Franco Casalone: “Più studiamo la canapa e più ci rendiamo conto di non saperne nulla”
«Ho riscritto il libretto del 1909 di un medico che si chiama Arpino. Spiega come godere delle fantasmagorie dell’esperienza della cannabis che ti può in qualche modo aprire delle porte se lo fai con esperienza, o, se lo fai nel quotidiano, mettere in uno stato che ti favorisce in qualche modo l’accettazione del mondo».
In conclusione di una piacevolissima chiacchierata, durata circa 2 ore, abbiamo chiesto a Franco Casalone «se ci fosse qualcosa che non aveva fatto e che rimpiangeva»; per un istante la sua voce si è riempita di emozione e ci siamo resi conto di aver toccato un punto delicato della sua vita.
Lui che ha scritto i primi libri moderni in italiano per diffondere le virtù della canapa e che a questa pianta ha dedicato la vita, si sentiva il peso di non aver fatto abbastanza, e si dispiaceva se nella sua lotta aveva coinvolto persone vicine a sé. Probabilmente la colpa è di tutti noi. Ci siamo sentiti colpevoli come se avessimo lasciato il peso di una lotta così importante sulle spalle di una persona sola.
Ed è per questo che siamo ancora più contenti di avere la possibilità raccontarvi i suoi pensieri e le sue parole, contribuendo con l’ennesima goccia d’acqua in questo oceano di squali, a fare in modo che uno tsunami si alzi prepotente e spazzi via una volta per tutte le menzogne e le ipocrisie portate avanti dai governi occidentali da quasi un secolo. Qui sotto trovate parte della nostra chiacchierata, l’intervista integrale potete invece guardarla in versione video sul nostro sito.
«Anni e anni a studiare questa pianta, per cercare di coglierne i segreti e più vado avanti a studiare, più mi accorgo che non abbiamo capito niente». È questa la prima verità alla quale Franco ci mette davanti, entrando nel particolare di quanto il contenuto di THC influisca sull’esperienza del fumatore e quanto incida sull’intensità delle sensazioni provate.
«Il charas di Malana? 15% di THC e 25% di CBD e io ho visto un mucchio di gente svenire fumandolo. Nepali? 36%THC e 12%CBD, buonissimo, ma il Malana ti fa molto di più nonostante il THC sia meno della metà. Quando avevo 20 anni arrivava dell’erba dalla Columbia, piena di semi, da Santa Marta con il 6% di THC: facevi due tiri e rimanevi in acido per 4 o 5 ore. Quindi non è solo il THC ad influire è un fitocomplesso e probabilmente altre sostanze spingono e amplificano l’azione del THC».
E riguardo invece il fumo con molto CBD?
Ne ho fumata una qualità con il 28%. Non stona: lo senti salire e l’effetto dura molto, ma non sei stonato. Sei estremamente lucido, stai bene e rilassa molto i muscoli.
Cosa ci dici riguardo l’estrazione con il butano?
L’estratto col butano è tossico, anche se lo fai evaporare bene. Lo fumi e ti toglie il fiato, senti i polmoni bruciare: non è una cosa sana. Probabilmente è troppo selettivo e gli toglie le sostanze che fanno da antinfiammatorio. Purtroppo tutti i derivati dal petrolio sono tossici, anche se presenti solo in tracce. Si arriva al 40/50% di THC quando usando l’alcool si arriva oltre il 60%. Inoltre la preparazione è pericolosa e penso che sia meglio evitarlo. L’unica estrazione possibile in medicina era con l’alcool etilico; nemmeno con altri alcool come fa Rick Simpson che usa un materiale che lui chiama nafta ma è etere di petrolio ed è tossico anche quello.
Cosa pensi del crescente successo della canapa alimentare?
Si sta cercando di far passare un limite accettabile di THC negli alimenti, visto che per adesso vale il limite che c’è anche in Germania, 0,15%, più basso della pianta. In Svizzera è 0,9%, che è più che accettabile. Con un limite così potremmo proporre più alimenti, anche con valore curativo, e non solo le tisane che produciamo ora a Carmagnola. Quelle sono fatte con la canapa che proviene dalla repubblica Ceca e hanno lo 0,15% di THC e lo 0,2% di CBD, praticamente niente. In più la si mette nell’acqua, in cui i cannabinoidi non sono solubili. Eppure fa effetto, io ho visto tanta gente che con la tisana ha avuto effetti benefici immediati. La consigliano all’Ospedale di Candiolo a chi è in chemioterapia. Io credo che funzioni perché fa effetto anche in dosi omeopatiche. Tanti medici non riescono a spiegarsi il perché, però succede. Così come tanti medici dicono che le medicine omeopatiche non possono funzionare, però funzionano.
E del tentativo di creare una moderna filiera industriale?
C’è moltissima gente interessata, il problema è la carenza di centri di trasformazione. Dalle notizie che ho a Carmagnola, con l’impianto, si riescono a lavorare circa 500 ettari e l’anno prossimo ci sarà richiesta per almeno 600 ettari solo in Piemonte. Si spera che venga creato un nuovo centro nel canavese per fare pellet, vedremo. Un altro impedimento è che non siamo mai passati alla meccanizzazione per la canapa tessile. La canapa tessile con la fibra lunga è l’oro dal punto di vista industriale, quello che al sud chiamavano l’oro verde ed è sempre stato il raccolto primario. Un’opportunità potrebbe essere quella di costruire macchine che tengano e muovano la canapa nelle vasche per separare la fibra, perché è un lavoro che a mano non vuole più fare nessuno.
