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Fotobiologia e fotomorfogenesi della cannabis

Alla scoperta della luce rossa

Fotobiologia e fotomorfogenesi della cannabisLa produzione legale e commerciale della cannabis è un settore emergente, in rapida crescita e altamente redditizio in molte parti del mondo. Tuttavia, è indispensabile un maggiore trasferimento di conoscenze scientifiche dalle aziende orticole specializzate ai coltivatori di cannabis.

La fotosintesi e la fotomorfogenesi delle piante sono influenzate dalla lunghezza d’onda della luce, dall’intensità e dal fotoperiodo attraverso i fotorecettori delle piante, che percepiscono la luce e regolano la crescita delle piante. 

Le proprietà della luce giocano un ruolo cruciale nella crescita vegetativa e nei periodi di fioritura, così come nella biomassa, nella sintesi dei metaboliti secondari e nell’accumulo dei cannabinoidi.

Dopo decenni di studi, sperimentazioni ed esperienze sul campo, sono noti i vantaggi e gli svantaggi dei diversi sistemi di illuminazione. 

Alcune pratiche di illuminazione artificiale, ampiamente utilizzate per la produzione industriale di vegetali, richiederanno adeguamenti specifici per la produzione di cannabis.

La produzione di cannabis di alta qualità per uso commerciale si svolge prevalentemente in ambienti controllati al chiuso, con attenzione a parametri come clima e illuminazione, sia nella fase vegetativa che durante la fioritura.

Fotobiologia e fotomorfogenesi della cannabis
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Nella fase vegetativa, un’intensità luminosa elevata è essenziale per ottimizzare la crescita della cannabis, e un accurato controllo della fotoperiodicità è cruciale per avviare la fioritura. 

La coltivazione esclusivamente indoor offre la possibilità di mantenere una produzione continua e uniforme di cannabinoidi, garantendo prodotti di alta qualità. In questo contesto, la scelta dei sistemi di illuminazione e degli spettri luminosi riveste un ruolo chiave, influenzando i costi operativi e, di conseguenza, il prezzo finale del prodotto. L’ottimizzazione di tali parametri è cruciale per un equilibrio tra sostenibilità economica e qualità del raccolto.

Con decenni di ricerca dedicati a comprendere gli effetti degli spettri di luce ristretta sulla crescita delle piante, si è raggiunto un notevole livello di conoscenza sull’interazione delle lunghezze d’onda con la fotosintesi e la fotomorfogenesi nelle colture in serra.

Le recenti scoperte nel campo della fotobiologia delle piante e del controllo dell’illuminazione forniscono agli scienziati orticoli le informazioni necessarie per sviluppare protocolli di produzione di cannabis ottimali e massimizzare i raccolti di cannabinoidi.

LUCE E FOTOSINTESI

Rigogliose piante di cannabis crescono in growboxLa luce rappresenta uno dei fattori ambientali più cruciali che influenza la crescita e lo sviluppo delle piante, esercitando diversi effetti sull’attività fotosintetica e sulle risposte fotomorfogeniche lungo il ciclo di vita della pianta.

Circa la metà delle radiazioni solari che raggiungono la superficie terrestre è costituita dalla luce visibile, con lunghezze d’onda comprese tra 400 e 740 nm. Questa luce visibile è affiancata da lunghezze d’onda più corte, incluse nell’ultravioletto (UV) da 10 a 400 nm, e dalla radiazione infrarossa (IR) da 700 nm a 1 mm. Queste tre regioni dello spettro elettromagnetico sono cruciali per i sistemi biologici.

La luce visibile si suddivide in diverse bande come il viola, blu, verde, giallo, arancione, rosso e rosso lontano (FR), con il PAR (fotosinteticamente attivo) tra 400 e 700 nm, rappresentando la parte più significativa per le piante.

La fotosintesi, che avviene principalmente nella regione PAR, svolge un ruolo fondamentale nella crescita delle piante, stabilendo una stretta correlazione tra la produttività vegetale e le velocità fotosintetiche nell’ambiente circostante. Essa rappresenta un complesso di reazioni, attraverso le quali, le cellule vegetali e fototrofiche convertono l’energia luminosa in energia chimica, immagazzinandola nei legami di carbonio dei carboidrati. Questo processo avviene all’interno dei cloroplasti, prevalentemente situati nel citoplasma delle cellule della palizzata e del mesofillo spugnoso, tra gli strati epidermici delle foglie. Le reazioni fotosintetiche, che generano energia e riducono la foto-ossidazione, hanno luogo nella membrana interna dei tilacoidi del cloroplasto, formando reti di dischi tilacoidi appiattiti.

