Fratelli d’Italia ha manifestato per la chiusura dei cannabis shop (ma si sono ritrovati in 10)
Un presidio di protesta per chiedere la chiusura immediata di tutti i negozi che vendono cannabis light. A organizzarla il partito Fratelli d’Italia a Roma nella giornata di ieri, che lo ha proclamato davanti alla vetrina di un growshop di via del Corso.
I suoi militanti si sono ritrovati in una decina appena, con striscione e cartelli sotto il sole della capitale, in un mercoledì mattina nel quale evidentemente non avevano di meglio da fare. Lo striscione recitava “chiudere i cannabis shop subito” dietro la firma della Gioventù Nazionale, ovvero l’organizzazione giovanile del partito Fratelli d’Italia Anche se, così a occhio, diversi tra loro la gioventù l’avevano salutata da un pezzo.
“Basta spaccio per contratto di governo”, “No alla cultura della droga” si leggeva sui deliranti cartelli tenuti in mano dai (più o meno) giovani del partito guidato da Giorgia Meloni. Aspiranti professionisti della mistificazione, la cui propaganda si basa evidentemente sul tantivo di far presa sulla parte meno informata della popolazione promuovendo un assioma totalmente falso e intellettualmente criminale: la cannabis light è uguale alla marijuana; la marijuana è uguale all’eroina perché non esistono droghe leggere e pesanti; quindi i growshop sono centri di spaccio che promuovono morte.
Volontà di mistificare i fatti che si riscontra anche delle dichiarazioni rilasciate ai media: «Chiediamo la chiusura imediata dei negozi che spacciano cannabis nel rispetto della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione secondo cui è reato commercializzare i prodotti derivati della cosiddetta cannabis light». La sentenza della Cassazione in realtà non dice questo (un approfondimento si trova a questo link) ma che è illegale vendere cannabis che abbia capacità drogante di principio attivo, soglia che la legge fissa nell0 0,5% di THC, limite che quasi nessuna varietà di canapa legale supera. Qualcuno lo spieghi ai “giovani” seguaci della Meloni.