumata dagli sguardi dei turisti e misteriosa nei suoi sotterranei eterni, splendidamente antica a Caracalla e mostruosamente moderna all’Ara Pacis… Promiscua e chiassosa, silenziosa e deserta in certe notti, Roma è stata amore viscerale anche per chi romano non era, da Pasolini a Flaiano a Fellini…e oggetto di infiniti tributi, da Trilussa a Remotti. Non meno complesso ed in fermento è l’ambiente musicale romano, un intreccio di autoproduzioni ed etichette indipendenti; la band Trasteverina tutta strumentale dei Funkallisto celebra nel nome il richiamo a certi anni ’70 e un omaggio a un quartiere negli stessi anni molto caldo… “a Roma ci son tre scalini, chi non li sale non è romano, non è Trasteverino…” si sentiva dire dalle parti dell’Albergo Regina… Debuttanti sullo splendido Ponte Sisto, in lavorazione al terzo album, ho incontrato il gruppo nello studio dietro la chiesa di Santa Maria in Trastevere.
Cominciamo dal nome, allora. Dove, come, quando si è formato il gruppo?
Alex: La data ufficiale è febbraio 2004, il “dove” è Trastevere; proprio qui dove sei seduto c’era Danilo (sax), e si stava giocando col nome. Mescolando il genere musicale con il luogo che avrebbe fatto da scenario alle nostre prime uscite sono nati i Funkallisto.
Venite da diversi ambienti musicali romani; attraverso quali esperienze siete arrivati a sposare la causa del Funk?
Alex: Esperienze molto diverse, io ho cominciato col rock, poi jazz rithm&blues e poi afrobeat.
Enrico: Suonavo rock anch’io, poi come percussionista in un gruppo reggae e poi sono entrato con loro. Tutti suoniamo da anni in diversi progetti e produzioni, anche se dal mio punto di vista si può parlare d’esperienza soltanto quando un musicista lascia una traccia attraverso un disco; di musica se ne produce e suona in quantità, ma un disco condensa le singole esperienze, fissandole e rendendole riproducibili.
Danilo: Nel Funk puoi applicare generi molto diversi: il jazz, al reggae, l’afro, ma anche l’elettronica.
Attraverso quale procedimento riuscite a fissare tutti i movimenti musicali nella composizione di un pezzo o nel ri-arrangiamento di una cover?
Enrico: Abbiamo tanti gruppi di riferimento, ma abbiamo cercato anche tra emeriti sconosciuti alla ricerca di un certo suono. Prima si ascolta il brano, poi ognuno lo reinterpreta, lo risuona…
Danilo: Diciamo che lui non è proprio l’arrangiatore del gruppo…(risata generale)
Enrico: Io ti parlo per me, ma credo che quello che ci anima è la passione e la voglia di capire il Funk, e la cosa bella che ci è successa è stato incontrarsi su questo punto. Molti suonano il funk come genere, ma il nostro minimo comun denominatore è il groove, al quale contribuisce il riscontro del pubblico.
Ascoltandovi infatti si viene trascinati in un mood che oscilla fra l’afro ed il sud America, con alternanze fra tema e solo di forma jazz e bridge “Zappiani”. Aver rinunciato ad una voce solista per affidarsi esclusivamente a quella degli strumenti è stata una scelta di campo o un omaggio alle radici?
Peppino: E’ stato naturale, dopo aver sperimentato varie voci abbiamo capito che fare musica solo strumentale non è affatto una forzatura. Soprattutto perché il Funk all’inizio si esprimeva soltanto in questa forma, e noi ne seguiamo la scia.
Danilo: E’ anche una questione di linguaggio: abbiamo scelto l’alfabeto delle note anziché quello delle parole: la musica è il linguaggio più libero.
Fateci una panoramica dell’underground musicale romano e della vostra esperienza diretta in materia di autoproduzione e distribuzione anche in relazione alle etichette.
Peppino: La nostra esperienza legata al mondo dell’autoproduzione nasce dal nostro primo disco confezionato in casa che è stato fondamentale per promuoverci e finanziarci (ne abbiamo venduti circa 6.000). Le nostre performance in strada si sono rivelate una ottima vetrina per farci conoscere confrontandoci con la gente; spesso ci hanno anche chiesto che genere musicale facessimo. Considerata la crisi nell’industria del disco, utilizzare questo metodo di promozione potrebbe essere un’ottima soluzione per tutti gli artisti che per scelta o per mancanza di mezzi sono tagliati fuori del mercato. Infatti è Ponte Sisto il nostro palcoscenico estivo preferito. Il lavoro di distribuzione attraverso i nostri street tour estivi è stato ottimo, considerato che il disco è anche distribuito in Italia da Good Fellas ed in un anno ha venduto 46 copie. Ora stiamo lavorando al nostro terzo disco con brani originali e già varie etichette sì stanno facendo avanti consapevoli che una band in grado di distribuire autonomamente molti dischi crea un nuovo mercato a loro sconosciuto oltre che per noi, un maggiore potere contrattuale nei loro confronti.
Credo di essere in un luogo favorevole se parliamo di Cannabis… cultura ad essa associata e legislazione vigente…
Io ho smesso…Io voglio cominciare…a coltivare! E’ l’unica soluzione per uscire dai meccanismi del mercato, speriamo tutti che la coltivazione per uso personale venga tollerata o comunque depenalizzata al più presto. Trovo paradossale e grottesco che una pianta dagli innumerevoli usi e proprietà curative sia stata e continui ad essere oggetto di una caccia alle streghe. Per non parlare delle modifiche attuate alla legge dal precedente governo, e dell’immobilismo dell’attuale maggioranza su tutti i fronti…Ci si faceva di tutto, dai tessuti al combustibile! Una cosa antica…
Suonano le campane della splendida Santa Maria in Trastevere, è ora di passare dalle parole ai fatti…i non fumatori cominciano a scendere nello studiolo a scaldare e rimescolare il Funk…
Raskòl’nikov
PETER CRUCIOLI CHITARRA
DANILO DESIDERI
SAX FRANCESCO ABBATIELLO aka Peppino BASSO
MARTINO ONORATO PIANO E SYNT
ENRICO ANTINORI PERCUSSIONI
ALEX DE MARTINO BATTERIA