L’industria della canapa si scaglia contro gli errori della Commissione europea sul CBD
Nel dicembre 2020 la Commissione Europea ha comunicato che il CBD poteva essere qualificato come alimento, ma da allora non sembrano esserci stati passi avanti. L’industria della cannabis si muove quindi contro gli errori e la stagnazione della Commissione Europea. Ecco la situazione attuale e le dichiarazioni, condivise su Businesscan, dei portavoce delle realtà coinvolte.
COMMISSIONE EUROPEA E INCB CONTRO IL CBD
Nonostante un primo apparente passo avanti della Commissione Europea verso il CBD e le sue applicazioni nel settore alimentare, la situazione attuale non sembra solo essere stagnante, ma sembra addirittura portare verso un cambio di rotta.
Al momento, infatti, numerosi progetti legati al CBD sintetico sono in fase di convalida e valutazione del rischio da parte dell’Autorità Europea per la sicurezza alimentare ed è proprio la mancanza di progressi delle oltre 130 applicazioni che preoccupa alcuni attori del settore, convinti che la Commissione Europea stia per intraprendere una dannosa inversione di tendenza sullo stato del CBD. Emblematica la situazione oltremanica, dove nel Regno Unito tre quarti delle domande legate ai prodotti Novel Food a base di CBD sono già state rifiutate.
Ad alimentare le preoccupazioni e il crescente pessimismo nel settore anche le interferenze dell’International Narcotics Control Board (INCB), che sembrano spingere affinché il CBD rimanga esclusivamente all’interno del settore medico, togliendo enormi possibilità all’industria alimentare e chiudendo l’Europa a un mercato il cui valore è attualmente stimato intorno al miliardo di sterline.
Da non dimenticare le giravolte che la Commissione europea ha già fatto sull’argomento: era il settembre del 2020 quando la Commissione diede il proprio parere preliminare dicendo che c’era la possibilità che il CBD sarebbe stato considerato uno stupefacente. Di lì a poco, in Italia, unicum a livello mondiale, sarebbe arrivato il decreto che inseriva il CBD tra gli stupefacenti. L’alzata di scudi in Italia ha portato il ministero della Salute a sospendere il decreto senza mai ritiralo, e anche le proteste europee avevano portato la Commissione a fare un passo indietro: nel dicembre 2020 infatti, dopo la sentenza della Corte europea, La Commissione aveva comunicato che il CBD può essere qualificato come alimento.
L’INTERVENTO E I COMMENTI DELL’INDUSTRIA DELLA CANNABIS
In questo contesto, figure di spicco dell’industria alimentare e del CBD si sono nuovamente rivolte sia alla Commissione Europea che all’INCB chiedendo di considerare con attenzione le numerose prove mediche e scientifiche sulla sicurezza del CBD — già presentate all’Organizzazione Mondiale della Sanità — e di scartare l’idea di considerarlo al pari dei narcotici.
“Se le considerazioni dell’INCB diventassero legge, sarebbe un altro duro colpo per il mercato del CBD”, ha affermato Jürgen Neumeyer, amministratore delegato della German Cannabis Industry Association (BvCW). “Tutte le considerazioni per l’ulteriore manipolazione della cannabis e dei suoi estratti non dovrebbero essere basate su criteri ideologici, ma su criteri scientifici. A tal fine, l’OMS, con molti scienziati coinvolti, ha presentato nel corso degli anni criteri sufficienti e validi. Tutti gli organismi internazionali e l’UE dovrebbero essere guidati da questi risultati scientifici e non cercare di creare ulteriori ostacoli contro le sostanze innocue, come il CBD”.
“Le possibilità che venga intrapresa la strada proposta dall’INCB sono pochissime, perché questa va contro il diritto internazionale”, ha aggiunto Benjamin-Alexandre Jeanroy, di Augur Associates, società di consulenza sulla cannabis con sede a Parigi. “Se, tuttavia, la Comunità Europea decidesse di persistere su questa strada, possiamo aspettarci un altro paio di anni di limbo normativo e un processo lungo e costoso, come nel caso KanaVape. Non dimentichiamo, inoltre, che l’INCB è un’istituzione morente in costante ricerca di legittimità”.
Della stessa corrente di pensiero è anche Peter Reynolds, direttore del gruppo commerciale Cannabis Professionals: “Il CBD è già stato valutato positivamente dall’OMS. Dall’INCB stanno quindi fondamentalmente cercando di giustificare la loro esistenza, una tendenza comune nella riforma della politica sulla droga, dove le burocrazie proibizioniste lottano per rimanere rilevanti nel nostro mondo in evoluzione”. Tuttavia, ha aggiunto: “Penso che, sia nell’UE che nel Regno Unito, il futuro del mercato del CBD sia assicurato dalla domanda dei consumatori. L’esperienza di milioni di consumatori dimostra che è sicuro ed efficace, indipendentemente dagli allarmismi assurdi e dalle preoccupazioni inventate dagli enti regolatori. Proprio come la domanda di cannabis da parte dei consumatori ha completamente sconfitto gli sforzi dei governi e delle forze dell’ordine di tutto il mondo, l’idea che il mercato del CBD sarà chiuso o sarà riservato esclusivamente alle grandi imprese è una fantasia burocratica”.
La risposta, che sarà inserita nella bozza finale della controversa Cannabis Initiative dell’INCB, dovrebbe essere pubblicata nelle prossime settimane. Il documento sarà poi presentato alla Commissione sugli stupefacenti (CND) prima di essere presentato formalmente alla CND per l’approvazione il prossimo marzo.
CBD NELL’INDUSTRIA ALIMENTARE: LA SITUAZIONE ATTUALE E I PRECEDENTI
Come affermato anche da Reynolds, il futuro del mercato del CBD sarà assicurato dalla domanda dei consumatori e lo conferma anche l’elevata richiesta di prodotti CBD a spettro completo sulle numerose piattaforme di vendita online.
Ci sono inoltre dei precedenti, come quelli ricordati da Kai-Friedrich Niermann, noto avvocato tedesco della cannabis, che ha dichiarato: “La Commissione Europea non ha altra possibilità che accettare i risultati della sentenza della Corte di giustizia europea nel caso Kanavape, in quanto si tratta di un cosiddetto precedente. E la Germania, dopo la depenalizzazione e la legalizzazione della Cannabis, non accetterebbe alcuna definizione degli estratti di canapa come narcotici”.
di Martina Sgorlon
Fonte: canapaindustriale.it