Decreto sicurezza, prima denuncia: “Siamo negozianti, non spacciatori”
“Siamo negozianti, non spacciatori” spiegano da Spumoni growshop, la prima realtà che si occupa di canapa ed è stata colpita dal decreto sicurezza con denuncia di detenzione e spaccio per la cannabis a basso livello di THC
Doveva andare a prendere i figli a scuola. Ma quel giorno, Simona, titolare di Spumoni Growshop, non è arrivata in tempo. Era sotto fermo della Guardia di Finanza, costretta a spiegare alle maestre – con voce rotta dalla vergogna – che non sarebbe potuta arrivare, perché accusata di detenere infiorescenze di canapa legale.
È successo a Roma, pochi giorni dopo l’entrata in vigore del decreto sicurezza, la legge che ha equiparato la canapa industriale agli stupefacenti. Una norma che ha già colpito indirettamente centinaia di operatori del settore e che ora rischia di travolgere anche la vita di una madre, di una lavoratrice, di una donna che da anni porta avanti – con coraggio e dignità – un’attività completamente trasparente, in un settore fino a ieri ritenuto legale.
A Simona sono stati sequestrati 10 chili di infiorescenze, strumenti per il confezionamento e la lavorazione e alcune piante in fase vegetativa.
DECRETO SICUREZZA: SEQUESTRO E DENUNCIA PER SPACCIO A SPUMONI GROWSHOP
Le forze dell’ordine hanno effettuato a fine maggio il primo sequestro a Colleferro, dove si trova una delle attività di Spumoni, dove 4 agenti in borghese della Guardia di finanza hanno effettuato la perquisizione, sequestrando il cellulare di Emanuele, responsabile del punto vendita e portandolo in caserma. Dopo di che si sono spostati ad Acilia, dove lavora Simona e c’è il negozio principale.
“Dopo”, racconta Simona, “sono venuti qui ad Acilia per un controllo. Poi sono passati alla perquisizione e al sequestro”.
Simona, difesa dall’avvocata Paola Bevere, spiega che l’attività oggi sopravvive tra disperazione, paura e atti di disobbedienza civile. Perché chi ha una famiglia da mantenere e crede ancora nel valore della legalità, non può fermarsi.
“Siamo negozianti, non spacciatori”, spiega Simona a Dolcevitaonline.it raccontando che: “Noi rimaniamo aperti e continuo a vendere, sia come forma di disobbedienza civile, sia perché l’unica alternativa sarebbe la chiusura. Con la nostra impresa abbiamo 7/8mila euro di spese fisse al mese per pagare gli affitti e gli stipendi, quindi non ho altra scelta”.
SOLLEVATA LA LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
Entrambi i ragazzi sono stati denunciati per detenzione ai fini di spaccio (art. 73 del testo unico sugli stupefacenti) e rischiano dai 2 ai 6 anni di carcere. Il decreto di sequestro emesso dal Pm è stato impugnato dall’avvocata, con un’istanza del riesame che solleva la legittimità costituzionale dell’articolo 18 del decreto sicurezza, sottolineando l’inesistenza del reato, visto che la cannabis sequestrata è priva di efficacia drogante.
Questa mattina, dalle 11, è in corso un punto stampa davanti a Montecitorio con Simona, Emanuele, l’avvocata Paola Bevere, Antonella Soldo di Meglio Legale e Riccarco Magi, parlamentare di Più Europa, per annunciare iniziative contro il decreto sicurezza.
Ricordiamo che, negli ultimi giorni, mentre va avanti la crociata del governo che si ostina a considerare come droga quello che è a tutti gli effetti un prodotto agricolo, abbiamo assistito dopo 6 anni di processo all’assoluzione di Luca Marola, fondatore di Easyjoint che si era visto sequestrare 650 chili di cannabis light, perché il fatto non sussiste. “Se non ha efficacia drogante non è reato. Il nuovo decreto dice che il fiore è stupefacente, ma poi vediamo che non lo è secondo il diritto penale“, ha sottolineato l’avvocato Giacomo Bulleri che l’ha difeso.