Terapeutica

Emergenza Coronavirus: il rischio per i pazienti è di rimanere senza cannabis

Emergenza Coronavirus: il rischio per i pazienti è di rimanere senza cannabis
Nell’emergenza Coronavirus c’è anche l’emergenza cannabis, che si ripercuoterà sui pazienti se le istituzioni non prenderanno provvedimenti. La carenza di cannabis che si verifica oggi nel nostro paese rischia di diventare davvero problematica, anche perché dipendiamo largamente dall’importazione dall’estero, mentre le consegne alle farmacie stanno subendo ritardi e l’emergenza sanitaria si riflette anche sui pazienti che usano cannabis per diversi motivi.

Secondo il dottor Lorenzo Calvi, anestesista, rianimatore e fitoterapeuta, tra i medici più esperti in Italia sulla cannabis, bisogna fare qualcosa e farlo presto. “In questo momento complicato ci stanno andando di mezzo tutti i pazienti e quelli che usano la cannabis anche di più, perché passano sempre in secondo piano, ma se l’emergenza durerà ancora, la situazione diventerà davvero difficile”. Per il medico i problemi principali sono 3: il rischio dell’interruzione delle forniture con la carenza che si è già fatta sentire a inizio 2020, il fatto che per gli stupefacenti non è possibile fare la ricetta elettronica e quindi i pazienti devono potersi recare dal medico che la prescrive loro – che sia quello di base o uno specialista ospedaliero – e poi l’impossibilità di fare le analisi sugli oli, come previsto dalla legge, anche perché le Università sono chiuse e i tecnici di laboratorio sono a casa.

Riguardo la fornitura il primo problema deriva dal fatto che, per la cannabis medica siamo in larga parte dipendenti dalle importazioni. Ad oggi molti paesi esteri hanno chiuso i confini alle persone, che rimangono aperti per il passaggio delle merci, ma se la situazione dovesse cambiare, non siamo autosufficienti. Nel 2020 in Italia sarà distribuita più di una tonnellata di cannabis, a fronte di un fabbisogno di 2, ma noi ne produrremo solo dai 150 ai 300 chili. E anche se le importazioni dall’estero dovessero continuare ad arrivare, il problema delle consegne può essere anche interno: sia per i distributori, sia per le Asl e le farmacie. In più l’inizio del 2020 non è stato roseo: sono saltati i rifornimenti di novembre, dicembre e gennaio e quello di febbraio non potrà bastare a lungo. Anche se ad oggi i distributori di cannabis assicurano che la situazione è tranquilla e ci sarà un’altra fornitura a fine mese.

Inoltre, come spesso succede, in diverse zone d’Italia c’è carenza di alcune varietà di cannabis, che non sono interscambiabili per loro perché vengono utilizzate per patologie differenti. “E’ già capitato che alcuni corrieri non abbiano fatto delle consegne a causa dell’emergenza Coronavirus, o per tensioni sindacali o per astensione volontaria dal lavoro”, sottolinea il dottor Marco Ternelli, farmacista che da anni dispensa cannabis medica. “C’è già una carenza a macchia di leopardo, noi abbiamo avuto dei rifornimenti di recente dopo una lunga attesa, ma c’è bisogno che continuino e che i medici vadano avanti a fare le ricette. Per la maggior parte dei farmaci i medici oggi emettono una sorta di ricetta elettronica, che però non è possibile fare per gli stupefacenti, quindi i pazienti si devono poter recare fisicamente negli ambulatori o negli ospedali per avere la ricetta cartacea ed aver garantita la continuità terapeutica”. Il dottor Calvi su questo punto specifica che: “E’ vero che l’AIFA ha fatto un comunicato sottolineando che i piani terapeutici vanno prorogati, però il paziente deve comunque spostarsi, trovare il medico a disposizione e recarsi in farmacia”. Il riferimento è al fatto che l’AIFA, in questo periodo di emergenza, ha diffuso un comunicato spiegando che tutti i piani terapeutici chescadono a marzo o ad aprile, saranno automaticamente rinnovati per 90 giorni.

E qui arriviamo al terzo problema. “Nel caso in cui ad un paziente fosse stato prescritto l’olio, anche ammesso che il paziente abbia la ricetta e la farmacia abbia la cannabis necessaria per prepararlo, non può consegnarlo perché il decreto Lorenzin prevede che debba essere effettuata un’analisi, che ad oggi non fa quasi nessuno perché le università sono chiuse”. La soluzione, per il dottor Calvi, sarebbe quella di abrogare parti del decreto Lorenzin del 2015, “Per eliminare l’analisi obbligatoria sugli oli perché non ha senso in sé, ci si affida a dei professionisti come i farmacisti e la garanzia è proprio la loro professionalità. E poi intervenire anche su altri due punti: eliminare il divieto per chi assume cannabis di guidare per 24 ore e togliere il monopolio allo Stabilimento di Firenze, previsto sempre nel decreto, per aprire finalmente alla produzione da parte dei privati e renderci autosufficienti. Potremmo anche farlo ora in modo da mettere in moto una nuova economia che potrebbe essere molto utile in questo momento. E poi prevedere la dispensazione gratuita a livello nazionale. Sono regole che già avevano poco senso prima e in un momento d’emergenza perdono completamente di significato”.

Intanto i pazienti sono in attesa degli sviluppi. “Noi siamo stati tra i fortunati perché prima che scoppiasse l’emergenza, eravamo riusciti ad avere la terapia”, racconta Valentina Zuppardo, fondatrice di InfioreScienza insieme al marito Mirko Figoli. “Ad oggi non abbiamo ancora ricevuto segnalazioni dai pazienti ma credo ci saranno dei problemi, non sappiamo come gli ospedali riusciranno a gestirli e vedremo come si svilupperà la situazione, nelle farmacie private ad oggi c’è un po’ di carenza ma per ora senza problemi particolari. Speriamo che il sistema tenga”.

E intanto l’associazione Pazienti Cannabis Medica Italia, nel tentativo di scongiurare i problemi a cui rischiano di andare incontro, ha lanciato una petizione su Change.org.

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