DJ Apoc: dal trash agli States
Dj Apoc ha consumato il suo battesimo ufficiale nel mondo hip hop grazie al disco The Mark Of The Beats (per la nostra recensione del disco clicca qui), uno dei prodotti underground più pubblicizzati degli ultimi mesi, un album che vede le collaborazioni di parecchi ospiti di peso, anche dal mondo oltreoceano. Apoc è riuscito in pochissimo tempo a polverizzare l’immagine legata a quello strano e spiritoso personaggio che è stato Spitty Cash e si è trasformato nel fresco, dotato e capace producer che abbiamo avuto il piacere di ascoltare in The Mark of the Beats. Adesso esiste solo un produttore di talento, con un suono e un’attitudine di stampo americano che ne stanno definendo originalità e creatività. Myhiphop.it ha avuto il piacere di intervistare Apoc, che in fatto di contenuti e motivazioni sembra parlare con lo stesso peso e potenza che caratterizzano i suoi beats.
APOC è l’abbreviazione di Apocalypse. Visto che siamo appena scampati ad una fine del mondo ultrapubblicizzata, tu con quale canzone avresti affrontato la catastrofe? Perché?
Beh vi dico la verità, mi son fatto un po’ di viaggi pure io con la fine del mondo! Mi sono immaginato il momento dell’impatto con tanto di colonna sonora e la canzone a cui avevo pensato è stata ”Big L – Da Graveyard’‘ perchè fa abbastanza paura in tutti i sensi! Poi ovviamente la notizia della fine del mondo è stata una bufala, i mezzi mediatici ci hanno raccontato un sacco di stronzate, non ci si può fidar più di nessuno su questo pianeta! Questa è la vera situazione apocalittica, anche quando decidi di essere te stesso, pensano che stai recitando, purtroppo spesso lo penso anche io degli altri.
Grazie a “The Mark of the beats” hai lavorato con artisti stranieri di grosso calibro. Hai notato differenze evidenti tra il mondo americano e italiano? Come sei riuscito ad entrare in contatto con un pezzo grosso come Havoc dei Mobb Deep?
Beh le differenze ci sono: negli USA sono più tranquilli, fanno musica e si divertono, vivono la musica diversamente. Qui in Italia sono tutti matti, tengono a fare le loro sette segrete, per spingersi a vicenda al posto di costruire qualcosa per le nuove leve e di conseguenza anche per chi lo fa da tempo o dal giorno uno. Ci sono eventi importanti fatti e organizzati da personaggi importanti per la scena Hip Hop italiana, ma anche loro vengono snobbati per questa mania tutta italiana basata sulla diffidenza.
Per esempio io ho partecipato al K.O.T.B.(King of the beats) organizzato in italia da Nextone e i ragazzi che lavorano con lui, una battle internazionale di beatmakers. Non ne sono uscito vincitore ma arricchito da un’esperienza umana e non solo artistica. Preso dall’entusiasmo di quello che ho vissuto decisi di fare qualcosa di simile nelle mie zone, questo per dare un mio contributo e condividere un’esperienza, ma la maggior parte ha pensato volessi fare concorrenza, mio errore quello di usare un acronimo simile sfruttando il nome del mio progetto (MOTB – mark of the beats) per la mail di iscrizione. Il nome definitivo è diventato Soul Survivor, una jam che si rifà alle cose che mi piacciono e in cui credo in un certo filone di Hip Hop.
Tornando al disco, fare un vero featuring con uno dei leggendari Mobb Deep è stato un vero onore, quando ho ricevuto la sua strofa sul mio beat nella mia mail è stata una cosa bellissima, stavo tremando quasi! Io li seguo da sempre, ho a casa tutti i lavori targati Mobb Deep e penso che il loro suono non morirà mai! Pensate che ho solo mandato una mail!
Più che altro mi son tolto delle soddisfazioni, avevo dei sogni, degli obiettivi e li ho raggiunti perché non ho mai smesso di credere in quello che faccio per tutto questo tempo.
Di chi e come si compone il tuo bagaglio/background musicale?
Ho iniziato a fare beats quando i miei mi avevano comprato il primo personal computer, avevo 12 anni. Mi sono avvicinato all’Hip Hop grazie a mio zio che mi fece sentire ”All Eyes On Me” di 2Pac, i dischi vecchi di Dmx e così via. Mi facevo dare la musica dagli altri ragazzi, colleghi di scuola e piano piano ho trovato il programma per il pc che oggi tutti conoscono come FL STUDIO e che ai tempi si chiamava ancora Fruity Loops . Mi ispiro da tutto quello che ascolto, per un periodo mi son fissato con Alchemist, Premier, Marco Polo, Mr.Green, Apollo Brown, 9th Wonder e Evidence, ho fatto una specie di cocktail e ho riunito tutti in un unico suono che poi sarebbe il mio suono. So che posso imparare ancora da un sacco di gente perchè le vie della Musica sono un’infinità. La mia esperienza più bella in assoluto è partita quando ho iniziato a collaborare con Maury B, infatti tra poco esce il suo disco ”Book of Rhymes” e dentro troverete anche me assieme a Dj Double S nell’Intro del disco!
Sbilanciati. Per quale artista straniero e quale artista italiano vorresti produrre una strumentale? Perché?
