Dolce Vita ottiene la prima sanzione per i giornalisti che disinformano sulla cannabis
L’Ordine dei giornalisti del Piemonte sanziona due giornalisti del Tg3 per aver fatto disinformazione sulla cannabis in seguito all’esposto presentato da Dolce Vita.
È la prima volta in Italia, e non solo, che la mala informazione sulla canapa viene sanzionata.
L’esposto, firmato dal nostro direttore editoriale Matteo Gracis e redatto insieme all’avvocato Carlo Alberto Zaina, chiedeva all’Ordine dei Giornalisti e al Garante delle Telecomunicazioni di valutare provvedimenti sanzionatori contro i responsabili del servizio per aver diffuso disinformazione e ingiustificato allarmismo sulla cannabis.
I fatti. Nell’edizione serale del Tg3 regionale del Piemonte del 17 maggio 2016 il conduttore Giuseppe Rovera lancia un servizio dal titolo “Thc, la nuova droga“, per presentarlo usa queste parole: «Passiamo a raccontarvi una storia brutta, perché è una storia di droga. C’è una nuova droga che si è affacciata sul territorio piemontese: si chiama Thc, una nuova sostanza stupefacente dagli effetti molto pericolosi». Parte il servizio, firmato dalla giornalista Federica Burbatti, che tra un’inesattezza e l’altra arrivava ad affermare che «in Piemonte più di 67mila ragazzi hanno assunto, oltre alla marijuana, la Thc, una sostanza psicoattiva con effetti oltre 10mila volte superiori alla tradizionale marijuana».
La nostra redazione decide di contrattaccare: un servizio del genere, che confonde il Thc (che altro non è che uno dei principi attivi della cannabis) con una nuova droga pericolosissima, non può passare senza conseguenze, tanto più perché messo in onda da un telegiornale della tv di stato e redatto da giornalisti retribuiti con soldi pubblici.
Nel nostro esposto chiediamo all’Ordine dei giornalisti e al Garante per le Telecomunicazioni di verificare se non vi siano i termini per intervenire sanzionando gli autori del servizio, vista la totale falsità delle affermazioni contenute in esso. La nostra volontà era innanzitutto quella di cercare di creare un precedente e di lanciare un avvertimento alle testate che fanno disinformazione, dicendo loro: se volete parlare di cannabis o lo fate con spirito di verità o è meglio se non lo fate, perché se create solo disinformazione c’è chi è pronto a reagire denunciando la vostra condotta.
Ora sappiamo che la nostra azione non è stata solo simbolica, ma ha avuto delle ripercussioni. L’Ordine dei giornalisti ha infatti sottoposto a procedimento disciplinare l’autrice del servizio incriminato, il caporedattore e il conduttore dell’edizione del 17 maggio e ha sanzionato due di essi in base agli articoli 2 comma A (che stabilisce l’obbligo all’accurata verifica delle fonti da parte dei giornalisti) e 6 comma B (che vieta di diffondere «timori o speranze infondate» su temi scientifici utilizzando toni sensazionalistici).
In particolare la giornalista autrice del servizio, Federica Burbatti, è stata sanzionata con un “avvertimento” (sanzione che secondo l’ art. 52 viene comminato dall’Ordine nei casi di abusi o mancanze di lieve entità e consiste nel richiamo del giornalista all’osservanza dei suoi doveri) per aver prodotto un servizio «impreciso e fuorviante» e non avendo avuto sufficiente «scrupolo» nella preparazione del servizio, a maggior ragione – specifica la sentenza – considerando il fatto che lavora per una testata di servizio pubblico.
Più grave la sanzione comminata al giornalista Massimo Mavaracchio, colui che durante l’edizione del Tgr Piemonte del 17 maggio sedeva dietro le quinte in qualità di caporedattore di edizione. Per lui la sanzione è stata di “censura” (sempre in base all’ art. 52 assegnata a giornalisti colpevoli di abusi o mancanze di grave entità, consistente nel biasimo formale per la trasgressione accertata), per le stesse ragioni contestate alla Burbatti, ma con l’aggravante di essere caporedattore (e quindi responsabile più alto in grado dei contenuti) e di non essersi presentato dinnanzi all’Odg per spiegare le proprie ragioni.
È stato invece prosciolto da ogni addebito il conduttore dell’edizione incriminata del TGR, Giuseppe Rovera, il quale ha dimostrato di non aver
avuto parte nella costruzione né del servizio né del lancio da lui letto in diretta (scritto dalla redazione e consegnatogli al momento della messa in onda) e di essersi inoltre prodigato con i suoi superiori per ottenere il permesso a rettificare la notizia (rettifica effettivamente andata in onda il 25 maggio per bocca dello stesso Rovera che si è scusato con i telespettatori a nome di tutta la redazione).
Si tratta evidentemente di sanzioni con nessuna ricaduta pratica se non quella di sporcare la “fedina” dei giornalisti in questione, ma le motivazione espresse dall’Ordine sono ferme nei contenuti e per la prima volta mostrano che i giornalisti non possono più continuare ad alimentare impunemente allarmismi, bufale e disinformazione sulla cannabis. Quindi è una vittoria, simbolica ma non per questo senza importanza.
Ciò che ora ci auguriamo è che questa importante sentenza possa “mettere radici”. Che si tramuti cioè nel sintomo di una nuova attenzione da parte dei garanti dell’informazione sul modo in cui i giornali italiani (dis)informano sulla cannabis. Quello andato in onda al TGR Piemonte ne è stato uno dei peggiori esempi, ma di pessimi servizi ne leggiamo (e denunciamo) di continuo, anche in testate ad ampia diffusione nazionale.
Se questa sentenza servirà a mutare il clima attorno alla cannabis e obbligherà i giornalisti a fare meglio il loro lavoro sarà una vera vittoria. In caso contrario, comunque, noi di Dolce Vita continueremo a insistere, anche con i mezzi legali oltre che con un’informazione quotidiana corretta, per esigere la fine della disinformazione.