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Disobbedire per cambiare una legge sbagliata

Disobbedire per cambiare una legge sbagliata

«Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi e impegnati possa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta». Questa frase è dell’illustre antropologa americana Margaret Mead e dovrebbero mandarla a memoria tutti coloro che reputano impossibile una prossima legalizzazione della cannabis in Italia. Infatti, il divieto cesserà nonostante il Vaticano, la lobby del farmaco, le narcomafie e il benestare di quei rappresentanti politici che, pur sapendo quanto sia inutile e dannoso, si ostinano a sostenere il proibizionismo.

Purtroppo non è solo una questione di logica, altrimenti ogni italiano avrebbe già le sue piante di cannabis sul balcone: tutti, se ne conoscessero le proprietà, vorrebbero possedere un po’ dei fiori più terapeutici al mondo. Evidentemente non è neppure una questione di buonsenso, infatti mentre in diversi Stati nel mondo si legalizza l’uso ricreativo e vengono investiti ingenti capitali nella ricerca e nella produzione di cannabis terapeutica, il governo italiano è talmente cauto che ha previsto la fornitura gratuita di cannabis terapeutica, solo quando le cure convenzionali hanno dato esito negativo. Inoltre l’approvvigionamento viene garantito, salvo esaurimento scorte, solo a pazienti con patologie oncologiche o neurodegenerative particolarmente gravi, e/o con affezioni dolorose acute che superano i 5 punti della scala NRS (Numerical Rating Scale). Così capita spesso che la cannabis venga prescritta solo dopo aver somministrato al paziente farmaci con oppiacei o triptani, entrambi sostanze che provocano forte dipendenza fisica e possono avere effetti collaterali gravissimi se non addirittura letali.

Disobbedire per cambiare una legge sbagliataNon è più accettabile che nel nostro Paese, per via di una legge frutto del pregiudizio del legislatore, o di quello che egli stesso intende alimentare, sia di fatto impedito ad aziende italiane di produrre un farmaco che però acquistiamo, a caro prezzo, da aziende estere; oltre a impedire la coltivazione privata.

A giustificare l’ostinazione proibizionista, nonostante le innumerevoli prove contrarie, una falsa apprensione nei confronti dei minori, della sicurezza pubblica e della salute dei cittadini. In realtà, nonostante le severe sanzioni, sia amministrative sia penali, siamo tra i primi paesi europei per consumo minorile di droga: i nostri giovani consumano decisamente più cannabis di quella usata dai minori olandesi che vivono dove la marijuana è sempre stata legale per i maggiorenni.

Nel nostro paese fumiamo tonnellate d’erba, alla faccia della legge; ma lo facciamo di nascosto, quasi come se fosse un gioco il cui scopo è proprio quello di non farsi beccare. Chi non conosce l’effetto della cannabis sul corpo umano crede che questa sostanza viene fumata da chi ne è dipendente. In realtà il 97% dei consumatori potrebbe smettere immediatamente, ma semplicemente non vuole. Il restante 3% avrebbe effettivamente bisogno di un aiuto per liberarsi dalla dipendenza psicologica che si instaura in individui particolarmente vulnerabili.

Ma davvero la stragrande maggioranza dei consumatori di cannabis lo fa per sfidare lo Stato?

È una domanda che ha senso in un’epoca in cui spesso siamo indotti a compiere azioni che fanno male, mentre viene vietato quello che fa bene. Nel nostro Paese è vietata una pianta, manifestare pubblicamente e aiutare il prossimo, previa autorizzazione. Invece, con il gratta e vinci, il lotto e i centri scommesse, è legale il gioco d’azzardo. È legale pure la caccia che sul territorio italiano, in un anno, provoca più morti rispetto a quelle che ci sono state per abuso di cannabis nell’intera storia dell’umanità. Le armi da fuoco, normalmente detenute nelle case dei cacciatori, possono comunque finire nelle mani di ragazzini o persone non idonee al porto d’armi, o addirittura essere rubate (in Italia, soprattutto in estate, si registrano sino a 500 furti in appartamento al giorno). Se un ladro trova dell’erba e la ruba, la conseguenza più grave sarà la tosse, perché le maledizioni del proprietario faranno certamente andare di traverso un po’ del fumo di quei fiori.

