Focus On: Saint's Row The Third
Viviamo in un periodo di sfrenata competizione mediatica dove i modelli diventano di moda in pochi giorni per poi decadere altrettanto in fretta.
Il mondo dei videogiochi non può certo essere anacronistico e cerca di seguire (in parte a volte o in maniera spudorata in altre) il trend del momento. In particolare la categoria dei videogiochi cosiddetti “free roaming” si presta particolarmente a questo percorso. Si perché in questo genere di giochi, il cui capostipite moderno potrebbe essere considerato il primo storico GTA, il giocatore è libero di vestire i panni di un protagonista con libertà d’azione quasi totale, all’interno di una città completamente dettagliata. E cosa potrebbe mai fare un giocatore, libero, in una città grande e realistica, piena di abitanti che camminano sui marciapiedi, palazzi, negozi e automobili che sfrecciano tra le strade? Naturalmente il gangsta. Yes baby, con la “A” finale che è molto più real. Moda, moda, moda…
In particolare la saga di Saints Row, giunta a novembre 2011 al terzo capitolo, si è sempre molto concentrata sull’aspetto esageratamente gangsta pacchianazzo dei propri personaggi, per lo stile di vita wild life e per un’ostentazione di lusso abbinato a street credibility quantomai (volutamente) esagerata.
Molti dei giocatori più incalliti si ricorderanno con nostalgia quel caro vecchio GTA: San Andreas, considerato da tutti forse il titolo free roaming più amato visto che riprendeva da vicino quella che potrebbe essere ipoteticamente la vera vita di strada di una grande metropoli come Los Angeles. Laddove GTA era marcatamente street, ricco di clichè legati al mondo dell’hip hop, in particolare di quello west coast, ma con un contesto tutto sommato credibile (chi si ricorda la sezione in cui si poteva girare a dipingere pezzi sui muri di tutto l’isolato?) , Saints Row ha sempre puntato sul lato spettacolare, sul rendere fashion e “super” ogni protagonista. Saints Row l’ho sempre visto come uno di quei video hip hop ultra patinati che possiamo vedere oggi sui canali televisivi. Vestiti firmati, occhiali a specchio, tatuaggi fichi. Della serie “Hey, provaci, anche tu che sei un po’ sfigato, puoi diventare una star da dieci milioni di dollari”. Altro che ghetto survive…roba da wannabes.
Il 3° capitolo di questa saga si preannuncia come il più spettacolare della serie. Infatti già dall’inizio le nostre “ex” star del ghetto (ormai diventate icone di marketing dopo gli avvenimenti del secondo episodio) si cimenteranno in una rocambolesca rapina in banca con tanto di fuga in elicottero ed evasione da un C-130 ad alta quota. Robe che neanche Ice Cube. O Fifty Cent. O Guè Pequeno.
L’impatto tecnico è davvero buono, anche se non eccellente. Graficamente il gioco brilla di luce propria e le inquadrature sembrano uscire dalla regia di un film di John Woo (in effetti specie nelle cut scene sono le parti che più restano impresse). I modelli poligonali sono abastanza buoni ma si riscontrano ancora difetti che purtroppo lo rendono di un po’ inferiore a GTA IV. Non sempre le textures si incastrano perfettamente e a volte si notano degli spigoli laddove dovrebbero esserci curve ben renderizzate. Nonostante questo la velocità si attesta su ottimi standard e anche gli effetti ambientali sono buoni (anche se ormai è raro trovarne di scadenti). I dialoghi sono realizzati molto bene, e le interazioni tra i personaggi pur essendo piuttosto banali alle volte (l’ostentazione poi di un linguaggio ricco di parolaccie, per sembrare più street è infatti un po’ pacchianotto), sono ben dirette. Il titolo ha dalla sua una gran giocabilità. Saints Row The Third è volutamente esagerato in tutto. Pestaggi e uso delle armi sono studiati per strappare sorrisi e per generare quel qualcosa che gli americani definirebbero “awesome!” . durante il gioco provate ad entrare in uan casa chiusa e scatenato il putiferio dentro. Troverete super pimps armati come dei folli in un’orgia di esagerazione continua. Inizialmente, da buon rapper cresciuto guardando Boyz in The Hood, tutto questa ostentazione mi aveva dato sui nervi. Come nei precedenti capitoli. Devo dire però che orchestrare incredibili azioni criminali, e consumare tonnellate di piombo in giro per la città è un ottimo metodo terapeutico anti stress. Come a voler dire: ragazzi, Saints Row The Thrid è dannatamente divertente. Se lo siprende nella maniera giusta si capirà che non è veramente pacchiano. E’ demenziale. Insomma giro per il centro città con il personaggio che mi sono creato, un energumeno messicano di 2 metri, con una maschera da lucha libre, in completo nero, ed eseguo suplex e combo assurde a random a chi mi capita. Chi se ne frega del resto. Chi se ne frega se quando salgo in auto c’è il canale hip hop che trasmette Whiz Khalifa. Cambio e metto gli AC/DC. E se mi va di culo magari becco anche i Wu Tang o Nas. GTA San Andreas aveva fatto la felicità di molti rappers per le sue atmosfere, perché in molte parti del gioco voleva essere piuttosto real.
Saints Row è sfacciatamente alla portata di tutti. Ok, non avrà il fascino di Assassin’s Creed, o la potenza dei vari Halo, Gears of War o Fallout, ma chissenefrega. Adesso accendo l’Xbox, e comincio a fare un po’ di missioni con il mio luchador, e il tempo passa senza che me ne accorga. Una buona giocabilità e la longevità tipica di questi titoli rendono SRIII un titolo davvero divertente. Non nascondo che la piega presa dall’hip hop mainstream degli utlimi tempi mi è fortemente irritante. Saints Row volutamente la ricalca, ma se uno guarda bene (e opta le scelte giuste) la si potrebbe vedere anche in maniera opposta: ovvero che lo faccia a totale sfregio. Vestiti firmati, occhiali a specchio, tatuaggi fichi e sotto al culo una vespa o un cazzo di camion per la munnezza. Insomma, se seite come me i primi 10 minuti lo dierete. Ma poi riderete talmente tanto da ricredervi!
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Giovanni “Zethone”
Un ringraziamento speciale ad Halifax Italia per il supporto.