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Elogio del fiore di canapa

I fiori di canapa sono lo strumento che la pianta di cannabis utilizza per sopravvivere e il succo della meraviglia che questa pianta è in grado di produrre per noi, per il nostro bene

Macro detail of Cannabis flower (sour diesel strain) isolated over black background, medical marijuana conceptNon tutte le piante fanno un fiore. Nel regno vegetale le piante si sono sviluppate in migliaia di anni mettendo a punto le strategie più disparate per poter sopravvivere e riprodursi, senza potersi muovere.

E la creazione del fiore, comune a circa l’80/90% delle piante del nostro pianeta, è l’apice di questa strategia. Il fiore è infatti fondamentale per la riproduzione delle piante angiosperme (le piante da fiore, appunto) perché contiene gli organi riproduttivi, sia maschili che femminili, e svolge un ruolo chiave nella produzione dei semi, che daranno origine a nuove piante.

In sostanza, il fiore – nella canapa così come nella altre piante che fioriscono – è essenziale per assicurare la riproduzione sessuale, la diversità genetica e la propagazione delle piante.

E quindi, le cime di canapa tanto ambite dagli uomini per gli utilizzi più disparati, sono quelle che hanno permesso alla pianta più bistratta della storia di sopravvivere nel tempo, compreso il secolo e più di persecuzione del quale siamo testimoni.

Almeno fino ad oggi, visto che con un provvedimento che rappresenta un unicum a livello mondiale, il governo italiano vuole trasformare il fiore di canapa in un prodotto fuori legge, formalmente per abbattere il settore della cannabis light, ma con l’implicazione di far diventare illegale tutta la filiera della canapa industriale italiana, anche dei prodotti completamente legali come quelli cosmetici o per la bioedilizia.

Quello che forse è sfuggito al solerte ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, il cognato della premier che in due anni di governo ha infilato più gaffe che provvedimenti sensati, è che tutte le piante di canapa, indipendentemente dall’uso che noi vogliamo farne, fanno un fiore. Lo fanno per la propria sopravvivenza, e perché la natura, che ha le sue regole ben precise, si è sviluppata così.

E quindi il provvedimento inserito e approvato nel ddl Sicurezza, che deve ancora entrare in vigore, non è solo antiscientifico e contro natura, è proprio senza senso.

Elogio del fiore di canapaL’idea di dichiarare illegale il fiore di canapa per stroncare il settore della cannabis light, equivale a dichiarare illegali le automobili per evitare che ci siano incidenti. Non solo, è come tagliare definitivamente le gambe ad aziende, imprenditori e in generale al settore italiano nella corsa globale, attualmente in atto, nello sviluppare le filiere che dipendono dal fiore, che sono tante e soprattutto economicamente vantaggiose. 

«Quando analizzo un’infiorescenza o un estratto di cannabis nel mio laboratorio sono preso da sentimenti contrastanti di rabbia e meraviglia. Rabbia perché molti dei composti chimici contenuti nell’estratto rimangono “unknown” e, nonostante mille sforzi, non si riesce a capirne la struttura, la formula chimica. Meraviglia perché ancora c’è tanto da scoprire e i tesori farmaceutici della cannabis non sono ancora stati completamente svelati. Quindi i quesiti che nascono spontanei sono: che attività farmacologica avranno? Saranno importanti dal punto di vista terapeutico?». Sono le parole di Giuseppe Cannazza, professore di chimica presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, già consulente dell’Oms, protagonista insieme al suo gruppo di ricerca della scoperta di nuovi cannabinoidi che hanno aperto nuovi squarci a livello globale sullo studio della cannabis e delle sue proprietà mediche, in un articolo pubblicato su Cannabisterapeutica.info.

«In realtà», evidenzia Cannazza, «ogni singolo tricoma ghiandolare è uno scrigno contenente preziosissimi composti chimici farmaceutici (le strutture chimiche di molti dei quali sono ancora oggi sconosciute, tutte ancora da scoprire) che la cannabis biosintetizza. Non parliamo quindi solo dei grandi classici, fitocannabinoidi come per esempio CBD, THC e CBG dei quali si conosce la struttura e molte delle loro proprietà biologiche, ma di tanti, tanti altri di cui non è nota né la struttura chimica né la farmacologia».

Ma com’è possibile che, ciò che da un professore stimato a livello internazionale viene considerato come una risorsa incredibile, venga dichiarato illegale da un ministro che non conosce la materia, e nemmeno le conseguenze nefaste del provvedimento che vuole promuovere? Soprattutto alla luce del fatto che, come sostiene sempre Cannazza: «Come si intuisce ancora tanto c’è da scoprire e tanti tesori farmaceutici sono nascosti nello scrigno dell’infiorescenza e del tricoma ghiandolare della pianta più studiata e discussa della storia dell’uomo: la cannabis. La ricerca continua».

Le cime della pianta di cannabis sono l’apice delle potenzialità di una pianta che non abbiamo ancora imparato a rispettare, figurarsi ad utilizzare correttamente.

Sono la parte della pianta che contiene i cannabinoidi, i terpeni, gli acidi grassi, i flavonoidi e gli oltre 600 principi attivi che la cannabis è in grado di produrre. Sono i fiori che vengono fumati nella cultura indiana per avvicinarsi al divino, o dagli occidentali per rilassarsi la sera dopo una lunga giornata di lavoro, così come la base che l’industria medica occidentale utilizza per creare farmaci per placare il dolore, migliorare il sonno, ridurre le crisi epilettiche, coadiuvare il trattamento del cancro, della sclerosi multipla, della fibromialgia e altre patologie terribili.

Sono lo strumento che la pianta di cannabis utilizza per sopravvivere e il succo della meraviglia che questa pianta è in grado di produrre per noi, per il nostro bene. 

Solo l’ignoranza e la malafede – posto che quelli con percentuali di THC fuori dalle soglie di legge (lo 0,3% in Europa) sono illegali già oggi in Italia – possono portare a decisioni del genere. Speriamo che nel caso del governo italiano sia stata una scelta dettata dall’ignoranza, perché ci sarebbe ancora il tempo di informarsi e recuperare.

Ma nel caso fosse malafede, c’è poco da fare, se non sostenere le ragioni della scienza, dell’agricoltura e dell’industria, informando chiunque ci capiti a tiro di ciò che sta accadendo, per fare in modo che non accada mai più. 



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