E sulla produzione di cannabis terapeutica che sarà avviata nello stabilimento militare di Firenze?
(Dopo una sana risata, ndr) Mi faccio una risata perché l’hanno data in mano a persone che non ne sanno niente, che non l’hanno mai fatto. Purtroppo c’è molta incompetenza in questo campo e questa operazione mi sembra solo business. Essendoci un giro enorme di soldi danno la gestione allo stabilimento militare così rimane in mano allo Stato. La Bayern fa l’estratto, lo purifica e lo vende ad 810 euro al grammo. Il Sativex costa 660 euro al grammo (in realtà, dalle informazioni che abbiamo, il prezzo indicato dovrebbe essere quello di una confezione per circa un mese di trattamento, ndr). Potessimo farlo a Carmagnola lo venderemmo a 5 euro al grammo con un abbondante guadagno. La chiave secondo me è che venga considerata dalla legge un prodotto erboristico e deve essere tolto dalle mani delle case farmaceutiche: è un’erba e secondo me si deve poter usare in erboristeria.
Secondo te è questa la chiave?
Sì. Anche perché al giorno d’oggi si possono trovare sostituti delle cosiddette droghe, anche al supermercato. Perché nessuno le usa? Perché non sono proibite e non sei portato a farlo, inoltre non sono pronte da consumare. Anche solo per fare il fumo, si fa fatica, è un lavoro pesante. Un fumatore qualunque preferisce comprarlo già fatto. E bisogna tener conto che lo fanno in Asia o in Marocco dove la manodopera non costa niente è per quello che costa relativamente poco, lo facessimo qua avrebbe prezzi assurdi. Forse si mantiene vietato proprio per quello, altrimenti costerebbe di più.
Franco Casalone come ha scoperto la canapa?
Come pianta la conosco da sempre perché la coltivava mio nonno e la fumava, dopo averla conciata nella paglia; mio papà invece già non sapeva cosa fosse. Da ragazzino ho iniziato ad informarmi leggendo le pubblicazioni Penguin o i libri di Ciapanna che contengono informazioni incredibili valide ancora oggi. Poi dopo averla provata e constatato che mi faceva sentire bene, ho iniziato a informarmi di più sul perché fosse proibita.
E qui iniziano i primi problemi…
La prima grana l’ho avuta nel 1977, ci hanno fermato in 17 con una canna, alcuni li hanno processati, gli altri davanti ad una commissione medica che cercava di convincere ciascuno che qualsiasi malattia o acciacco avesse, fosse causato dalla cannabis. Sono andato avanti a raccogliere informazioni fino a quando è uscito il libro di Jack Herer nel 1993. Lì ho pensato di scrivere qualcosa, perché credevo di avere informazioni importanti da condividere, ma pensai che non l’avrei mai fatto se non fosse stato obbligato. Non l’avessi mai pensato: poco dopo mi sono entrati in casa e sono scappato in Olanda dove mi hanno chiesto di scrivere un libro visto che in italiano non ne avevano e ho scritto sia “Il Canapaio” sia “Canapa, benefici, potenziale economico, proibizione”, che ho mandato in procura come testimonianza.
Che bilancio fai della tua vita spesa per diffondere il valore della canapa?
È una cosa che faccio con molto piacere, oramai è la mia vita. Ma lo sento anche come un dovere. Stando in India ho imparato che se una cosa non la si sa per ignoranza, non è un problema, ma nel momento in cui ti rendi conto di qualcosa, devi fare quello che ti senti per diffonderla.
E cosa pensi del fatto che dove non è riuscita l’intelligenza umana, ce l’hanno fatta i soldi creando un business enorme?
Si è riusciti in qualche modo a far venire fuori la questione perché è diventata un business. Finché dicevamo che volevamo cambiare il mondo e che i soldi non erano la cosa principale, il potere ha sempre detto no. Nel momento in cui sente odore di soldi il sistema alza le orecchie. In America adesso c’è l’assurdo che puoi fumare a scopo ricreativo ma è ancora illegale la canapa industriale. Perché è un business tanto grosso che prima vogliono prepararsi e capire bene come funziona.
Raccontaci qualcosa di te… Fai sport? Che libri leggi? E che musica ascolti?
Ero istruttore di nuoto, anche se oggi di sport non ne faccio più. Viaggio tanto e mi stanco abbastanza. Mi piace la terra, mi piace stare fuori, mi piace coltivare la mia verdura, farmi il mio vino. Ho anche le api e faccio il miele. Mi piacerebbe poter lavorare liberamente anche con la cannabis. Ho vissuto tanto in India ed è un altro mondo; mi piace molto vedere ciò che c’è di là. Musica in genere ascolto di tutto. Non mi piace la techno e nemmeno le canzoni melense, non le sopporto. Non mi piace il calcio perché è solo un business e non riesco a capire come la gente possa continuare a farsi ipnotizzare nonostante sappia che non è più uno sport.
Franco Casalone finisce il suo racconto commosso, spiegando che vorrebbe riuscire a vedere la pianta di cannabis ed i suoi frutti, finalmente liberi. «Ci sono arrivato vicino tre volte: la prima nel ‘75/’76, dicevamo che avremmo cambiato il mondo. Eravamo in tanti. Poi c’è stata una repressione bestiale. Poi di nuovo nel ’93 quando siamo usciti con i libri e pensavo ok, adesso abbiamo scoperto come stanno le cose, visto che è un business, cambia. Son passati vent’anni».
in collaborazione con Enrica Cappello