Ddl Cannabis: Ecco cosa si è detto nelle audizioni parlamentari
Sono cominciate le audizioni degli esperti, che alle Commissioni riunite Giustizia e Affari Sociali hanno illustrato le varie posizioni di comunità, operatori sociali, giuristi ed economisti sul progetto di legge per la legalizzazione della cannabis (in questo articolo il progetto di legge completo). Si è trattato di un primo round, le audizioni andranno infatti avanti (anche se ancora non si sa quando si terranno le prossime).
Ad aprire il confronto sono stati dieci esperti convocati dai vari gruppi politici, sia favorevole alla legalizzazione che contrari. Diversi gli spunti interessanti emersi nel merito della proposta di legge, mentre non sono mancati momenti di disappunto specie attorno all’intervento della tossicologa Elisa Bertol ed a quello del rappresentante della comunità Amelia, i quali hanno rispolverato alcuni dei più vecchi e retrivi leitmotiv del proibizionismo.
Patrizio Gonnella (Associazione Antigone). Il presidente dell’associazione Antigone ha sottolineato la sua posizione favorevole nei confronti della legalizzazione, che deve essere attuata per quattro ordini di ragioni: l’evidente fallimento del proibizionismo, che non ha contribuito a diminuire i problemi della diffusione di cannabis ma li ha anzi acuiti; il bisogno di liberare dal carcere i tanti detenuti condannati per coltivazione e piccolo spaccio (vero o presunto) e di sgravare la magistratura da migliaia di processi inutili; assicurare attraverso la legalizzazione la sicurezza della qualità della cannabis in circolazione; assicurare un ritorno economico che per Gonnella deve servire innanzitutto non a fare cassa per lo stato, ma a garantire i fondi per investire in prevenzione e riduzione del danno.
Riccardo De Facci (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza, CNCA). L’approccio verso la cannabis non deve più essere di stampo penale ma improntato su dati sociali, culturali e, per i malati, curativi. De Facci ha evidenziato anche alcuni limiti della proposta di legge presentata: i limiti di detenzione ammessi nel disegno di legge sono bassi (5 grammi fuori casa, 15 in casa) «non può essere che chi viene trovato con 16 grammi finisca nuovamente di fronte al giudice», devono essere previsti reali investimenti in prevenzione e consumo consapevole, mentre ha espresso «forti dubbi» sull’idea di concedere licenze a grossi produttori, affermando che gli appetiti di imprese e multinazionali devono essere lasciati fuori dal processo di riforma.
Carlo Alberto Zaina (avvocato). L’intervento dell’avvocato Zaina si è concentrato sulla richiesta di correzione di alcuni punti della pdl. In particolare ha suggerito che l’autocoltivazione di cannabis preveda, oltre il limite previsto di tre piante, una fascia (da quattro a dieci piante) in cui si preveda comunque la non punibilità della condotta a meno che non emergano evidenti prove di spaccio. Ha inoltre espresso la propria contrarietà all’articolo che prevede la liceità della cessione gratuita di piccole quantità di cannabis, affermando che ciò potrebbe favorire lo spaccio e che sarebbe anche a rischio di incostituzionalità. Inoltre Zaina ha richiesto la rimozione di tutte le sanzioni amministrative per i consumatori, le quali hanno dimostrato di essere non solo inutili ma soprattutto persecutorie verso i consumatori.
Ferdinando Ofria, (professore di politica economica). Un’analisi dei costi e benefici economici dimostra la positività delle esperienze di legalizzazione della cannabis, secondo il professore dell’Università di Messina. L’esperienza del Colorado dimostra come non vi sia un aumento dei costi sanitari – ha affermato – mentre si riscontra una diminuzione della micro criminalità. Inoltre la legalizzazione porterebbe a sensibili risparmi sul sistema carcerario (541 milioni di euro il costo annuo stimato dei detenuti per cannabis) e su quello repressivo (stimato in circa 250 milioni). Secondo le stime di Ofria, nel caso venisse prevista una tassazione simile a quella dei tabacchi, la legalizzazione potrebbe fruttare allo stato 5-8 miliardi l’anno.
