Fake Hashish, un pericoloso derivato del proibizionismo
La storia dell’hashish attraverso i secoli che l’accompagnano, scorre parallela alla storia della cannabis, essendo l’hashish un derivato della resina prodotta dalla stessa pianta.
Per migliaia di anni, la cannabis ha percorso e influenzato la vita dell’uomo. Oltre agli usi più comuni (fibre, alimentazione e tanti altri), la cannabis ha trovato un ruolo fondamentale nella medicina mediante l’utilizzo delle parti più nobili della pianta (fiori e foglie), ma le prime conferme storiche dell’utilizzo della pianta sotto forma di estrazione – hashish e olii – sono comparse intorno al 900 d.C. nella penisola arabica.
In quest’articolo, non starò a elencare le varie leggende sulla provenienza del nome, parte della storia e aneddoti relativi all’hashish, ma limiterò questo discorso, solo a una breve introduzione dei vari tipi di hashish, e concentrerò quest’articolo in modo particolare su un prodotto che viene spacciato per hashish ma che effettivamente è un impasto di resine vegetali e sostanze chimiche che minacciano la salute delle persone sulla base di guadagni facili: parleremo dunque di “Fake hash”, che negli ambienti web è comunemente chiamato “Soapbar”.
Attualmente, la maggior parte dell’hashish acquistato nel mercato nero, proviene da Marocco, Europa (Spagna, Olanda, un po’ meno dalla Turchia), Nepal, India e Afghanistan e viene venduto in diverse forme e tipologie, queste ultime caratterizzate dall’area di provenienza.
A causa del proibizionismo, in questi ultimi anni stiamo assistendo a una costante, assidua e meticolosa ricerca di nuove molecole al fine di eludere i controlli doganali delle forze dell’ordine, aggirando la legge, immettendo così nel mercato nuove sostanze composte da elementi di sintesi non ancora catalogati nelle tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope; gli addetti ai lavori (chimici e spesso provetti tali), ogni anno servono un ricco piatto di “droghe sintetiche” (alcune molto pericolose).
Ultimamente, il dilagare di queste sostanze ha prevaricato anche il mondo più genuino della cannabis, e in particolare quello dei consumatori di hashish, attraendo migliaia di persone (spesso molto giovani e alle prime armi) con prezzi molto più bassi rispetto alla norma. Immettendo così nel mercato nero delle forme simili in tutto e per tutto all’hashish, ma sostituendo la naturale resina derivata dalla cannabis con elementi di sintesi come cere, olii, incensi e quanto altro possegga caratteristiche atte al raggiungimento del formato finale del prodotto.
Ma come è fatto questo “Fake hashish”? Nonostante possa sembrare complicato, riprodurre forme, odori, sapori e consistenza risulta abbastanza facile, in quanto proprio per il materiale che la rete fornisce nulla appare impossibile; soprattutto se ci sono di mezzo soldi e facili guadagni.
Rispetto a qualche anno fa reperire forme di cannabinoidi sintetici è molto più semplice; pochi click, una ricerca non troppo approfondita, ed ecco servito un ricco carrello di elementi da miscelare o prodotti finiti pronti per essere inviati.
Per quanto riguarda il prodotto finito, ai fini legislativi, la situazione può presentarsi leggermente più rischiosa, mentre per l’acquisto del singolo elemento, spesso e volentieri non si incorre in nessun reato.
In commercio infatti, si trovano moltissimi cannabinoidi sintetici di libera vendita, che se miscelati adeguatamente con una pasta base, possono essere irriconoscibili e talvolta simili sotto tutti i punti di vista (effetti compresi) ai veri cannabinoidi presenti nelle piante di cannabis e negli hash più rinomati.
Fra gli elementi chimici principali per la realizzazione del Soapbar troviamo sostanze come AM-2201 e JWH-018. L’AM-2201 è un cannabinoide sintetico appartenente alla famiglia dei naftoilindoli, la stessa del JWH-018, dal quale differisce per la presenza di un atomo di fluoro sulla catena alchilica C5. Con una manciata di questa polvere si possono produrre svariati ettogrammi di sostanza.
JWH-018 invece è un analgesico chimico, sempre della famiglia delle naphthoylindoline. Si comporta come un agonista totale su entrambi i recettori cannabinoidi con un po’ più affinità per il CB₂. Produce negli animali e negli uomini effetti simili al THC, e proprio per questa motivazione il JWH-018 è stato largamente utilizzato come principio attivo in alcuni dei più popolari sostituti sintetici della cannabis, o smart drug, come: Spice e N-joy, vendute in tutto il mondo tramite internet. Da evidenziare come l’uso umano di questo composto, a differenza dei cannabinoidi naturali, possa portare a conseguenze letali dell’organismo oltre che apportare danni alla psiche e una forte dipendenza psicologica.
La maggiore preoccupazione sta nel fatto che in alcuni paesi questi elementi sono legali, e alla portata di tutti.
Per la produzione di Soapbar non sono sufficienti le sole materie chimiche, ma è indispensabile trovare dei materiali che abbiano una certa somiglianza con la sostanza base che va a formare il vero hashish, i tricomi. Pertanto in sostituzione ad essi si è pensato di utilizzare diverse miscele di resine vegetali, olii e parti di scarto della canapa, più raramente hashish di scarsa qualità o adulterato.
Oltre alle resine vengono persino addizionati veri e propri panetti di incenso di diverse colorazioni. Esistono siti di e-commerce interamente dedicati a questo tipo di incensi che con il passare del tempo tendono sempre più a perfezionare questi prodotti, rendendoli sempre più simili nell’aspetto e nella densità.
Per quanto riguarda il Fake Hash, la ricerca ha fatto passi da gigante ma pur sempre pericolosi per i terzi. Questa situazione si è venuta a creare soprattutto per colpa del proibizionismo perpetrato dalla maggior parte dei governi contro la cannabis e i suoi derivati. Situazione che spero faccia riflettere sui danni alternativi che il proibizionismo crea facendo spazio a personaggi senza scrupoli, che per avidità, sotto forma di veri e propri gruppi criminali non esitano a portare veleno sulle nostre case. Ma l’alternativa genuina esiste ed è l’autoproduzione.
a cura di Antonello Sannia