Domande-risposte legali in tema stupefacenti #3
In caso di arresto per un reato connesso alla coltivazione di Cannabis, quanto possono incidere eventuali precedenti (di possesso o ancor peggio di spaccio), anche vecchi di oltre vent’anni, sul giudizio finale?
Nel nostro ordinamento i precedenti anche remoti incidono sotto plurimi profili.
Da un lato, in senso stretto, con la promulgazione della L. ExCirielli è stato aggravato il trattamento dei recidivi ex art. 99 c.p., che prima era lasciato alla libera valutazione discrezionale del P.M. e del Giudice. Sicché chiunque in passato abbia subito una condanna per fatti inerenti al TU sugli stupefacenti subisce una duplice prognosi. L’una strettamente giudica, che può comportare un aggravamento dell’eventuale pena applicabile. Ai sensi dell’art. 69 c.p., infatti, la circostanza aggravante della recidiva prevale, in alcune significative occasioni, rispetto alle circostanze attenuanti privando queste di valore. L’altra concernente la capacità di reiterare condotte criminose specifiche, vale a dire che il soggetto può essere ritenuto pericoloso e, da tale premessa, il giudice può trarre argomenti negativi a suo carico, modulando la pena sfavorevolmente. Mi permetto di osservare che, salvo casi di rilevante portata l’arresto per la coltivazione di qualche pianta non dovrebbe mai essere operato come regola generale, perché la custodia in carcere dovrebbe venire applicata solo in casi di significativo allarme sociale.
Che tipo di difesa adottare in caso di sequestro di semi alimentari? In questi casi, è meglio munirsi di certificati che attestano l’assenza di sostanze stupefacenti, e di documenti che ne confermano la natura?
Potere avvalersi di certificazioni che dimostrino l’assenza di principi attivi nelle sostanze detenute è certamente preferibile. Possono essere, comunque, di ausilio anche scontrini fiscali e/o ricevute, che possano attestare la provenienza del prodotto ed eventualmente le sue caratteristiche organolettiche.
Data l’usanza di generalizzare, e sequestrare qualsiasi cosa, cosa rischia un cittadino in caso di perquisizione per altri motivi, se ha in casa alimenti derivati dalla canapa (semi, olio di semi, farina di semi)?
Nel caso di prodotti derivati dalla canapa, che non presentino principi attivi inseriti nelle tabelle della legge sugli stupefacenti, non vi sono rischi di coinvolgimenti penali.
E’, comunque, necessario essere molto precisi sul punto, perché sia le forze dell’ordine, che spesso, i magistrati ignorano la differenza fra sostanza penalmente illecita e sostanza lecita, tanto che mi è capitato in aula di giustizia, di dovere spiegare che i semi non rientrano nella nozione legale di stupefacente.
E’, altresì, importante dimostrare, a scanso di equivoci la destinazione a fini personali dei prodotti detenuti.
Le ultime chiusure di Grow Shops sono partite da alcuni sequestri effettuati a clienti di questi negozi. I negozianti sono stati accusati – e nei casi ove non vi fossero reati paralleli – e poi assolti perché vendere semi in sé non costituisce reato. Come possono in questi casi i proprietari di Grow Shops difendersi nell’immediato, dati i precedenti processuali degli altri casi, ed evitare chiusure temporanee, e danni connessi, e soprattutto evitare il carcere?
E’ difficile per me indicare una linea difensiva preventiva generica, perché ogni procedimento presenta aspetti non comuni ad altri. E’ sufficiente considerare che talora, magistrati del medesimo ufficio giudiziario hanno visioni del problema concernente l’art. 82 dpr 309/90 del tutto opposte e pervengono a decisioni tra loro in conflitto!
Se posso, intanto, consiglierei chiunque desideri in qualche modo conoscere i propri diritti di rivolgersi preventivamente ad un legale che tratti questi problemi con continuità (giacché se non si ha specifica esperienza si corre il rischio di fornire indicazioni errate) e farsi fare un parere scritto pro veritate, vale a dire una risposta ad un quesito che illustri lo stato dell’arte.
E’ chiaro che non esiste una prova assoluta, ma procedere in questo senso, anche ove il magistrato non condividesse le conclusioni del parere, dimostra la serietà e buona fede del commerciante, in una materia dove, allo stato, vi è grande incertezza.
In secondo ordine, se si fosse coinvolti in una vicenda penale è necessario, anche in questo caso, affidarsi a professionisti che trattino realmente la materia in questione.
Nessuno possiede la bacchetta magica, quindi, diffidate da chi promette risultati immediati, riaperture di negozi all’istante, oppure pronte e facili scarcerazioni.
Nessun avvocato serio può e deve fare promesse, soprattutto, quando l’esito dei procedimenti dipende esclusivamente da decisioni del giudice, che sono insuscettibili (per fortuna) di condizionamenti; nessun avvocato serio può garantire preventivamente la libertà o l’assoluzione del proprio assistito, in questo come in altri casi di natura penale. L’unico consiglio che mi sento di dare è quello di non mettere la testa sotto terra e se si riceve un’informazione di garanzia, cercare subito di capire cosa può succedere, rivolgendosi a chi dovrebbe capirne.