Disobbedire per cambiare una legge sbagliata

Non solo, perché c’è un principio basilare che non viene mai sottolineato abbastanza: chi coltiva cannabis non fa del male a nessuno e allo stesso tempo danneggia la criminalità organizzata perché coltiva e si produce da sé ciò di cui ha bisogno. E non è un fenomeno nuovo: in Italia si stima che ci siano circa 100mila grower che coltivano cannabis illegalmente da anni, con numeri in costante crescita. Quindi parliamo di un fenomeno che esiste già, indipendentemente dalla legge, e va solo regolamentato. Si tratta di aprire gli occhi e di riportare nella legalità milioni di cittadini italiani che consumano e coltivano cannabis.

Vietare la coltivazione e l’uso di cannabis in modo effettivamente dittatoriale, ignorando persino il referendum del 1993 che ha sancito la volontà popolare di legalizzare le droghe leggere, ha portato il cittadino a ribellarsi continuando a effettuare quello che possiamo definire il suo rito pacifico, che non lede nessuno, ma che è illegale. Chi consuma cannabis, come chi la coltiva, effettua di fatto una disobbedienza civile perché non comprende e ritiene errato il divieto. Chi vive ignorando quella determinata legge, ma senza comunque ledere nessuno, non deve essere considerato un criminale. Lo Stato avrebbe dovuto prendere atto dell’elevatissimo numero di denunce e segnalazioni a prova dall’esplicita volontà del cittadino di non rispettare quella norma. La media annua dei sequestri dimostra che il proibizionismo non è la soluzione.

Disobbedire per cambiare una legge sbagliataEvidentemente ignorare la verità frutta un bel po’ di soldi: da quando è entrato in vigore sono stati oltre 1 milione i cittadini sorpresi a violare il DPR 309/90. Tutto ciò è costato un enorme sforzo economico ed energetico che ha coinvolto forze dell’ordine, Ser.T., giudici e avvocati, per reprimere una scelta assolutamente personale di quasi un milione di individui.

Gandhi affermava che occorre cessare di collaborare coi governanti quando le loro azioni ci sembrano ingiuste. È lo strumento di resistenza passiva, messo in pratica da tutti coloro che ignorano il divieto imposto sulla cannabis, che cambierà una legge sbagliata. La personale ribellione di singoli individui che violano tutti la stessa legge è di fatto una disobbedienza collettiva, in aggiunta a quelle di associazioni di malati che ormai pubblicamente coltivano cannabis per scopi terapeutici personali degli associati, come Cannabis Cura Sicilia Social Club.

Dando la possibilità alle persone di coltivare 2, 3 o 4 piante a testa per uso personale – come già è permesso in Canada o in diversi stati americani – si risolvono almeno 3 problemi: quello dell’approvvigionamento ai pazienti, una tematica che purtroppo continua a restare d’attualità, si evitano monopoli e si crea consapevolezza; perché invece che andare al coffee shop a comprarla e fumarla, limitando il problema alla varietà da scegliere, una persona si deve informare, a partire dal seme, passando per il substrato e il metodo di coltivazione, fino a capire come ottenere un buon prodotto finale, accudendo le proprie piantine giorno dopo giorno.

Gli avvocati devono difendere i propri assistiti partendo dal presupposto che, per qualsiasi cittadino, è una scelta lecita consumare, detenere e coltivare cannabis in casa propria. L’idea di spaccio deve essere sostituita da quella di condivisione, perché lo scambio di fiori, semi e piante tra estimatori è la norma e non arreca danni a nessuno. Il vero reato deve rimanere la cessione a minori e la detenzione di droghe diverse evidentemente confezionate a fine di spaccio. Il resto è pretendere i propri diritti.

In tutti questi anni si è provato in qualsiasi modo a far ragionare la classe politica e a discutere su un progetto di legge, ma non c’è stato niente da fare. Quindi, oggi, chi vuole godere dei frutti di questa pianta si trova obbligato a disobbedire ad una legge assurda e folle.

Disobbedire per cambiare una legge sbagliata



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