Nella membrana tilacoide sono presenti complessi proteici a cinque membrane, che facilitano il trasporto di elettroni e la sintesi simultanea di molecole di trasporto di energia come NADPH e ATP, fondamentali per la sintesi dei carboidrati. I principali centri di reazione fotosintetica, noti come Fotosistema I (PSI) e Fotosistema II (PSII), sono integrati in questi fotosistemi e contengono pigmenti di clorofilla e carotenoidi. Queste molecole svolgono un ruolo chiave nella raccolta e nel trasferimento ottimizzato dell’energia luminosa per la fotosintesi. I pigmenti vegetali presentano schemi specifici di assorbimento della lunghezza d’onda noti come spettro di assorbanza. Le clorofille aeb (Chl aeb) mostrano una forte assorbanza nelle regioni rossa e blu della luce, con una minor assorbanza nella regione verde.

RADIAZIONI FOTOSINTETICAMENTE ATTIVE

La radiazione fotosinteticamente attiva (PAR) è un’unità standard che rappresenta la porzione dello spettro elettromagnetico, che le piante utilizzano per il processo fotosintetico, compresa principalmente nella gamma di lunghezza d’onda tra 400 e 700 nanometri.

Fotobiologia e fotomorfogenesi della cannabis
SPETTRO ELETTROMAGNETICO

Comprendere la qualità spettrale della fotosintesi è fondamentale nella selezione di un sistema di illuminazione con adeguata qualità e quantità di luce per coltivazioni di piante indoor. 

Lo spettro d’azione delle foglie delle piante è descritto come l’intervallo di lunghezze d’onda da circa 400-700 nm, oltre il quale le piante assorbono e utilizzano efficacemente l’energia della luce radiante per la fotosintesi. Ciò ha portato a definire il PAR (misurato in μmol m−2 s−1), che riguarda l’intensità e la velocità dell’energia luminosa radiante per area superficiale emessa da una sorgente luminosa. La quantificazione della radiazione fotosinteticamente attiva (PAR) in unità di flusso quantico o fotonico, basata sulla mole di fotoni, produce risultati più accurati rispetto alla misurazione in unità di flusso radiante. Poiché la fotosintesi è un processo fotochimico quantistico, con circa 10 fotoni di luce assorbita per la fissazione del carbonio e la produzione di una molecola di ossigeno, le unità di misura come la densità di flusso radiante (W m^−2) e la densità di flusso fotonico (μmol m^−2 s^−1) sono comunemente utilizzate per descrivere l’illuminazione delle piante. Tuttavia, l’uso della densità del flusso radiante può portare a una sovrastima delle rese delle piante per la luce blu rispetto a quella rossa. Questa discrepanza è ridotta quando si utilizza la densità del flusso di fotoni. Di conseguenza, il PAR è definito nel range da 400 a 700 nm in unità quantistiche di densità del flusso di fotoni fotosintetici.

La PPFD è ampiamente accettata come stima del potenziale flusso fotosintetico, in quanto è positivamente correlata a esso. Il PAR è determinato integrando i valori della PPFD entro i limiti dello spettro d’azione della pianta per la fotosintesi.

Fotobiologia e fotomorfogenesi della cannabisNell’ambito delle piante di cannabis, la maggior parte degli studi è stata condotta con intensità luminose superiori a quelle tipiche per le colture in serra. L’aumento della densità di flusso di fotoni fotosinteticamente attivi (PPFD) mostra una relazione lineare con la crescita delle piante di cannabis, evidente tra il punto di compensazione della luce e il punto di saturazione della luce. Il punto di compensazione della luce, dove l’attività fotosintetica equilibra la respirazione, è cruciale per stabilire l’intensità luminosa appropriata. 

Se l’intensità è al di sotto del punto di compensazione, si verifica una perdita netta di zuccheri. 

Il punto di saturazione della luce rappresenta l’intensità massima in cui la fotosintesi raggiunge il suo picco senza effetti negativi. Comprendere questo punto è fondamentale per ottimizzare l’illuminazione delle colture.

Sebbene il punto di saturazione della luce per la cannabis non sia stato determinato scientificamente, i tassi fotosintetici netti a varie temperature (25-40 °C) e intensità (fino a 2000 μmol m^−2 s^−1) suggeriscono un comportamento robusto, con una diminuzione di circa il 20% a 30 °C da 1500 a 2000 μmol m^−2 s^−1 (Chandra et al., 2008; Chandra et al., 2015).

