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Decreto droghe approvato in commissione: non cambia niente

Dibattito e approvazione lampo del decreto Lorenzin sulle droghe alle commissioni del Senato: non cambia niente. Il decreto che arriverà martedì nell’aula del Senato per il voto finale (probabile venga imposto il voto di fiducia) rimane quello già licenziato alla Camera. Il Nuovo Centro Destra, con un emendamento presentato dalla senatrice Bianconi, ha tentato con un colpo di mano di reintrodurre la cannabis nella tabella delle droghe pesanti, ma il tentativo è fallito. Giovanardi, nel ruolo di relatore del decreto, è tornato a difendere la sua legge nonostante la bocciatura della Corte Costituzionale: “Era una legge fatta con grande attenzione”, suscitando le proteste di M5S e Sel.
Ancora una volta sono stati respinti tutti gli emendamenti migliorativi presentati da M5S e Sel che avevano proposto la depenalizzazione della coltivazione di poche piante di cannabis a uso personale, e un’ulteriore diminuzione delle pene per i reati di lieve entità collegati alle droghe leggere.

AIROLA: “TUTTO VA A GRAVARE SUI GIUDICI”. Il decreto che doveva servire a rimodulare le tabelle dopo che la bocciatura della Fini-Giovanardi aveva fatto sparire dalle norme le centinaia di nuove sostanze nate dopo il 2006, si è trasformato così nell’ennesima battaglia ideologica sulla cannabis. Secondo il senatore Alberto Airola del Movimento 5 Stelle, “ora tutta la confusione generata da questo decreto, che mette la cannabis in una tabella diversa dalle droghe pesanti per quanto riguarda lo spaccio, ma la lascia nella stessa per i reati di lieve entità, e non fa luce su tutte le altre sostanze, si tradurrà in un’enorme confusione per i giudici, che si dovranno muovere in una legislazione farraginosa e non omogenea”.

MARTEDI’ IL DECRETO IN SENATO. Il governo, guidato dal Partito Democratico, si è concentrato sulla necessità di approvare il decreto in fretta ad ogni costo, senza valutare alcun emendamento, per evitare la scadenza del decreto stesso. Ora il decreto Lorenzin passa al Senato dove si terrà la prima discussione martedì. Il voto finale dovrà necessariamente arrivare entro il prossimo 20 maggio: è per tanto molto probabile un nuovo ricorso al voto di fiducia da parte del governo.

 



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