Esempio, costanza e allenamento: a scuola di skills alla “Street Arts Academy” di Musteeno
Il consiglio di Kool Herc è che i giovanissimi dotati di skills seguano innanzitutto i genitori e le persone che hanno intorno. Perché il primo valore deve essere quello dell’esempio, che fa più di mille parole, seguito dal duro allenamento. E per trasmettere questi concetti vitali alle giovani generazioni di rapper che Musteeno aka Mastino ha deciso di creare, dopo anni di esperienza e progetti portati avanti con scuole ed associazioni, la sua “Street Arts Academy”. Una palestra per giovani che hanno e coltivano il proprio talento, dove la cosa più difficile è proprio far capire loro che, senza la fatica e il sacrificio, non si arriva da nessuna parte. A parte i raccomandati, che però durano poco. Il tentativo è quello di inserirli in una tradizione dopo aver raccontato loro come ha avuto inizio, per fare in modo che ne diventino testimoni a loro volta. Un progetto rivoluzionario sia per i risvolti educativi che può avere per i ragazzi, coinvolgendoli in qualcosa di duraturo, sia per la nuova linfa che può portare alla scena. Siamo andati a trovarlo per farci raccontare meglio come funzioni e cosa ha in serbo, musicalmente, per il futuro.
Com’è nato il progetto dell’Academy?
E’ da circa una decina d’anni che mi occupo di laboratori per ragazzi fatti con la musica. E’ una cosa che ho iniziato a fare a Bologna grazie a Comunicazioni Visive, un’azienda di due miei amici. Mi avevano proposto di andare in una classe di obbligo formativo composta da studenti cosiddetti “difficili” per girare il video di una mia canzone. Siccome non mi piaceva per niente l’idea di andare lì a fare la superstar ho fatto la mia controproposta: provo a parlare con i ragazzi di quello che faccio e se a loro la cosa prende bene, li aiuto a scrivere un testo di loro pugno, dandogli una mano per metterlo a punto e andarlo a registrare. Lo scopo era quello di girare il video della loro canzone insieme a me. Per il beat devo ringraziare il buon Shablo.
E com’è andata?
Ha funzionato. L’idea è piaciuta molto e avuto un ottimo riscontro sia nel mondo della musica che in quello educativo. Del progetto parlarono radio e giornali locali e nazionali. A me quell’esperienza ha di fatto dischiuso un mondo perché fino ad allora mi era capitato di relazionarmi con giovani promesse del rap solo in maniera sporadica, senza essere concentrato su un progetto a lungo termine; al massimo ci si beccava in piazza coi ragazzi e gli davo qualche dritta per migliorare il loro approccio al fatto Mcing.
Invece questa ha avuto un seguito?
Dopo essere tornato da Bologna – dove sono rimasto 10 anni – mi è stato proposto di rifarlo in altri contesti e l’idea ha attecchito. Quando sono tornato al paesiello ho visto molti ragazzi che si cimentavano in questa cosa ho deciso di mettere a disposizione la mia esperienza per vedere dove si poteva arrivare. Negli anni successivi ho conosciuto Gabriele ed Andrea che sono due educatori professionisti che mi hanno coinvolto in molti progetti. Finché un giorno, tra una chiacchierata e l’altra mi hanno suggerito di dare una struttura a quello che stavo facendo. Li ho presi fin troppo sul serio ed ho iniziato a studiare per poterlo fare.
E così nasce Street Arts Academy?
Sì. Per dare un “corpo” reale al mio lavoro, unito a quello di tante altre persone e per proporre meglio il progetto e a più persone possibili. Ora sto vagliando le mille strade burocratiche che porterrano alla veste ufficiale.
Qual è l’idea di fondo?
Innanzitutto rendere i partecipanti maggiormente consapevoli delle cose che stanno facendo e farli crescere come individui. Da un punto di vista artistico possono migliorare le loro capacità e continuare il proprio percorso in maniera autonoma. In più puntiamo a rendere i ragazzi dei tecnici a loro volta, in grado di imbastire progetti seri con delle credenziali importanti sia sul fronte artistico che su quello educativo. E cerchiamo di farlo in maniera sistematica valorizzando le capacità degli allievi più promettenti e cercando di tutelarli e consigliarli nell’attività lavorativa. Un percorso concreto a tappe che costringe anche me a studiare soluzioni e pormi nuovi traguardi.
Come funziona nel concreto?