Per ogni lunghezza d’onda specifica e tipo di pianta, un aumento della velocità fotosintetica corrisponde a un incremento delle rese fino al raggiungimento del punto di saturazione della luce. Tuttavia, l’aggiunta di illuminazione comporta un aumento lineare delle rese di biomassa, bilanciato dall’incremento dei costi energetici associati alla luce.

Nell’utilizzo di luci LED ad alta intensità, è essenziale mantenere un livello costante e favorevole di intensità luminosa sopra il punto di compensazione della luce e al di sotto del punto di saturazione della luce. Tale considerazione, però, varia in base alle specifiche esigenze della specie, dell’ambiente e del coltivatore.

LUCE ROSSA E IL ROSSO LONTANO (FR)

La fotomorfogenesi è mediata da cinque fotorecettori che influenzano sviluppi strutturali delle piante, compresa l’altezza, le dimensioni delle foglie e la fioritura. Queste modifiche all’architettura delle piante hanno impatti significativi sullo sviluppo a lungo termine e sulle superfici fotosintetiche. La luce rossa, ad esempio, gioca un ruolo cruciale nella sintesi della clorofilla, nella crescita dello stelo e nel controllo del fitocromo.

Le risposte fotomorfogeniche, misurate sperimentalmente su colture in serra con varie lunghezze d’onda e intensità di luce, sono separate dalla fotosintesi associata alla crescita dall’energia della luce diretta. Queste risposte, comprese la germinazione e la fioritura, dipendono dalla presenza di luce più che dalla sua intensità. 

L’interazione complessa tra fotosintesi e fotomorfogenesi rende difficile separare queste due risposte durante la crescita a lungo termine delle piante.

Il fitocromo, sensibile alla luce rossa e alla luce rossa lontana, regola processi chiave come la fioritura. 

Esperimenti indicano che, nelle piante a giorno lungo, la fioritura è promossa principalmente quando la luce rossa viene erogata all’inizio del fotoperiodo, mentre la luce rossa lontana viene erogata verso la fine. Tuttavia, alcune eccezioni, come genotipi specifici di cannabis, possono essere insensibili a tali cambiamenti nel rapporto tra luce rossa e luce rossa lontana.

In sintesi, la comprensione delle interazioni tra luce, fotosintesi e fotomorfogenesi è fondamentale per valutare la crescita delle piante a lungo termine, e i cinque fotorecettori svolgono un ruolo chiave in questo processo complesso.

La ricerca sulla coltivazione della cannabis ha recentemente approfondito l’influenza del rosso lontano, con lunghezze d’onda superiori a 700 nm, sulla morfologia della pianta. 

Fotobiologia e fotomorfogenesi della cannabisUna delle osservazioni più intriganti degli studi condotti riguarda la struttura delle foglie: poiché è stato dimostrato che in ambienti controllati l’esposizione al rosso lontano può influenzare significativamente la forma e la dimensione delle foglie di cannabis. In particolare, si è notato un aumento della larghezza delle foglie, suggerendo un impatto diretto sulla fotosintesi e sulla capacità della pianta di catturare la luce solare. Questa scoperta apre nuove strade per la progettazione degli ambienti di coltivazione, con la possibilità di modulare la forma delle foglie per massimizzare l’efficienza fotosintetica.

Parallelamente, il rosso lontano sembra giocare un ruolo cruciale nella crescita delle gemme. Sperimentazioni condotte su diverse varietà hanno rivelato un aumento significativo nella formazione di gemme in risposta all’esposizione a questa lunghezza d’onda.

Un aspetto interessante da esplorare è la distribuzione della clorofilla. Il rosso lontano sembra influenzare la concentrazione di clorofilla nelle foglie, il che può avere effetti significativi sulla fotosintesi e sulla capacità della pianta di convertire l’energia luminosa in sostanze nutritive. Questa scoperta apre una finestra su come ottimizzare la produzione di clorofilla, un fattore chiave nella salute e nella vitalità della pianta.

Un altro elemento intrigante è l’ipotesi che il rosso lontano possa aumentare la resistenza alle malattie, infatti studi preliminari indicano che le piante esposte a questa lunghezza d’onda sembrano sviluppare una maggiore robustezza contro patogeni comuni. 

Questo aspetto potrebbe rivestire un’importanza fondamentale per i coltivatori che cercano di ridurre l’uso di pesticidi e di migliorare la sostenibilità delle coltivazioni.

