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Ddl Cannabis: il Parlamento ha bocciato l’autoproduzione per soli 16 voti

Ddl Cannabis: il Parlamento ha bocciato l'autoproduzione per soli 16 voti191 voti a favore, 207 contro. Con questo scarto risicato è stato respinto dal Parlamento l’emendamento che avrebbe consentito l’autoproduzione di cannabis dietro ricetta medica. È successo ieri sera durante la votazione sulla proposta di legge per la cannabis terapeutica presentata da Anna Margherita Miotto (Pd).

Le opposizioni di Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana avevano presentato due emendamenti al testo di legge in discussione per consentire l’autoproduzione per i malati sia in forma personale che associativa, e avevano ottenuto che i due voti si tenessero a scrutinio segreto, sperando in questo modo che alcuni deputati del Pd disobbedissero alle direttive di partito, votando a favore grazie al segreto dell’urna.

La manovra non è riuscita per poco, influenzata anche dalle molte assenze tra i banchi. Gli emendamenti sono stati entrambi bocciati, rispettivamente con 189 sì e 210 no il primo e 191 sì e 207 no il secondo. Impossibile non sottolineare come, se tutti gli appartenenti dell’intergruppo parlamentare per la legalizzazione (forte di 220 membri) dopo aver per mesi sbandierato il loro favore alla riforma delle leggi proibizioniste, fossero stati almeno presenti ieri in aula gli emendamenti sarebbero passati.

Il Parlamento ha invece approvato la prima lettura della proposta di legge Miotto, una proposta nata nelle commissioni per volontà del governo, in contrapposizione alla proposta di legalizzazione, e che non comporterà nessun reale miglioramento, neppure per i malati che hanno diritto alle cure a base di cannabis. Una proposta “foglia di fico”, da approvare solo per poter dire ai media di aver fatto qualcosa in questo senso.

A votare con il governo, almeno nelle votazioni palesi, sono stati insieme Pd e Forza Italia, inclusi anche i parlamentari democratici che in passato avevano aderito all’intergruppo della legalizzazione. Tra questi anche Roberto Giachetti, ovvero colui che era stato primo firmatario del ddl per la legalizzazione, che ha spiegato di averlo fatto per “disciplina di partito”.

 



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