Dargen D'Amico ft. Sewit – Passerà Al Bar (txt)
Spero che questa sera,
mio padre non beva,
che, messa la giubba, Torni presto.
Ma ho il sospetto che quando chiuderà bottega,
prima di tornare a casa, passerà al bar.
Dopo ogni pasto, tua madre scende in piazza,
canta e si vanta
che fino la fila per pregarti, come a Betlemme.
E non è un caso che porti il nome di una santa.
Trovarti un uomo con un impiego stabile su cui contare,
chennesò, un contabile.
Il taschino con le penne,
un quarantenne è più affidabile di un universitario perenne ritardatario.
Se non prendete casa troppo lontano da Milano,
posso accodarmi alle tue amiche e passare nel weekend.
Non preoccuparti per me, ho chi mi da una mano.
Quando l’inverno copre e gela,
Lucifero passa a salutarmi quasi ogni sera.
Dopotutto è solo un uomo che ha sbagliato e chiede perdono,
ed è un uomo così solo che mi fa pena.
Spero che questa sera,
mio padre non beva,
che, messa la giubba, Torni presto.
Ma ho il sospetto che quando chiuderà bottega,
prima di tornare a casa, passerà al bar.
Ogni giorno che nasce devo dei soli a qualcuno,
sento una voce uscire dalle sue tasche.
Pago un debito ogni cambio di stagione,
con alcuni rischio la vita, con altri la prigione.
Ho le finestre chiuse e, nonostante ciò sento il vento.
Mi guardo attorno e urlo che pago domani.
Tu non lo sai, gli usurai sono animali,
mi tengono il fiato al collo come schiavi di Sodoma,
questo è il vento che sento.
A natale, i benestanti al mare,
faccio la posta davanti la porta di sconosciuti e col postino passo per questi.
Rovisto tra la posta
e sono apposto se conquisto abbastanza per un pasto
tanti saluti.
Questa è casa mia, baby,
non c’è spazio per eredi.
Apri gli ochhi, perchè se li chiudi ti illudi,
e non sperare domani ci sarà più di quello che vedi
Spero che questa sera,
mio padre non beva,
che, messa la giubba, Torni presto.
Ma ho il sospetto che quando chiuderà bottega,
prima di tornare a casa…
Credo tu abbia confuso,
credo tu abbia preso la mia dignità di uomo che bada a se stesso e non affonda
per la dignità noncurante e consumata, chennesò, di un Fonda o di un Prada.
Credo in Dio finchè non vivo per strada e nutro me,
ma giuro che l’abbandono quando non potrò permettermi le sciarpe, le scarpe, le tate, le pappe e il futuro del mio bebè.
Mio padre m’ha lasciato un livido complesso,
non lo vedevo spesso,
ma ricordo che da sobrio mi faceva le feste.
Tutti gli altri giorni mi dava più schiaffi di quanti il mio viso ne contenesse.
Mi ha lasciato cicatrici, non cultura.
Ho paura che da me venga alla luce una creatura
che, specchiandosi nella sua matrice,
si vergogni e sogni di tornare nell’incubatrice.
Spero che questa sera,
mio padre non beva,
che, messa la giubba, Torni presto.
Ma ho il sospetto che quando chiuderà bottega,
prima di tornare a casa, passerà al bar.