Un laboratorio di Street Arts Academy non può innanzitutto prescindere dai cenni storici. Può essere un incontro one-shot in cui devi stringare tutto in 2 ore come una serie di incontri. Comunque parto sempre da come è nato tutto, facendo dei nomi e spiegando almeno le basi, se non si parte da lì non sta poi in piedi tutto il discorso. L’obiettivo finale che mi pongo io infatti è quello di inserire delle persone che credono in questa cosa all’interno di una tradizione che è prima quella italiana e poi quella mondiale. Per fare questo bisogna prima farsi un’idea del contesto nel quale si opera. Dopo aver imbastito un quadro, che invito sempre ad approfondire con la ricerca personale, cerco di capire dai ragazzi cosa si aspettano di ottenere e quali sono le cose che vorrebbero aver ben chiare una volta usciti da quella stanza. Un tecnico deve essere in grado di fare una panoramica che sia la più ampia possibile, su tutte le cose che mi vengono chieste. Se faccio un laboratorio di MCing ti devo far vedere come funziona la scrittura, come il freestyle, la registrazione, la performance dal vivo e tutte le sfumature della materia della quale ci si occupa. Io stesso non le conosco tutte in maniera approfondita, ma studio, cerco di imparare e migliorarmi per poi trasmettere queste cose. Diciamo che un percorso ideale nel quale ci si possono porre degli obiettivi realistici, come quello che sto tenendo in questi mesi a Quarto Oggiaro, è composto da una serie di 10 incontri di 2 ore ciascuno in un’aula di liceo che è stata allestita a sala prove.
E qual è la conclusione di questo percorso?
Prendere i ragazzi che hanno il talento necessario e che riescono a coltivarlo e metterli su un palco, realizzare dei prodotti e farli camminare con le loro gambe, creando o trovando degli spazi in apertura di concerti, organizzando appuntamenti e motiplicando le occasioni di scambio. Questa è la prova nei fatti di quello che dico: se in dieci incontri lavoriamo sul tuo live perché quando agganci un extrabeat nessun capisce una parola di ciò che dici, dopo che ti ho fatto una testa così per scandire, limare, aggiustare, trovare la pulizia, poi arriva il giorno in cui ai live cominciano ad applaudirti non solo i tuoi amici stretti. E’ così che inizi anche tu a capire le differenze.
Che consigli dai riguardo alla scrittura?
Il primo in assoluto è: abbiate qualcosa da dire. E’ un invito a uscire di casa, vivere, innamorarsi, piangere, incazzarsi per conoscere se stessi, le persone e le cose che ci circondano e interpretarne le relazioni attraverso i sentimenti e le sensazioni che si provano. Di base il nostro lavoro è mettere nell’inchiostro la vita. A tutti coloro che fanno freestyle da soli davanti allo specchio in cameretta – che tra l’altro è un mio limite perché io non sono mai riuscito nella vita a cantare in freestyle da solo – dico: benissimo! Ma portate questa roba qua fuori dalle vostre mutande perché è solo insieme agli altri che potete avere il polso della situazione, moltiplicarne le potenzialità ed ottenere un feedback che vi faccia crescere. Se no rimane tutto nella vostra testa.
Con che tipo di realtà ti trovi ad aver a che fare?
Spesso mi capita di relazionarmi con ragazzi che hanno acquisito informazioni solo in tv. Io con questa realtà mi ci scontro quotidianamente. Ma mi ci devo confrontare senza creare un muro per trasmettere la testimonianza del fatto che con le proprie capacità si possono raggiungere degli obiettivi e modificare la realtà circostante. Ed è la cosa più difficile perché viviamo nell’epoca del disimpegno dove non c’è capacità di filtrare i messaggi. Si assorbono molto velocemente le informazioni ma senza preoccuparsi di valutarle. Avere tutto e subito è solo un illusione ma è difficile abbattere una prassi e un modo di pensare dominante. Io ci ho messo un sacco di anni per impararlo sulla mia pelle e credo sia anche per questo che posso essere testimone per i ragazzi.
Quanto conta il valore dell’esempio?
E’ il perno che regge tutto il discorso della tradizione e della trasmissione della stessa. Devo far passare ai ragazzi il fatto che bisogna farsi un mazzo così perché le robe non cadono dal cielo e in più non siamo esattamente nati tra i privilegiati; l’unica cosa sulla quale si può contare sono le proprie capacità e il fatto di imparare e farle crescere, perché è una cosa che non può portarti via nessuno. Per rendere l’idea devo fargliela vedere davanti agli occhi; io per primo non posso permettermi di perdere del tempo, a maggior ragione coi miei due pargoli che mi richiamano alle mie responsabilità: è prima di tutto disciplina che non c’entra con quella scolastica, ma è quella che tu ti dai. Allenamento, recupero, altro allenamento.
