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Eutanasia e cannabis: diritti negati che rischiano di essere dimenticati

Sono due temi sensibili e personali, ma soprattutto sono due diritti dell’essere umano che, dopo essere stati al centro del dibattito pubblico senza che nulla cambiasse nel concreto, ora rischiano di sparire di nuovo

Parlamento italianoCol nuovo governo rischiano di tornare nell’ombra due temi che erano tornati al centro del dibattito, ma per i quali non si è ancora trovata una soluzione.

Ognuno ha la propria cultura, il proprio credo e la propria soglia di sopportazione, che sia del dolore o della pazienza. Molte religioni, compresa quella cristiana, sostengono che la vita appartenga solo a Dio; e infatti condannano anche l’aborto e persino la contraccezione; e accettano il libero arbitrio solo quando fa comodo.

La logica ci insegna invece che la vita appartiene solo a se stessi perché, una volta adulti, la trascorriamo facendo ciò che vogliamo. È tutto un susseguirsi di scelte personali che hanno il solo fine di soddisfare i nostri bisogni e le nostre aspirazioni. L’indirizzo di studio, il lavoro, ma anche le amicizie, gli hobby, e persino ciò che indossiamo o mangiamo: non abbiamo nessun limite alle nostre scelte, a patto di non interferire negativamente nelle vite altrui, di non provocare danni a terzi e di apportare danni (soprattutto economici) alla collettività.

Questo libero arbitrio, in una società capitalistica che permette o addirittura agevola la produzione e la vendita di prodotti altamente nocivi, crea problemi di salute a moltissimi cittadini. Solo per fare alcuni esempi: tutti sanno quanto sia dannoso il junk food, ma lo Stato non fa nulla per impedirne la commercializzazione o il consumo. Si limita a obbligare il produttore a inserire nell’etichetta gli ingredienti e i valori nutrizionali.

Allo stesso modo, il cittadino è libero di acquistare e usare diversi farmaci da banco, in modo quasi incontrollato, anche senza rivolgersi a un medico. Se si è maggiorenni, è legale acquistare e consumare tabacco e alcolici fin quando ci si può permettere di pagare.

È legale acquistare mezzi che vanno a 300Km/h in uno stato con limiti autostradali di 130km/h. È legale l’usa e getta non compostabile e il packaging difficilmente riciclabile, i detersivi e i detergenti dannosi per l’uomo e l’ambiente, l’impiego di materiali tossici quando esistono alternative ecologiche, ecc.

DOVE FINISCE IL LIBERO ARBITRIO?

Tantissime scelte lasciate al libero arbitrio sono dannose per la salute del cittadino e degli ecosistemi, ma lo Stato non interviene per rispetto della libertà personale. Quando invece si parla di eutanasia e cannabis, lo Stato diventa “garantista della vita”! Lo fa impedendo a malati terminali, con nessuna speranza di mantenere una condizione di vita accettabile, di porre fine alla loro esistenza senza soffrire.

Nessuno vive per sempre, ed è giusto apprezzare ogni attimo della vita, fosse anche l’ultimo. 

Ma quando il gioco è quasi finito, prima di provare quei dolori che certamente sono capaci di farci scordare quanto è stato bello vivere, perché non si può scegliere di lasciare tutti con un sorriso e tanti bei ricordi? Come se vivessimo in uno stato teocratico, motivazioni legate alla fede più che al buon senso, impediscono di normare quella scelta che nessuno vorrebbe mai prendere, ma che a volte diventa l’unica per quei pazienti che non hanno più speranze.

Allo stesso modo, se posso bere tutto l’alcol che voglio o fumare tutto il tabacco che desidero, perché non posso essere libero di consumare cannabis? Oggi sappiamo che questa pianta è tra le meno tossiche al mondo, che non ha una dose letale assimilabile dall’uomo, che non induce dipendenza fisica, e che ha effetto terapeutico su molte patologie.

Un uomo con una cima di cannabis in mano

NULLA CAMBIA NONOSTANTE L’OPINIONE PUBBLICA SIA A FAVORE

Se il resto del mondo sta gradualmente legalizzando la cannabis, perché i nostri politici non hanno intenzione di affrontare seriamente la questione, risolvendo gli innumerevoli problemi che derivano da un illogico proibizionismo? Per entrambi gli argomenti l’opinione pubblica è a favore: le ultime statistiche mostrano che oltre il 60% degli italiani vuole la legalizzazione della cannabis, e 3 italiani su 4 sono favorevoli all’eutanasia.

Ad opporsi solo gli ignoranti, qualche ipocrita, e chi antepone a tutto la fede (o gli interessi per chi guadagna dal proibizionismo).  Sia l’eutanasia che il consumo di cannabis riguardano entrambe scelte individuali e personali. Entrambe sono vietate, ma con scarsissimi risultati: abbiamo 10 milioni di consumatori di cannabis in Italia nonostante i rigidi divieti; e sono diversi gli italiani che fanno parte degli oltre 93mila casi documentati di persone che hanno usufruito dell’eutanasia dov’è legale, ossia in Svizzera, Olanda, Belgio, Lussemburgo e Spagna. 

Purtroppo l’eutanasia in Italia è un beneficio di cui possono godere in pochi, proprio per via dei costi che deve sostenere il malato per affrontare l’ultimo e faticoso viaggio all’estero.  Inoltre, chi accompagna il malato, rischia sino a 12 anni di carcere per una legge del 1930 che, con l’art. 580, punisce l’istigazione o l’aiuto al suicidio.

Negli anni questi due argomenti hanno fatto discutere moltissimo.

In merito ai trattamenti relativi al fine vita, grazie anche al testamento biologico, molto è cambiato; ma siamo ancora lontani dall’ottenere una legge che permetta l’eutanasia, nonostante la discussione in corso in Parlamento. In merito alla cannabis invece, nonostante le tante proposte, siamo fermi alla legge 309/90. Nessuna nuova legge ha limitato la persecuzione degli estimatori di cannabis, e l’unica grande conquista ottenuta dagli antiproibizionisti è stato il passaggio di questa sostanza dalla tabella I alla II degli stupefacenti vietati.

Col Governo Meloni, il più “a destra” della Repubblica Italiana, non sarà facile arrivare a quelle riforme che, per logica e volere democratico, dovevano già essere effettuate molto tempo fa.

A noi non resta che mantenere uno spirito critico e perseverare nelle azioni, col fine di cambiare in meglio le nostre vite e quelle delle generazioni future.

Un medico stringe la mano ad un paziente ammalato



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