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Non meno rilevante sono le analisi della formazione dei tricomi, strutture responsabili della produzione di cannabinoidi e terpeni, che suggeriscono che il rosso lontano possa influenzare la densità e la distribuzione dei tricomi sulla superficie delle gemme. Questo potrebbe avere un impatto diretto sulla potenza e sulla qualità del prodotto finale, aprendo nuove possibilità per coltivatori che cercano di ottimizzare il profilo chimico della loro cannabis.

A livello cellulare la luce rossa e il rosso lontano attivano fotorecettori noti come fitocromi, che agiscono da interruttori molecolari nel processo di fotomorfogenesi modulando l’espressione genica ed influenzando la produzione di proteine coinvolte nella crescita e nello sviluppo della pianta. Uno degli adattamenti più evidenti è la stimolazione della fase di fioritura, infatti l’esposizione al rosso lontano può accelerare il passaggio della cannabis dalla fase vegetativa a quella di fioritura. Questo adattamento è di particolare interesse per i coltivatori, poiché consente un maggiore controllo sul ciclo di vita della pianta e sulla tempistica del raccolto.

Tuttavia, la fotomorfogenesi va oltre la fioritura stessa. La luce rossa è stata associata, anche all’allungamento dei fusti, un adattamento che potrebbe essere sfruttato per controllare l’altezza delle piante in determinate fasi di crescita. 

La luce rossa influisce anche sulla qualità dei metaboliti, sulla quantità delle fioriture e sulla durata della fioritura stessa. Altresì, piante coltivate in ombra o vicino ad altre piante mostrano diverse risposte ai cambiamenti nei rapporti R:FR della luce ambientale. Questa risposta, chiamata evitamento dell’ombra” o “risposta di rilevamento del vicino“, si manifesta con un’accelerazione della fioritura e un rapido allungamento di steli e foglie.

Altro aspetto da considerare è l’influenza sulla formazione delle radici, migliorando l’assorbimento di nutrienti e l’ancoraggio della pianta nel substrato. Questo adattamento è cruciale per garantire la stabilità e la salute della pianta, specialmente durante fasi di crescita rapida o con condizioni ambientali sfavorevoli.

Un punto chiave è la plasticità fenotipica, ovvero la capacità della cannabis di adattarsi alle variazioni dell’ambiente. La luce rossa e il rosso lontano svolgono un ruolo significativo in questo adattamento, influenzando la pianta a modificare la sua crescita in risposta alle condizioni circostanti.
A livello molecolare l’esposizione alla luce rossa e al rosso lontano stimola la sintesi di fitocromobilina, un composto coinvolto nella trasduzione del segnale luminoso. 

Questo processo molecolare è cruciale per il funzionamento dei fitocromi e, di conseguenza, per la risposta della pianta alla luce. 

La comprensione di questi meccanismi a livello molecolare offre opportunità per la manipolazione genetica e la progettazione di colture di cannabis con caratteristiche specifiche, adattate alle esigenze dei coltivatori e alle richieste del mercato.

L’approfondimento dell’interazione tra la cannabis, la luce rossa e il rosso lontano si estende alla produzione dei componenti chimici chiave: i cannabinoidi e i terpeni. La luce rossa, in particolare le sue componenti nell’intervallo del rosso lontano, può giocare un ruolo significativo nella regolazione della produzione di cannabinoidi. 

Il THC e il CBD sembrano rispondere positivamente a specifiche lunghezze d’onda, aprendo la possibilità di modulare la composizione chimica della cannabis attraverso la gestione dell’illuminazione.

Un elemento chiave da considerare è la variazione genetica delle piante di cannabis; diverse varietà infatti possono rispondere in modo diverso alle lunghezze d’onda specifiche, suggerendo che la manipolazione genetica potrebbe essere una strategia promettente per ottenere risultati specifici in termini di profilo di cannabinoidi. Questo solleva comunque, questioni etiche e regolamentari, che vanno di pari passo con le nuove frontiere della coltivazione della cannabis.

È cruciale notare che la gestione della luce per influenzare la composizione chimica della cannabis deve essere bilanciata con altri fattori ambientali e colturali. La temperatura, l’umidità, la nutrizione e altri aspetti dell’ambiente di coltivazione, possono interagire con gli effetti della luce, modellando ulteriormente la produzione di cannabinoidi e terpeni.

Queste scoperte non solo ampliano la nostra comprensione scientifica della cannabis ma offrono anche opportunità pratiche per i coltivatori che cercano di personalizzare le loro coltivazioni per soddisfare esigenze specifiche e variazioni del mercato attuale.

A cura di Groow

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