Dolce Vita ha mai pubblicato una bufala?
I nostri lettori sanno che sul numero 89 (luglio-agosto 2020) abbiamo pubblicato l’annuncio di una particolare “caccia al tesoro”. Nel numero dedicato all’emergenza disinformazione infatti, abbiamo voluto lanciare un’iniziativa particolare, che da una parte suona come una sfida e dall’altra ha il valore di fare un controllo sul nostro lavoro, arricchito dal fatto che lo facciamo insieme, come una piccola comunità.
In 15 anni di attività editoriale abbiamo pubblicato più di 15mila articoli (tutti disponibili gratuitamente qui sul nostro sito) e nonostante abbiamo affrontato temi scomodi e controversi, non ci risultava di aver mai pubblicato una falsa notizia, o perlomeno nessuno ce l’aveva mai segnalato in maniera palese.
Quindi la sfida è stata (ed è), quella di segnalarci via mail le possibili bufale da noi pubblicate. Prenderemo in considerazione con estrema serietà tutte le segnalazioni, le verificheremo e, nel caso in cui risultasse che abbiamo pubblicato una bufala, lo renderemo pubblico sui nostri canali social, rettificheremo l’articolo in questione e premieremo con un omaggio speciale colui che ce l’ha segnalata.
In realtà ahinoi, è già successo: dopo la pubblicazione dell’articolo sul giornale cartaceo e le numerose segnalazioni che ci sono arrivate, abbiamo revisionato la prima notizia errata che abbiamo pubblicato.
Sappiamo che è una sfida ambiziosa e avevamo considerato che avremmo messo a nudo i nostri errori del passato. Ma il senso era proprio questo: quello di metterci in gioco, una volta di più, di assumerci le nostre responsabilità, ammettere i nostri errori e correggerli per imparare a non farli più.
Per noi fare i giornalisti significa svolgere un lavoro che necessita innanzitutto di onestà intellettuale e riteniamo che questa iniziativa sia un buon modo per onorarla.
Ringraziamo tutti i lettori per la collaborazione e li invitiamo a continuare a leggerci e a scriverci, così come noi continueremo a fare informazione, controllando meglio il nostro lavoro in nome dello slow journalism, che è la strada che abbiamo scelto di prendere e che continueremo a percorrere.