Andrea Trisciuoglio e Wiliam Verardi (associazione La PianTiamo). In un intervento molto acceso nei toni i rappresentanti del cannabis social club formato da malati hanno voluto sottolineare come i tempi dei malati non possano aspettare quelli della politica, denunciando gli eccessivi costi della cannabis in farmacia e le difficoltà riscontrate nel farsela prescrivere, rivendicando i risultati ottenuti da La PianTiamo in Puglia. In particolare Verardi ha chiesto di non parlare solo di legalizzazione per tutti, ma di mettere in primo piano le esigenze dei malati: «la liberalizzazione a noi non interessa, c’è prima il malato».
Elisabetta Bertol (professoressa di tossicologia forense). «Non ho mai visto processi che hanno condannato consumatori e coltivatori di cannabis senza che vi fossero prove di spaccio» «nessun malato viene incarcerato per coltivazione ne viene colpito dalle sanzioni amministrative» «il 35% degli incidenti stradali sono causati da automobilisti che hanno assunto cannabis». Queste alcune delle affermazioni, fortemente contestate e che hanno provocato l’abbandono dell’aula da parte di alcuni deputati, da parte della professoressa invitata a parlare dalla Lega Nord. La Bertol si è inoltre lanciata in una difesa d’ufficio della legge Fini-Giovanardi e delle sanzioni amministrative («eliminarle sarebbe un danno per la sicurezza»).
Pietro Fausto D’Egidio (Federserd). Il presidente della federazione dei Ser.T. ha incentrato il suo intervento sulle verità scientifiche accertate sulla cannabis, mettendo in evidenza un principio: non esistono casi documentati di overdose da cannabis. Affermando che le uniche dannosità scientificamente certe risiedono nella capacità di provocare psicosi in casi già di partenza problematici. D’Egidio ha sottolineato la necessità di riformare le leggi sulle droghe, che risalgono a 25 anni fa, quando la realtà era differente, chiedendo però nel progetto di legge vengano previsti fondi maggiori per la prevenzione: «almeno il 25% degli introiti della cannabis legale, contro il 5% previsto nel ddl».
Marco Cafiero (Federazione italiana comunità terapeutiche, Fict). Fortemente contrario al progetto di legge in discussione l’intervento del rappresentante della Fict, non per ragioni ideologiche, ma per questioni di merito. «In questa legge – ha affermato – non vi è alcuna idea su come limitare la diffusione della cannabis ma solo idee economiche, ma non si può dire legalizziamo perché reprimere costa troppi soldi o perché lo stato ci guadagna». Secondo Cafiero l’idea di sostituire l’educazione alla prevenzione è giusta, ma in questo testo «non vi è alcuna idea su come fare questa educazione, si parla solo di cassa». Per questo, è l’idea di Cafiero, il ddl sembra mirare alla liberalizzazione più che alla legalizzazione. Cafiero si è detto invece d’accordo con l’eliminazione delle sanzioni amministrative proposta dall’avvocato Zaina.
Giorgio di Lauro (Associazione italiana per la cura dipendenze patologiche, Acudipa). La legalizzazione non serve per combattere la criminalità organizzata né per liberare le carceri dal sovraffollamento. Questa la posizione espressa dal rappresentante di Acudipa, secondo il quale i danni della cannabis sui ragazzi sono enormi, al punto da bloccarne lo sviluppo. Di Lauro ha poi criticando anche l’idea che la legalizzazione possa essere un buon affare dal punto di vista economico, facendo un parallelismo con la legalizzazione del gioco d’azzardo, che avrebbe portato ad «un’aumento enorme dei dipendenti dal gioco, mentre le sale legali sono al 90% gestite dalla criminalità».
Giampaolo Nicolasi (Comunità incontro Amelia). Si alla cannabis terapeutica, no alla legalizzazione, questa la posizione della comunità fondata da don Gelmini. Nicolasi per motivare la contrarità alla legalizzazione della propria organizzazione ha tirato fuori anche il più vecchio tra i luoghi comini: «non tutti i consumatori di cannabis passano all’eroina, ma tutti gli eroinomani sono passati dalla cannabis», ha affermato, prima di dire che «i nostri figli sballati potrebbero causare incidenti stradali e poi andare a casa e dire: papà cosa vuoi? Non lo sai che la legge lo permette». Un’affermazione da persona non informata o intellettualmente disonesta, visto che ovviamente il progetto di legge non interviene sulla legislazione che punisce la guida sotto effetto di cannabis, la quale rimarrebbe reato.