Filosofia, idiozia e futuro. L’intervista a Riccardo Dal Ferro, autore di “Elogio dell’idiozia”
In questi giorni è uscito il nuovo libro di Riccardo Dal Ferro, filosofo e divulgatore che scrive mensilmente per la nostra rivista. Così, a noi di Dolce Vita è venuta la curiosità di capire meglio di cosa parla questo libro dal titolo “Elogio dell’idiozia“.
Un titolo quantomeno curioso. Che cosa c’è da elogiare dell’idiozia?
Quella che in questo libro viene definita come “idiozia” non è soltanto una parte integrante ed ineliminabile del nostro comportamento, ma la condizione essenziale della genialità, della creatività e della scoperta. Senza idiozia non c’è meraviglia, non c’è esplorazione, non c’è quel rischio che l’essere umano corre sempre al fine di capire un po’ meglio il mondo, sia quello fuori che quello dentro di lui. Per questo l’idiozia va elogiata: senza di essa ci saremmo già estinti da molto tempo.
Da dove è nata la necessità di scrivere questo strano elogio?
L’idea è nata due anni fa, durante la campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti. Da un lato Trump e dall’altro la Clinton. Vedevo delinearsi già quello che in questi mesi è stato un pensiero ricorrente e pervasivo, nutrito da tutti gli schieramenti in campo: “Bisogna togliere il diritto di voto agli idioti”, intendendo con “idiota” l’altro da me, colui che non condivide il mio sistema valoriale o i miei presupposti mentali, politici, filosofici. Da un lato all’altro dello scacchiere politico tutti gridavano a gran voce che l’idiota non dovrebbe votare, non dovrebbe potersi esprimere, in nessun campo, dal momento che l’opinione è tale solo quando competente. Ma nessuno possiede la bacchetta magica della competenza, nessuno riesce a definire in modo chiaro e incontrovertibile che cosa sia la competenza, soprattutto negli ambiti di maggior complessità quali la politica e le relazioni sociali. Così, in quel momento è emersa la necessità di produrre un discorso che andasse contro questa tendenza orribile e ho iniziato il percorso che mi ha portato a scrivere questo libro, in cui la tesi centrale è l’esatto opposto a coloro che vorrebbero zittire l’idiota di turno: ognuno di noi è sempre l’idiota di qualcun altro.
Nell’introduzione dici che questo è un saggio filosofico atipico, che non segue le regole accademiche della stesura e della pubblicazione. Quali sono i motivi di questa scelta?
I motivi sono tanti. In primo luogo io mi sono costruito un’immagine e una credibilità al di fuori dell’accademia, anzi, nel luogo più lontano che possiamo pensare rispetto all’accademia, ovvero il web e più in particolare YouTube. Viviamo in uno di quei momenti storici in cui il discorso filosofico deve uscire dalle mura dell’istituzione per farsi più libero, per non temere le ripercussioni dell’autorità. Perciò, anche il mio libro non poteva che ricalcare questo atteggiamento. In secondo luogo, e forse questo è il motivo più importante, io ho scritto questo libro per me, come fosse un discorso fatto a me stesso. In fin dei conti si scrive sempre di filosofia con quest’unico scopo: fare ordine tra i propri pensieri, e in questo modo magari riuscire a dire qualcosa di interessante all’ascoltatore. Per questo, il mio Elogio non è un libro scritto “per farsi leggere” (anche se spero di trovare molti lettori, là fuori), ma è un libro che nasce da un mio monologo interiore, da un tentativo di comprendere meglio alcune cose che sono successe nel mondo, soprattutto nel mio mondo interiore. Se da questo riuscirò a dare un po’ di ordine alle idee dei lettori, allora sarà tutto di guadagnato!
In tutto questo, che ruolo gioca la filosofia nel nostro mondo?
Credo che la filosofia abbia il compito di riportarci a contatto con la nostra individualità. Viviamo un momento storico in cui l’individuo è smarrito nella massa, privato della propria volontà, cieco alle intenzioni che forgiano le sue azioni. L’uomo è sperduto e si sta convincendo di essere insignificante. L’Elogio dell’idiozia è per me una dichiarazione d’amore al mio essere una creatura umana, è il tentativo di riscoprire la parte fondamentale che mi rende quello che sono, e per questo ridare centralità alla mia individualità. In fin dei conti, come possiamo pretendere di costruire comunità funzionanti se gli individui non funzionano più? Ecco, la filosofia (e in questo libro ho cercato di fare esattamente questo) ha il compito di riportare l’individuo a se stesso, alla domanda su che cosa sia la propria felicità, alla riscoperta del valore delle proprie azioni e al peso reale delle sue responsabilità. Ci stiamo convincendo troppo in fretta e troppo facilmente di essere algoritmi, sostituibili ingranaggi alla mercé di un macchinario di cui non concepiamo le dimensioni. Ma per me la vita non è questo. La mia vita è la mia vita, la mia felicità e la mia felicità, io sono io e solo se mi riconosco posso relazionarmi con te. Ecco, l’idiozia è forse una parola che designa esattamente quell’individualità irriducibile. Io e te possiamo essere molto simili sotto molteplici aspetti. Ma il modo che ho io di essere idiota è unico, così come lo è il tuo.
Insomma, desideri che si costituisca una comunità di idioti consapevoli?
Non è necessario, la comunità di idioti esiste già e si chiama umanità. Dobbiamo solo far pace con le parti del nostro animo che ci siamo convinti di dover nascondere. Leggere questo libro come fosse l’invito a mostrarsi per ciò che si è, maschere comprese, ecco quello che mi piacerebbe facesse il lettore. E magari, liberarci un po’ dei fardelli che ci siamo convinti fossero inevitabili. Non lo sono affatto.