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Carne coltivata: facciamo chiarezza

Il governo italiano dice no alla carne "sintetica" che però ancora non esiste in Europa. Un allarmismo senza senso e privo di basi

Carne coltivata: facciamo chiarezza

Il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf), Francesco Lollobrigida ha presentato alla stampa un disegno di legge sulla carne “sintetica”. Per dire no al prodotto alimentare così denominato. In verità nelle sedi ufficiali così come in quelle scientifiche, viene detta carne coltivata e sui suoi sviluppi noi di Dolce Vita scrivemmo in tempi non sospetti qui. 

In quell’articolo che vi invitiamo a leggere per farvi un’idea della questione, intervistammo Agnese Codignola, giornalista scientifica, che sul tema ha scritto un libro intero, oltre a pubblicare regolarmente articoli in cui dà conto dell’argomento, senza giudizi, come si conviene, o almeno dovrebbe, a chi fa informazione, e senza allarmismi.

La politica, si sa, segue spesso altre vie. Per questo, alla luce del clamore che sta suscitando la faccenda, ci sembra importante evidenziare alcuni punti così da poter inquadrare la carne coltivata nei giusti confini.
Iniziamo col dire che  stiamo parlando di qualcosa che non è presente nel mercato europeo, che non sarà presente per almeno un paio di anni, e che, se e quando sarà presente, sarà regolamentato da normative. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), infatti non ha ancora ricevuto nessun dossier con richiesta di approvazione, perché non sono ancora stati definiti, nel dettaglio, i protocolli necessari. Passerà dunque diverso tempo prima che un prodotto alimentare a base di carne coltivata giunga nei supermercati europei.
Inoltre, qualora nel frattempo il disegno di legge italiano venisse approvato, accadrebbe ciò che sta avvenendo per il disegno di legge sui sostituti vegetali della carne. Visto che le leggi nazionali non possono superare quelle europee, la proposta italiana potrebbe riguardare solo i produttori e i soggetti interessati alla commercializzazione delle carni coltivate in Italia, con la conseguenza che i consumatori avrebbero accesso solo a questi prodotti importati.
Chiarito quindi che non si tratta di un tema che rivesta oggi per il legislatore un carattere di urgenza, ciò non significa che non sia utile discuterne, anzi. Ricordiamo che ridurre il consumo di carne resta un obiettivo necessario per il futuro. Parliamone quindi, ma partendo dai fatti, non dalle paure né dagli interessi che ovviamente esistono in qualunque direzione si guardi la cosa.
TG DV


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