Ddl cannabis: si torna in Parlamento, ma dalla legge è scomparsa la legalizzazione
Il 28 settembre la proposta di legge che ancora viene definita sul sito della Camera “Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati” tornerà in aula per la discussione degli emendamenti al testo. Ma nel testo in discussione non c’è più alcun accenno alla legalizzazione della cannabis.
Come già avevamo riportato (in questo articolo i dettagli) infatti, nelle scorse riunioni tutti i partiti tranne Sinistra Italiana e Movimento 5 Stelle hanno rigettato la proposta di legge Farina e approvato al suo posto la proposta di legge redatta da Anna Magherita Miotto (Partito Democratico). Una proposta che al suo interno non prevede alcun cambiamento nelle leggi sulla cannabis a uso “ricreativo”, ma solo alcune misure in favore dell’accesso alla cannabis terapeutica.
In particolare la proposta Miotto prevede rafforzare le possibilità di cura a base di cannabis ampliando le patologie per le quali è prescrivibile e proponendo un aumento della produzione di cannabis da parte dell’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze. Ma non prevede nessuna misura di legalizzazione, nemmeno limitata a una riforma delle condanne penali ed amministrative previste per coltivatori in proprio e consumatori.
Una norma che non soddisfa neppure le richieste delle associazioni dei malati, continuando a vietare l’autoproduzione di cannabis a fini terapeutici e ostinandosi a definire quelle a base di cannabis come “cure alternative”, prescrivibili solo dopo che le cure a base di farmaci standard (poco importa se più pericolosi, come gli oppioidi) non abbiano dato risultati positivi.
A partire dalla settimana prossima comincerà dunque l’esame degli emendamenti. Sinistra Italiana ha già annunciato che proverà a far rientrare alcune misure in favore della legalizzazione e della depenalizzazione della coltivazione a scopo di consumo personale. Ma pare una battaglia persa in partenza, vista la ritrovata unità del fronte proibizionista, che dopo la discesa in campo di Renzi, conta tra le sue fila la quasi totalità dei deputati del Pd, molti dei quali appena due anni fa avevano firmato la proposta di legge per la legalizzazione.