Easyjoint: la querelle con la Procura di Parma continua
Dopo l’iniziativa del luglio scorso in cui sequestrarono quasi 650 chilogrammi di infiorescenze ad Easyjoint, per Luca Marola, fondatore dell’azienda, è arrivato anche il divieto di svolgere attività imprenditoriale e commerciale per 6 mesi. Lo ha rivelato direttamente la Procura con un comunicato stampa.
Procura che porta avanti la propria tesi, secondo la quale la commercializzazione di prodotti derivati dalla coltivazione della canapa è illegale e con questa nuova operazione ha voluto controllare se li stesse ancora vendendo, per poi procedere ad un nuovo sequestro e all’oscuramento del sito aziendale. E, in attesa di chiudere le indagini, ha emanato il divieto di svolgere la propria attività in maniera cautelativa.
Prima del verdetto della Cassazione, che ha confermato il sequestro di luglio, gli indagati avevano scelto di fare ricorso, ritenendo che, come è già stato appurato in altri processi, la commercializzazione di fiori di canapa con un principio attivo inferiore allo 0,5%, avrebbe dovuto essere valutata come non penalmente rilevante, in quanto concretamente inoffensiva.
La Cassazione ha invece confermato, con le motivazioni depositate di recente, che “il commercio o anche solo la messa in vendita di cannabis costituisca reato” sottolineando che “l’assenza di efficacia drogante o psicotropa […] deve essere valutata caso per caso a prescindere dalla percentuale di principio attivo fissata da altre leggi”.
Ecco perché, oggi più che mai, è necessario approvare una legge che cambi la situazione. Ce ne sono diverse già pronte e presentate al Senato e alla Camera. La più completa è quella che vede Riccardo Magi come primo firmatario, ed è stata sottoscritta da oltre 60 parlamentari di Più Europa, LEU, PD, Italia Viva e M5S, che da una parte inserisce le infiorescenze nella legge sulla canapa industriale del 2016, il cui mancato inserimento, ricordiamo, è all’origine di tutti i problemi che oggi sta vivendo il settore. E dall’altra escludere la canapa e i derivati dalla legge 309 del 1990, quella che regola gli stupefacenti.
“E’ la prova provata che la legge attuale, con tutte le sentenze della Cassazione e le iniziative che ci sono state, è una legge che non tutela il settore”, sottolinea Luca Marola a dolcevitaonline.it spiegando che: “O si cambia la legge, o quello che sto vivendo io a Parma è una situazione che può essere replicata in tutta Italia a qualsiasi attore della filiera, compresi i produttori. Non basta una circolare interpretativa, come è stato detto dal M5S nei giorni scorsi, bisogna cambiare la legge”.
Ed è un punto importante da sottolineare: la questione non è “il caso Marola”, ma il fatto che, senza una legge chiara, nessun attore della filiera è davvero tutelato.
La certezza è che la difesa andrà avanti in tutte le sedi opportune per rispondere alle accuse, pesanti, in cui Marola rischia di diventare il capro espiatorio di tutto un settore, che, se invece fosse opportunamente normato, potrebbe portare una grossa boccata d’ossigeno alla nostra agricoltura e al nostro commercio, soprattutto con una crisi economica epocale che si affaccia all’orizzonte.