Vorrei produrre qualcosa per Nas perchè mi piace da sempre ed è uno che potrebbe rappare anche sulla mazurka! La produzione italiana vorrei fosse per Bassi Maestro. Se per caso volete farmi un regalo per il mio compleanno regalatemi queste 2 cose.
Il tocco di un producer si riconosce anche da come lavora. Sei più per l’analogico o il digitale? Raccontaci come e in quali step Dj APOC produce un suo beat.
Il top della qualità secondo me si raggiunge campionando dal vinile o da cd audio originali. Per un beatmaker fare beats è un lavoro che si basa sul proprio umore, se sei nostalgico escono fuori robe molto ”throwback in da dayz” o robe molto classiche, se stai a mille e hai passato una gran bella giornata fai di sicuro il banger perfetto da mettere nel proprio disco, se sei preso male non produci proprio perché sarebbe controproducente. Io sono sempre preso bene quando produco e sto a 3000, parto subito con le drums e poi scelgo il campione, nel mentre mixo ogni suono del beat e faccio in modo che quando il beat sia finito abbia già un mix e suoni bene. Ad esempio, Mark of the Beats ha un suono molto artigianale perché è tutto fatto in casa. Partire dalle drums è molto importante, 1 beat senza ritmo non comunica niente alla gente e siccome il ruolo dei beat è di farti scrivere deve suonare tutto al meglio (drums, basslines, sample etc etc) .
Avere una propria impronta al giorno d’oggi è importantissimo, bisogna dare ai beats un identità! Oggi è tutto piu facile per i nuovi producers perchè c’è internet e puoi scaricare tutto da siti, trovi dischi che costano 50-100 euro soprattutto se sono stampe importanti come quelle giapponesi. Il bello di fare le drums è cercarsi i break e farsi una library personale, c’è chi si scarica le drums di Alchemist di Premier per metterli nei propri beats, beh grazie al cazzo che suona bene la roba, ma è come se io prendessi l’acapella di Nas e la mettessi su un pezzo dicendo alla gente che sono io! Dal mio punto di vista è così, poi ovvio sono opinioni e pareri, è tutto un confrontarsi con gli altri è migliorare sempre e comunque. Always a student!
Come ci si sente a fare parte di una realtà come quella di BM Records?
BM Records ha avuto molta fiducia in me per il progetto Mark of the Beats e ci siam trovati bene da subito, sono stato a Torino varie volte in studio da B.M.Records per confrontarci, scambiarci le idee e fare gruppo con gli altri della label che ora reputo colleghiamici e che dire.. è una realtà diversa rispetto alle altre, è un collettivo fatto da persone con la testa sulle spalle che lavorano e hanno degli obiettivi. Non sono smaniosi di fare il disco dell’anno, ma vogliono far girare buona musica.
Con Spitty Cash è iniziato il fenomeno dei trash rappers sul web, ed era una bufala. Una provocazione che ora fa riflettere visto che l’intento di creare scalpore e mostrare quanto l’italia sia più attenta alle cazzate che non alla qualità è stato centrato. Oggi invece i trash rappers sono “reali”. E’ gente che fa sul serio e che veramente risulta convinta (o inconsapevole) dei propri limiti e capacità. Che ne pensi di tutto ciò?
Guarda vi dico la verità, penso che non sia iniziato tutto da me, non sarebbe un discorso che ha una logica. Molti mi chiamano l’inventore di tutto ciò, ma non è così e vi faccio un esempio: Tizio mette un video su Youtube dove fa il ”rapper” giusto per il gusto di farsi una risata con gli amici, lo fa talmente bene che riesce ad attirare l’attenzione di tutti e fa 1 milione di views come succede anche negli States dove si trovano certi videoclip con gente assurda che fa cover di canzoni (pure stonate). Bene, quando un video del genere raggiunge un certo tipo di notorietà in automatico si aggiungono anche gli altri video di quella gente, facendoli guadagnare anche a loro visibilità.
Io arrivo da una situazione difficile perché la mia famiglia si era trasferita, con i primi con cui iniziai a fare rap, non lo feci in maniera seria e addirittura mi offrirono dei soldi per continuare a farlo cazzeggiando. Per uno come me, ai tempi molto più pischello e senza una lira in tasca, dovetti per forza fare buon viso a cattivo gioco. Poi crescendo e aumentando il mio rispetto per il rap e l’ Hip Hop decisi di dare un taglio a quello che era diventata una situazione ridicola e fuori controllo e l’unico modo era diventare estremamente serio e deciso. Ora meglio la fame che sputtanare tutto.
Oggi in Italia vedo trash rappers, però la cosa mi fa pena (mica per loro) ma per la gente che li segue e sta al loro gioco. C’è chi ha seri problemi e si sfoga con il rap, c’è chi crede che quello sia il massimo che può fare e da li non si muove. Mentre succedono queste cose l’Italia ride di loro perchè sono incapaci di fare una cosa, è come ridere di una persona con degli handicap e la cosa non la digerisco proprio. La gente insulta pure questi trash rappers con insulti come ”sei uno scarso” o ”non capisci niente dell’hiphop” o altri insulti assurdi il che mi fa arrivare solo ad una conclusione: la gente è rincoglionita. Per il resto quando in BM scoprirono chi ero mi risposero come Rakim: non importa da dove vieni, importa dove sei.