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Dove arrivano le trivelle il turismo collassa

petrolio in spiaggiaIn questo tempo di referendum e di folle corsa dei negazionisti per fermare il nostro si al mare pulito e no al petrolio, uno dei mantra che si sente ripetere è che “turismo e petrolio” possono coesistere. Ma quando mai.

Solo gente folle può pensare che Gela sia la stessa cosa che Taormina. E credo che non si debba aggiungere niente altro.

Interessante allora questo studio recente che proprio quantifica con i numeri le perdite turistiche a causa delle trivelle. Secondo i dati del South Environmental Law Center, le comunità che si affacciano sul golfo del Messico di Louisiana, Texas ed Alabama incassano la metà dei soldi turistici rispetto alle comunità della Florida.

Perché questo è importante per l’Italia? Perché anche qui i petrolieri continuano a persistere che turismo e petrolio si può. E invece no, non è così. Basta vedere questa mappa:

Turismo e petrolio in Usa

Le contee senza infrastrutture petrolifere, in verde e quasi tutte nella zona della Florida, incassano in media 1300 dollari a persona l’anno dal turismo. In quelle rosse, l’incasso è esattamente la metà, 682.

Nel frattempo ci sono anche dei numeri collegati a vari incidenti petroliferi che hanno avuto influenze negative sul turismo di Florida, stato dove non si trivella, ma dove spesso arrivano scie di petrolio da incidenti che accadono altrove.

Ad esempio nel 1979 il pozzo Ixtoc 1 rilasciò 3,3 milioni di barili di petrolio in mare, nel golfo del Messico, a quasi mille chilometri dalla riva del Texas. Ci vollero nove mesi per fermare il tutto. Il petrolio arrivò in Texas e circa 300 chilometri di riviera texana furono inquinate.

Perdite economiche? Certo: 300 milioni di dollari che le associazioni turistiche chiesero ai petrolieri in una class action nel 1980. 300 milioni di dollari nel 1980 sono circa 950 milioni di dollari oggi.

In quella occasione, il turismo calò fra il 30 e il 60% a secondo delle località. Il professor Charles Lamphear, dell’Universita’ di Lincoln, Nebraska, disse che l’incidente essenzialmente paralizzò il turismo per mesi. Altri soldi furono spesi successivamente per pubblicizzare che le spiagge erano pulite e che i vacanzieri potevano tornare.

Un altro caso ben studiato da un punto di vista economico è il disastro petrolifero di Santa Barbara, del 1969. Qui invece arrivarono circa 100.000 barili di petrolio lungo 35 chilometri di costa, e ci fu una class action da 6,5 milioni di dollari da parte di residenti, e gestori di hotel. Sono 43 milioni di dollari di oggi. I danni totali all’ambiente vennero calcolati in 16 milioni di dollari, circa 100 milioni di oggi.

E poi c’e’ il golfo del Messico, l’incidente del 2010. È quasi impossibile quantificare le perdite qui, ma si tratta di almeno 22 miliardi di dollari per i soli primi tre mesi, da aprile a luglio. E noi, vogliamo essere Gela o Taormina?

Articolo tratto dal blog ufficiale di Maria Rita D’Orsogna



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