Diritti civili: in India l’omosessualità non è più reato
La Corte Suprema ha definito illegale un vecchio articolo del codice penale, che categorizzava l’omosessualità come “reato contro natura”. L’articolo 377 anti-sodomia fu imposto nella colonia indiana nel 1860 come parte di una serie di leggi contro il vizio pubblico e l’immoralità istituite in tutto l’impero britannico e prevedeva che i gay fossero puniti con pene carcerarie da 10 anni fino all’ergastolo. Sebbene alcuni sostengano che questo procedimento giudiziario sia stato nei fatti intentato raramente, il ricorso alla legge era usato come forma di ricatto verso gli indiani gay e lesbiche contribuendo così alla loro emarginazione. La depenalizzazione dell’omosessualità non è solo una buona notizia per la comunità LGTB ma una tappa molto importante per l’evoluzione delle mentalità del Paese.
Già nel 2009 l’Alta corte di Delhi si era pronunciata contro l’articolo 377 del codice penale indiano, affermando, nel sopprimerlo, che il divieto di “rapporti carnali contro natura” violava i diritti alla vita, alla libertà e all’uguaglianza dei cittadini sanciti nella Costituzione. Incredibilmente quella decisione fu annullata quattro anni più tardi per essere ribaltata oggi in maniera forte e definitiva.
La decisione di oggi legalizza il comportamento che molti indiani sostengono sia stato accettato nella loro cultura prima dell’imposizione dei costumi vittoriani conservatori durante l’era imperiale britannica.
L’India diviene così il 124esimo Paese al mondo dove i rapporti omosessuali non sono o non sono più considerati reati penali.