Ecco perché l’abuso di antibiotici sta mettendo a rischio la specie umana
Citando il premio Nobel Joshua Lederberg, la questione è esattamente questa: “Il dominio dell’uomo sulla Terra, a meno del suicidio della nostra specie, è oggi seriamente sfidato solo dai batteri patogeni, per i quali noi siamo la preda, e loro sono i predatori. E non c’è alcuna garanzia che in questa gara evolutiva saremo noi a uscire vincitori”. Un profeta di sventura direte voi? No, non esattamente. Perché la lotta dell’uomo contro i batteri è più che mai in atto, e la cosa peggiore – come vedrete – è che l’uomo da una ventina d’anni a questa parte sta sbagliando tutte le mosse per vincerla.
UNA GUERRA DICHIARATA VINTA TROPPO PRESTO. Era il 1928 quando Alexander Fleming scoprì, per caso, la penicillina. Iniziò così una grande fase di ricerca che permise di mettere a punto decine di antibiotici capaci di rendere innocue infezioni che nelle epoche precedenti provocavano migliaia di morti e vere e proprie epidemie come la peste. Per decenni si è creduto che la guerra dell’uomo contro i batteri e le infezioni fosse ormai da relegare al passato e che con la scoperta ed il perfezionamento degli antibiotici il rischio di epidemie fosse solo un brutto ricordo. Ma oggi i numeri fanno di nuovo paura: i batteri sono tornati a causare 25mila morti ogni anno nella sola Europa. Un allarme vero, tanto che l’UE ha approvato un piano di azione quinquennale per cercare un rimedio.
I NUOVI BATTERI CHE RESISTONO ALLE CURE. Quali sono i motivi di questo nuovo allarme? Innanzitutto sono anni che consumiamo troppi antibiotici, anche quando non servono. Secondo i dati dell’Istituto Superiore della Sanità almeno una prescrizione su cinque è superflua, mentre sempre più allarmante è la quantità di persone che assumono antibiotici senza alcuna prescrizione. Il risultato di questo abuso è che alcuni batteri si sono evoluti in forme resistenti a tutti gli antibiotici in commercio. Tra questi a far paura sono soprattutto la Klebsiella (responsabile di forme acute di polmonite) e l’Escherichia coli. Negli Stati Uniti – dove esistono dati maggiormente accurati – l’incidenza di ricoveri ospedalieri dovuti a infezioni antibiotico-resistenti è aumentata del 359% in 10 anni. Anche in Europa i dati sono sempre più allarmanti, ed in modo particolarmente in Italia e Grecia, dove il tasso di pazienti che resistono ai trattamenti antibiotici è arrivato ad una percentuale compresa tra il 10 e il 25% a fronte dell’1% medio negli altri paesi dell’Unione.
IL PROBLEMA DELL’ABUSO SUGLI ANIMALI. Ma l’abuso in ambito medico non è niente rispetto a quello che viene fatto sugli animali. Negli allevamenti intensivi di bestie da macello c’è un grande utilizzo di antibiotici, che vengono utilizzati per velocizzare la crescita del bestiame e per evitare che si ammalino a causa dello stress generato sugli animali dalle condizioni degli allevamenti intensivi. Cure intensive che quindi vengono fatte per aumentare la produttività e il profitto delle industrie, a danno dei consumatori, visto che questi antibiotici alla fine vengono indirettamente assunti dall’uomo mangiando carne. Per dare un’idea del fenomeno basti pensare che negli Usa si stima che il 76% degli antibiotici sia utilizzato per uso animale ed in Europa (nonostante l’utilizzo per velocizzare la crescita sia vietato) questa percentuale arriva al 70%. In Italia addirittura non si ha alcuna statistica su quanti antibiotici vengano utilizzati per uso animale, un fatto molto grave, che impedisce di monitorare e contrastare il fenomeno.
IL DISINTERESSE DELLE MULTINAZIONALI FARMACEUTICHE. Oltre alla necessità di ridurne i consumi, sia il governo degli Stati Uniti sia la Commissione Europea hanno sottolineato come sia assolutamente urgente la produzione di nuovi antibiotici (capaci di contrastare i batteri resistenti) da parte dell’industria farmaceutica. Ma le multinazionali del farmaco non sembrano essere molto interessate al settore, ed il motivo è semplice: produrre nuovi antibiotici presuppone spese molto onerose per la ricerca ed è considerato poco redditizio. Per questo negli ultimi cinque anni sono stati rilasciati appena due nuovi antibiotici mentre, per esempio, tra il 1980 e il 1990 ne erano stati rilasciati 40. La Società americana per le malattie infettive (Idsa) ha lanciato una campagna per produrre 10 nuovi antibiotici entro il 2020, mentre in Gran Bretagna è stato approvata una collaborazione tra governo, università e aziende per risolvere il problema. Nel frattempo, a noi non resta che evitare di assumere antibiotici anche per il più banale raffreddore e cercare di stare attenti a cosa mangiamo.