Fiamme e deforestazione: l’Amazzonia muore e noi con lei
Bolsonaro, il presidente del Brasile è stato di parola: nella sua foga di progresso ha portato con sé incendi potentissimi che stanno distruggendo la foresta amazzonica a ritmi folli.
L’aveva promesso in campagna elettorale e in un certo senso non c’è da stupirsi.
Il centro di ricerca spaziale del Brasile, il National Institute for Space Research (INPE) conferma che la situazione degli incendi nel paese è preoccupante. L’INPE segue gli incendi in zona dal 2013 e evidenzia che quest’anno ci sono stati più di 74mila casi, con un incremento di oltre l’80 percento rispetto al 2018. Di questi 39.033 riguardano le zone coperte dalla foresta.
Ovviamente questo non porta niente di buono per il pianeta – il 20% dell’ossigeno della Terra arriva dall’Amazzonia che nel contempo assorbe 2 miliardi di tonnellate all’anno di CO2 – e per milioni di specie animali e vegetali che vivono nella foresta.
Ma di chi è la colpa di tutto questo bruciare? Beh, Bolsonaro aveva detto che voleva sviluppare l’area per farci miniere e campi agricoli e chi-se-ne-frega della foresta. Lui dice che la colpa è degli agricoltori che nei mesi estivi eliminano le erbacce dai campi, ma non può essere solo questo, nel senso che gli agricoltori ci sono da sempre e non è possibile che quest’anno stiano causando da soli una simile distruzione.
Alberto Setzer dell’INPE dice che sebbene le condizioni meteo proprie della stagione secca possano favorire lo spargimento delle fiamme, queste sono senza dubbio appiccate dall’uomo, volontariamente o per sbaglio. Con molta probabilità, quindi, questi incendi che si estendono da Rio de Janeiro fino a San Paolo sono stati appiccati per controllare e eliminare la foresta e sono poi andati fuori controllo.
Lo ha confermato anche Ane Alencar, direttrice scientifica dell’Istituto per la ricerca ambientale in Amazzonia. I fuochi vengono accesi per fertilizzare il terreno ai confini della foresta amazzonica, dove gli animali vengono portati in massa al pascolo. E se i fuochi ampiano il terreno utilizzabile per il pascolo, tanto meglio. L’allevamento è la causa principale della deforestazione amazzonica.
Il satellite europeo Copernicus riporta che metà del Brasile è sotto le fiamme e che i fumi arrivano fino alla costa atlantica. Anche il confine con il Paraguay è in fiamme. Ad ogni modo è troppo presto per dire se quest’anno è stato straordinario in termini di incendi nella sola Amazzonia perché il picco delle emissioni di anidride carbonica prodotte dalle fiamme solitamente è a settembre.
Quel che è certo è che il tasso di deforestazione in Brasile è aumentato vertiginosamente dopo l’arrivo di Bolsonaro, in carica da meno di un anno: da quando il suo mandato è cominciato, il presidente ha ridotto le sanzioni, gli avvertimenti e i sequestri operati dalle autorità brasiliane verso le società coinvolte nella deforestazione illegale. Il risultato è che oggi l’Amazzonia perde ogni minuto l’equivalente di tre campi di calcio.
Qualche settimana fa, Bolsonaro ha licenziato il direttore dell’INPE, Ricardo Galvão, reo di aver reso pubblico che da giugno dell’anno scorso la deforestazione è aumentata dell’88 percento.
Che cosa triste vedere questa gente di poca intelligenza e di poco cuore distruggere il proprio paese e il nostro pianeta.