Semi e seedbankVideo

Dinafem on the top

Siamo andati a San Sebastian, graziosa città basca, per visitare una delle migliori seedbank d’Europa e conoscere la storia e la filosofia di quest’azienda innovativa e dinamica. Inoltre abbiamo conosciuto il loro metodo di lavoro e curiosato tra i vari uffici, e non solo, per entrare dritti nel cuore dell’azienda. Di seguito l’intervista e il video reportage.

Quadro con scritta "My greenhouse is my therapist"

«Prima di iniziare con il progetto Dinafem ero un appassionato “coltivatore di guerrilla”. Poi, insieme ad altre persone, ho aperto un negozio dove, tra le tante cose, vendevamo anche hashish, erba e cloni. Era un bel periodo ma un giorno arrivò la polizia e mi condannò. È stato il momento più duro della mia vita in assoluto ma altrettanto interessante perché mi ha permesso di maturare la decisione di dedicarmi a qualcosa di totalmente legale, seppur underground, come la creazione di una seedbank. Ed è così che, due anni più tardi, inizio il progetto Dinafem». In questo modo il Dr. Kush ci racconta gli albori di Dinafem, banca del seme spagnola, che in questi 10 anni ha maturato prestigio e rilievo a livello internazionale. Mentre saliamo sulla cima della montagna di Adarra, a Sud della città di San Sebastian, immersi tra felci e pini il Dr. Kush ci spiega che Dinafem è una realtà dinamica, molto attaccata al territorio in cui è nata, dove le gerarchie non sono gradite e in cui tutti sono parte fondamentale dell’identità aziendale.

Attenzione, passione e motivazione sono le parole chiave di questa seedbank basca che diventa più grande giorno dopo giorno.

«Quando abbiamo cominciato, nel 2005, siamo andati in Olanda e abbiamo presentato il progetto delle piante femminizzate ad una seedbank olandese, conosciuta nel settore, con cui ho firmato un contratto molto pesante, un contratto propriamente leonino, ma a quei tempi ero abbastanza ingenuo», ci ha confidato. «Ad ogni modo ho avuto la possibilità di sviluppare le femminizzate ma dopo poco tempo abbandonai il progetto e mi dedicai a Dinafem. Gli olandesi sono trader molto aggressivi e dal primo momento hanno preso il massimo da noi, per questo motivo lavoriamo con il mercato olandese ma non diamo molto risalto ad esso dato che vendiamo in tutto il mondo».

Arrivati sulla vetta della montagna di Adarra (811 metri), con una vista mozzafiato di tutta la costa circostante, il Dr. Kush continua spiegando che i progetti futuri si concentreranno sullo sviluppo delle genetiche americane di buona qualità sulla scia della nuova DinaChem (creata dalla Chemdog) e sulla creazione di genetiche con differenti rapporti di cannabinoidi.

La scelta di puntare sul mercato americano è motivata dal fatto che il nuovo continente è la sede in cui è nata la vera e propria cultura della cannabis – grazie anche personaggi come Jack Herer – ed inevitabilmente, in questo momento di fermento e di apertura verso la canapa bisogna attingere da questo Paese che velocemente cambia e si innova.
«L’obiettivo – spiega – è quello di creare sempre più varietà con differenti rapporti tra i vari cannabinoidi (inizialmente soprattutto THC:CBD), per cui in futuro vi saranno strain, per esempio con il 20% di CBD e il 10% di THC o con il 15% di CBD e lo 0,2% di THC. La cannabis di tipo forte non sarà che una delle tante possibilità di scelta. Lo status di illegalità decennale della marijuana ha fatto sì che l’unico parametro valorizzato fosse l’elevato THC, ma le cose stanno cambiando a livello globale e sempre più utenti si avvicinano a questa pianta, con diverse esigenze e aspettative».
Nei 2 giorni trascorsi insieme al team di Dinafem abbiamo visto la grande competenza di quest’azienda ma anche la splendida identità che possiede e ci siamo resi conto dell’importanza che ha per il Dr. Kush non solo il metodo di lavoro ma il concetto stesso di lavoro, che non deve essere un dovere ma un piacere e, perché no, anche una passione. «L’impresa direttamente non fa la semina ma ha una piccola struttura propria per il breeding e per la manutenzione delle piante madri. Abbiamo una rete di produttori, circa 30/40 coltivatori di semi, che prendono il materiale in magazzino per cui non è difficile per le autorità conoscere la nostra rete ma applichiamo un principio di prudenza, proprio cercando di frammentare tutta l’attività così da diminuire il rischio il più possibile. Preferiamo una struttura piccola anche perché più facile da controllare. A San Sebastian vengono prodotti il 90% dei semi che vendiamo proprio perché è una struttura locale, e cerchiamo di mantenerla tale, e questa è una chiave importante».
«Le piante che producono semi necessitano di condizioni di crescita differenti, per questo sono più leggere e sottili. Inoltre hanno una densità molto alta per metro quadro», ci ha spiegato mostrandoci una delle numerose growroom in cui si producono i semi destinati alla vendita.

Ultima tappa della nostra visita è il laboratorio in cui vengono analizzate le differenti varietà di cannabis
, nel video si possono vedere i vari step che portano all’analisi cromatografica dello strain, che consente di conoscere le differenti concentrazioni dei cannabinoidi di ogni varietà così da sviluppare solo le migliori genetiche con le caratteristiche desiderate.

«Gli americani sono stati i primi a fare ricerca in questo senso, ma il metodo americano non ha sufficiente sensibilità perché utilizzano analisi di concentrati. Qui usiamo parametri più precisi quindi non vale il metodo americano. Un’altra differenza è che gli altri laboratori non analizzano tutti i cannabinoidi (4-5 di solito) Dinafem ne analizza almeno 9/10, vantando una maggiore precisione di analisi».

Un importantissimo passo avanti per la seedbank basca e un investimento importante per il futuro che permetterà a Dinafem di differenziarsi nel panorama europeo e internazionale.



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