Freshbeat & Amon – Dusty Fingerz (recensione)
Quando sei un producer, dedicarsi alla composizione di un disco non deve essere esattamente la cosa più semplice del mondo, tra l’organizzazione, il dover seguire le esigenze di tanti artisti differenti – ciascuno con i suoi capricci e le sue idee – riuscendo a stare dietro ad ogni pezzo, incastrando tutto. Ancora più difficile è riuscire a dare a prodotti così complessi un anima pulsante, riuscendo a non scadere in collage di buone strofe, buoni arrangiamenti, ma che poi non ti trasmettono poi tanto. Per questo motivo, quando si ha la fortuna di trovarsi di fronte a lavori di questa complessità, è qualcosa che va accolto con grande curiosità e attenzione.
In questo caso i personaggi sono Amon e Freshbeat, beatmakers trentini dal talento purissimo, “Dusty Fingerz” il progetto. Un disco che coinvolge una mole spaventosa di autori (oltre 30) e che nonostante già dal titolo non faccia nulla per nascondere un gusto e una passione verso il classico, è carico di beats golosi e complessi, solo in quattro casi co-prodotti. La fusione tra il taglio più orientato verso il funk di Amon e il soul di Freshbeat porta a risultati eccellenti in termini di suono, arricchiti dall’ottimo lavoro di Dj MS, Dj Stoppa, Dj T-Robb e Dj MadreShabu (non esattamente quattro sprovveduti) che coi loro scratch condiscono con quel sapore hip hop da “keep it classic” indispensabile a una produzione di questo stampo.
Purtroppo come spesso succede lo splendido lavoro fatto alle macchine non viene pienamente sfruttato da alcuni degli MC presenti sul disco. Dusty Fingerz è infatti un lavoro che se da un lato è apprezzabile per l’enorme ventaglio di artisti presenti al suo interno, dall’altro lascia qualche dubbio sulla bontà di alcune scelte. Il disco contiene infatti le collaborazioni di artisti americani come Rasco e Planet Asia (Cali Agents), Wordsworth e Ruste Juxx, che nonostante consideri tuttora come “stonate” le collaborazioni bilingua tra MCs, stanno bene su questi beats come se fossero su un disco di Marco Polo. Vanta la presenza di mostri sacri della nostra scena come Esa, Maury B, Leftside e Paura, di altri rapper veri pesi massimi dell’underground e delle tecniche ma anche di qualcun altro che viene invece tirato fuori dall’armadio senza che se ne sentisse troppo il bisogno e senza, peraltro, che avessero poi granchè da dire, visto il risultato.
Il che lascia un po’ l’amaro in bocca ma comunque non cancella la soddisfazione nell’ascoltare un lavoro ricco di spunti interessanti e hip hop di indiscussa qualità, che porta in maniera più decisa – rispetto alle già molto pregevoli apparizioni precedenti – il nome di questi due ragazzi di Trento là dove devono stare, tra le cose buone che vanno supportate. DOP.
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Robert Pagano