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Positivo alla cannabis: che succede?

Come comportarsi se le FFOO vogliono fare accertamenti sul tuo stato di salute psico-fisico alla guida?

Un poliziotto ferma una ragazza in auto che ha fumato cannabis

Spesso ci capita di ricevere messaggi da parte di lettori che sono risultati positivi alla cannabis mentre si trovavano alla guida di un mezzo; ci chiedono cosa potrebbe succedergli e come è meglio comportarsi, specie in caso di sospensione della patente.

Abbiamo fatto una chiacchierata con l’avvocato Carlo Alberto Zaina, il quale ci ha spiegato a cosa si va incontro e come conviene comportarsi in questi casi.

SI HA IL DIRITTO DI CONTATTARE UN AVVOCATO

La prima cosa da sapere è che prima di essere portati a fare le analisi del sangue o delle urine si ha sempre il diritto di contattare un avvocato. Gli agenti sono tenuti per legge a comunicare questo diritto al fermato, anche se a volte si esimono dal farlo.

L’unico caso in cui il cittadino non è tenuto ad essere informato di questa possibilità è il caso di controlli fatti in seguito al ricovero ospedaliero: se si rimane feriti in un incidente stradale e si viene portati al pronto soccorso, i medici possono anche ricercare la presenza di sostanze illecite nel sangue, se richiesto dagli agenti.

La ragione del mancato avviso deriva dal fatto che il controllo ematico o dei liquidi biologici può avere di per sé motivi terapeutici o di profilassi.

QUANDO VIENE SOSPESA LA PATENTE PER POSITIVITÀ ALLA CANNABIS

Un’altra cosa fondamentale da sapere è che la positività al test delle urine o del sangue non è affatto prova sufficiente per la sospensione della patente.

«La legge stabilisce che è reato guidare sotto effetto di sostanze stupefacenti – spiega l’avvocato Zaina – e la Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che la semplice positività al test delle urine o del sangue non rappresenta di per sé sola una prova sufficiente per comminare la sanzione, visto che questa positività non accerta il fatto che l’automobilista fosse sotto effetto di sostanze mentre era alla guida, ma può essere data anche da consumi avvenuti nei giorni precedenti, nel caso del test del sangue, o addirittura nel mese precedente, nel caso del test delle urine».

Per questo è necessario il parere scritto del medico: «È il medico che ha preso in carico l’automobilista che deve confermare il fatto che lo stesso gli sia apparso in evidenti condizioni di alterazione psico-fisica, descrivendo dettagliatamente i sintomi che egli ha ravvisato. Se il medico non conferma questa eventualità, la sanzione può essere impugnata».

LA POSSIBILITÀ DEL RICORSO AL GIUDICE DI PACE

In attesa dei risultati degli esami, quasi sempre gli agenti che hanno operato il controllo, scelgono di ritirare materialmente la patente in via cautelativa, solitamente per un breve numero di giorni. Si tratta di un’anticipazione della vera e propria sospensione che è di competenza del Prefetto. Entro 10 giorni, poi, il risultato delle analisi deve essere comunicato all’interessato.

A quel punto il procedimento passa al Prefetto, il quale può confermare la sospensione cautelare e stabilirne la durata. Se questo avviene l’interessato può proporre ricorso al giudice di pace. Il problema è che i giudici di pace, salvo qualche eccezione, respingono quasi sempre la richiesta di sospensiva che viene vergata in calce (viene apposta in fondo, n.d.r.) ai ricorsi e che mira al recupero della patente in attesa della decisione definitiva.

«Spesso i giudici di pace, che in realtà sono quasi sempre avvocati, dimostrano un approccio conservativo, cioè non sufficientemente approfondito della materia e non sono aggiornati sulle evoluzioni giurisprudenziali di legittimità – spiega Zaina – per questo tendono a confermare la misura cautelare ed a vincolare la restituzione della patente solo al superamento delle visite mediche stabilite nei mesi successivi».

«Questo è un problema di diritto: i giudici di pace dovrebbero cercare di considerare la questione con un’interpretazione evoluta della normativa, che si fondi soprattutto su quei dati scientifici (fondamentali per bene applicare la legge) che dimostrano la differenza fra guida sotto l’effetto di stupefacenti e guida in un periodo successivo all’assunzione, ma spesso non è così».

STABILIRE LA PROPRIA INNOCENZA IN SEDE PROCESSUALE

L’ultima e concreta possibilità rimane quella di ottenere l’assoluzione durante il processo penale, che è procedura che viene automaticamente aperta in caso di accusa per guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

«Di fronte al giudice penale vi sono maggiori possibilità di ottenere una pronunzia favorevole, specie se vi sono stati vizi di forma nel procedimento che ha portato alla sospensione della patente – spiega Zaina – anche se i tempi del processo spesso rendono la vittoria superflua, per quanto riguarda la patente, perché le sentenze giungono quando il periodo di sospensione è già stato scontato».

Una vittoria che quindi assume spesso il sapore della beffa.

Leggi anche: Cannabis light e patente di guida: esiste davvero il rischio di vedersela ritirata?

NOTA DI AGGIORNAMENTO LEGALE

(del 29-07-2022 da parte della Redazione di Dolce Vita online, tratta dal sito avvocatopatente.it)

A ulteriore conferma di quanto sopra esposto: nella “sentenza n. 3900 dello scorso febbraio 2021, la Suprema Corte di Cassazione nel processo penale per la condanna al reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti […] ha dichiarato la necessità che sia dimostrato lo stato di alterazione psico-fisica del conducente, non essendo sufficiente la sola prova dell’assunzione della sostanza drogante.” (Il grassetto è nostro).



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