Hai un disco in cantiere?
Altro che uno. Non sto lavorando ad un disco ufficiale mio come è stato Ipnosi Collettiva, ma ho una serie di progetti in chiusura come un ep con FFiume aka StrettoBlaster, produttore calabrese, che rientra in una quadrilogia dove ogni ep è fatto con un produttore diverso e rappresenta una delle quattro discipline associate ad un elemento naturale. Ogni disco sarà scritto con uno stile differente per adattarsi al concetto e saranno il fuoco legato all’MCing con testi di puro intrattenimento o battle rime, poi con Herrera farò l’acqua legata al Djing. Il Bboying con Agly legato alla terra e l’Aria per il Writing scritto in maniera immaginifica. E’ una mia visione personale della cosa, che mi piace chiamare “The Four Elements Chapter”. Ho in cantiere anche un progetto in combo con Ffiume anche nei fatti di rap e featuring vari sparsi su alcuni progetti validi come “The English Session” di EncephaloFunk e “BEAT 3” di Latobesodellafazenda, che sono entrambi già in giro.
Progetti tuoi? Ho visto che hai suonato con Alien Army…
Sì e sul palco è salito anche Dusted che è un mio allievo, un ragazzo capace di 19 anni che condivide con me spesso il palco e appartiene alla crew saronnese Ombra dello Zenit. Poi, siccome secondo me l’idea del cerchio è la base di quello che facciamo, ho dato vita ad un’iniziativa partita quasi per caso nella Piazza Rossa di Saronno, dove mi beccavo con i miei compari da ragazzino. Mi son svegliato un giorno e ho dato un appuntamento a chiunque volesse venire in strada con lo stereo della macchina a fare le rime. Aperto a chiunque, l’MCing nel suo elemento naturale. E’ da un anno e mezzo che lo “Street Corner Rap Cypher” va avanti tutti i mesi una volta al mese con punte di 200 persone di cui 50 in cerchio che si scambiano rime e strofe. Questa cosa l’ho portata prima nelle scuole col nome di “School Yard Rap Cypher” e infine mi sono inventato il “Live Set Rap Cypher”. Io chiamo un dj che passa beat fino alla morte e altri tre MCs oltre a me con gli stili più diversi e viene fuori una cosa semi improvvisata sul palco, con un cenno d’intesa per passarsi la parola. E’ bello sperimentare la creazione di un’alchimia spontanea. Per ora mi hanno offerto la collaborazione artisti del calibro di BlodiB, Hyst, Porno, Argentovivo, Kiave, Paura, Kabo, Dj Rash, Dj Agly e EasyOne.
Qual è lo spirito?
Di base l’idea è cercare di partire dal grado zero di quello che facciamo. Una persona che ha qualcosa da dire che si confronta con altre persone che hanno qualcosa da dire. Cercando di dirlo sempre meglio e ancora meglio. Questo è quello che mi interessa. E partendo da qui poi si possono fare tutti i pipponi sulla tecnica, sulla metrica e sulla forma migliore per esprimere dei concetti. Ma se non ho niente da dire sto zitto e poi quando ce l’ho la dico.
Come hai fatto sul palco al Leoncavallo il 6 dicembre?
Minchia se ne avevo da dire lì. Un’atmosfera esagerata che è la realizzazione in grande di quello che ho spiegato fino ad ora. Una tradizione dove ognuno dei componenti aveva qualcosa da dire e ha cercato di farlo nel miglior modo possibile. Io ho sfoderato quel pezzo perché volevo arrivare lì e lasciare un segno. E’ stata la festa di quello che sto facendo da 20 anni, dovevo spegnerle tutte le candeline, non potevo lasciarne qualcuna accesa. Quindi ho portato il napalm l’ho buttato sulle candeline e ho visto l’effetto che faceva.
Hai un messaggio per i nostri lettori?
Invito chiunque ad andarsi a cercare le robe e supportare le cose che vi piacciono. Fatevi la vostra collezione, in qualche modo, che sia di dischi, di spray, di stencil, vinili, magliette o quello che vi pare. Date una base alle cose che vi piacciono ma non per semplice feticismo e anche se scaricare le cose e ascoltarsele è un’opportunità – lo faccio anch’io – è anche giusto supportare le cose che vi piacciono e fruirne nel modo in cui sono state concepite in originale. Se ho una pianta e le do l’acqua che chiede, le cure giuste, la luce corretta e il concime adatto, i suoi fiori saranno più gustosi. No?
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Mario Catania (@Rioma82)