Erri De Luca, lo scrittore che ha difeso il diritto al dissenso
Non ha bisogno di presentazioni Erri de Luca, famoso giornalista napoletano nonché scrittore e poeta, un uomo dall’aspetto pacato che utilizza un linguaggio semplice ma denso di significato. Costantemente impegnato nel sociale, al punto che durante il conflitto nella ex-Jugoslavia è stato autista di convogli umanitari, ha trovato nelle parole che sceglie con cura la sua arma migliore. Inoltre ha studiato varie lingue da autodidatta, tra le quali l’yiddish e l’ebraico antico, grazie al quale ha tradotto personalmente alcuni testi della Bibbia.
Dall’animo ribelle e rivoluzionario, è diventato il simbolo della lotta contro la TAV (linea ferroviaria ad alta velocità che dovrebbe collegare Torino e Lione): processato con l’accusa di reato d’opinione a causa di alcune sue affermazioni totalmente contrarie a quest’opera inutile e costosissima che incitavano al sabotaggio, ha lottato per la libertà di opinione e di espressione di tutti. Con una saggezza ed una semplicità disarmanti Erri ci ricorda che in Italia, oggi come nel medioevo, è ancora possibile essere puniti per un’idea diversa, ma la forza e la determinazione nell’affermazione delle proprie libertà e dei propri pensieri può essere, e deve essere, l’unica strada da percorrere. Ed inoltre afferma che nonostante l’evoluzione dell’uomo in questi decenni si è mostrato il peggioramento di alcuni diritti a discapito del reale progresso.
È stato processato per un’opinione espressa sulla TAV. Qual è il limite tra il non essere d’accordo, anche con l’operato del proprio Stato e l’essere invece considerato un eversore?
Più di una opinione era e resta la mia convinzione a fianco di una comunità in lotta da oltre venti anni. Eversore è chi condanna dei cittadini alla tossicità di aria, acqua, suolo, chi li vuole ridurre a sudditi di un feudatario.
Qual è il limite della libertà di espressione per uno scrittore? E quali i limiti che lei si pone?
I limiti alla libertà di espressione sono fissati dalla legge che proibisce la diffamazione e la calunnia verso le persone fisiche.
È diventato il simbolo della battaglia a favore del diritto al dissenso, in questi anni è cambiata la situazione o esprimere le proprie opinioni è ancora un atto sovversivo piuttosto che un diritto?
Esprimere opinioni favorevoli e servizievoli al governo di turno è sempre gradito. La parola contraria invece è malvista e censurata da una informazione che fa da ufficio stampa dei ministeri.
Qualche anno fa ha detto che l’antagonismo è la forza viva della società… Lo pensa ancora oggi?
I cambiamenti di una società sono portati avanti da minoranze. Noi celebriamo con orgoglio la lotta partigiana che fu costituita da poche decine di migliaia di persone. L’antagonismo non è uno sport, è una necessità di critica e di democrazia dal basso.
Quale consiglio darebbe ad un giovane ribelle che vuole imparare a pensare con la propria testa?
Non dispenso consigli, spesso non richiesti. Per difendersi meglio dalle falsificazioni il mio antidoto sono stati i libri. Chi ne legge molti si ritrova un vocabolario robusto che resiste alle infezioni delle menzogne pubbliche.
Secondo lei si è ribelli di natura o lo si diventa sposando una causa?
Non ho conosciuto ribelli di natura.
“Siamo una società senza bussola” che vede le tragedie, i cambiamenti climatici, i disastri politici come dati di fatto e questo ci rende precari e per niente reattivi, a differenza della sua generazione che era invece molto impegnata nella resistenza e nel reagire ai soprusi e alle ingiustizie dello stato. Cosa è successo ad un certo punto?
Noi eravamo molti, una generazione addirittura “eccedente” secondo Pasolini. Eravamo i nati del dopoguerra, la folta ricrescita dopo i vuoti della guerra e anche la prima gioventù acculturata a livello di massa. La combinazione dei due fattori è stata esplosiva. La gioventù di oggi è numericamente poca in un paese anziano, ne subisce perciò i comportamenti, le opinioni, insomma la supremazia degli adulti.
In “La parola contraria” spiega che i No TAV sono mossi da una sorta di sete di giustizia e diritti. Ma che cos’è la giustizia? E come si smonta il concetto che passa sui media mainstream che si tratti semplicemente di un gruppo di violenti che interferisce con un’opera strategica?
La informazione sul TAV è al servizio dell’opera, a libro paga o per sudditanza. Giustizia è prima di tutto un sentimento, il primo che sorge indipendente in un bambino: la sua prima obiezione ai genitori è: non è giusto. Nel caso della Valle di Susa giusta è una lotta di legittima difesa della propria salute contro un’aggressione micidiale.
In 150 anni in Italia non c’è mai stata una vera alternanza politica tra destra e sinistra voluta dagli elettori, da noi governano solo le “grandi ammucchiate”, senza i controlli reciproci che deriverebbero da una normale dialettica democratica. Pensa che succederà la stessa cosa anche nelle prossime elezioni con una coalizione o un governo di “responsabilità”? E come vede il futuro del nostro Paese?
Succederà peggio nelle prossime elezioni perché i candidati da votare sono indicati dalle segreterie dei partiti e non dalla libera scelta degli elettori. Già questo parlamento ha registrato il cambio di schieramento di un terzo degli eletti, secondo convenienze.
Negli ultimi 200 anni la civiltà umana ha avuto un progresso straordinario: sono migliorate le condizioni di salute, siamo più istruiti, viviamo più a lungo e registriamo soglie minime di povertà. Nonostante tutto la percezione che abbiamo del mondo e totalmente opposta, probabilmente anche a causa dei media che non ci informano a dovere. Lei che percezione ha del mondo odierno? E quale potrebbe essere l’antidoto contro la cattiva informazione?
Ci sono dei miglioramenti di prodotti vari e peggioramenti di diritti vari. Siamo contemporanei nel Mediterraneo del maggior numero di naufragi della sua storia. Ho smesso di usare la parola progresso.
Siamo una rivista antiproibizionista e da sempre facciamo informazione inerente alla cannabis poiché crediamo che sia una pianta dalle grandi potenzialità ingiustamente criminalizzata. Nonostante i grandi passi avanti, anche grazie alle pressioni antiproibizioniste, il governo ha sempre cercato nel tempo di affossare, riuscendoci, le proposte fatte in favore della legalizzazione. Secondo lei riusciremo ad uscire da questo circolo vizioso?
Il proibizionismo fa prosperare il mercato nero, nella cannabis come nel trasporto di migranti. Il proibizionismo è la manna degli spacciatori. Ci vorrà tutt’ un altro personale politico per introdurre la ragione.
L’alpinismo e l’arrampicata sicuramente sono le sue grandi passioni, cosa la affascina di più della montagna?
In montagna visito una bellezza isolata, povera di presenza nostra. Non è un posto per noi, non è un parco giochi, non siamo invitati. Siamo intrusi: questo sentimento mi fa bene e mi fa comportare meglio, con maggiore rispetto. Il rispetto proviene anche dalla soggezione.
Ha scritto: “Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca. Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle”. Qual è la sua visione della vita?
Alla mia età odierna, coincide con il giorno per giorno. Ogni volta che segno sul calendario la data di un incontro, di un appuntamento futuro, mi scappa un sorriso di scherno per la mia presuntuosa prenotazione del seguito.