Finisce il processo al Rototom: tutti assolti. “Ma non torneremo in Italia”
A cinque anni di distanza dalla formulazione delle accuse l’odissea giudiziaria di Filippo Giunta, fondatore del Rototom Sunsplash finisce come era ovvio che fosse: “assolto perché il fatto non sussiste“. Sono bastati cinque minuti di camera di consiglio ai giudici di Udine per stabilire in via definitiva che “Giunta non agevolò in alcun modo, con il proprio comportamento, l’uso di sostanze stupefacenti all’interno del festival”, smontando così il castello di accuse costruito negli anni dall’arma dei carabinieri di Udine.
I CAPI DI ACCUSA SMONTATI. Il teorema accusatorio si era basato su tre presunti elementi di prova. Giunta era stato accusato di essere “totalmente insofferente per i controlli delle forze di polizia giudiziaria, mirati a prevenire e reprimere il traffico di droga”; di aver ingaggiato una squadra di vigilantes privati che non si interfacciavano con le forze dell’ordine allo scopo di preservare la reputazione del festival e prevenire eventuali overdose da droghe pesanti; di aver allestito una struttura operativa, da lui stesso pagata, composta da avvocati presenti 24 ore su 24 nel parco, “per intervenire a difesa di chi fosse oggetto di controllo da parte delle forze dell’ordine, al dichiarato fine di assicurare maggiore tranquillità ai partecipanti alla manifestazione”. Questi erano, secondo l’accusa, gli indizi che avrebbero provato come da parte di Filippo Giunta vi fosse la deliberata volontà di agevolare il consumo di sostanze vietate all’interno del festival ed ostacolare i controlli di pubblica sicurezza.
ASSOLUZIONE SU TUTTA LA LINEA A quattro anni di distanza dalla formulazione di quel capo d’imputazione, ieri la Procura ha fatto retromarcia, ed è stato il Pubblico Ministero stesso a sposare la linea della difesa, basandosi anche sulle intercettazioni telefoniche. In particolare, in una intercettazione, Giunta confessò al sindaco di vivere l’abuso di sostanze all’interno del festival come un problema e “criticò l’operato della sicurezza privata, che non collaborava con la polizia giudiziaria”. Inoltre il Pm ha constatato che il pool di avvocati era stato ingaggiato “per far fronte alle lamentele di alcuni partecipanti e aiutare gli stranieri, per esempio, nella compilazione di moduli scritti in italiano”. Secondo il giudice, non solo l’organizzazione non si è resa colpevole di nulla, ma anzi: “ha fatto più di quel che le prescrizioni prevedevano, a cominciare dal fatto di essersi dotata di una security e di avere introdotto un sistema di conservazione dei dati a disposizione della polizia giudiziaria”. Da qui, la richiesta di assoluzione perché “il fatto non costituisce reato”.
“MA NON TORNEREMO IN ITALIA”. A fine dibattimento Filippo Giunta si è concesso ai microfoni della stampa, per esternare la propria soddisfazione per l’assoluzione, certo, ma anche per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, dichiarando che oltre alle accuse giudiziarie il Rototom Sunspash venne trasferito da Osoppo all’attuale sede di Benicassim (Spagna) anche a causa dell’atteggiamento persecutorio delle forze dell’ordine locali. “Ci fu una chiusura da parte di alcune forze dell’ordine – ha detto – forse perchè non si fidavano di noi. Questo causò incomprensioni e insofferenza per un certo tipo di controlli, ciò che contestavo erano i metodi e la mancanza di collaborazione” Ed ora che la giustizia ha completamente assolto l’organizzazione non intende comunque fare marcia indietro: “In Spagna, pur trovandoci in una regione storicamente amministrata dalla destra, non ho incontrato alcuna opposizione ideologica, nè gli attacchi infamanti registrati in Italia”.