Cucchi massacrato dai carabinieri perché non gli trovarono droga in casa? La nuova pista investigativa
Doveva essere una brillante operazione antidroga, di quelle che ti fanno guadagnare titoli e foto sui giornali. I carabinieri partiti alla volta della casa di Stefano Cucchi convinti di trovare importanti quantità di droga. E invece niente, nemmeno un grammo. Quindi l’irritazione per il mancato ritrovamento e le botte per farsi dire dove la nascondeva. Troppe perché Stefano non parlava.
Uno scenario inquietante sul quale ora lavora la Procura di Roma, ricostruendo lo scenario a partire da alcune testimonianze raccolte durante il processo che si è concluso in II grado con la controversa sentenza di assoluzione per medici e forze dell’ordine, stabilendo che Cucchi sarebbe morto a causa della malnutrizione e dell’epilessia della quale soffriva.
A ricostruire lo scenario della nuova inchiesta è un lungo articolo pubblicato da L’Espresso. Il quale riporta le parole di uno dei teste chiave del processo, il carabiniere Riccardo Casamassima. Sarà lui ad accusare Roberto Mandolini (indagato per falsa testimonianza), all’epoca comandante della stazione Appia, quella da cui partirono i militari per arrestare Cucchi.
Mandolini sapeva, sostiene il teste. Tanto da confessargli: «È successo un casino i ragazzi hanno massacrato di botte un arrestato». E Casamassima, nel verbale del 30 giugno 2015, si spinge oltre: «Sembrerebbe una cosa preparata prima, cioè che i carabinieri sapevano che Cucchi aveva un quantitativo importante e lo cercavano a casa dei genitori, non trovando nulla per estorcergli informazioni hanno cominciato a menarlo».
Il procuratore Giuseppe Pignatone commenta: «Che è andata oltre…». Gli inquirenti insistono, gli chiedono di spiegarsi meglio: «Dottore è inusuale, quando io faccio più di un arresto durante l’anno per me diventa una cosa di routine, invece gente che non è abituata a fare questo tipo di attività si sono esaltati e può essere scattato qualcosa nella loro testa».
Infine, prima di chiudere il colloquio con il pm Giovanni Musarò, Casamassima aggiunge: «Il pestaggio di Cucchi era finalizzato a farsi dire dove era custodita la droga che i colleghi pensavano di trovare all’interno dell’abitazione». Dichiarazioni che potrebbero diradare la nebbia di silenzi che avvolge il mistero della morte di Cucchi.
Uno scenario che potrebbe spiegare anche uno dei misteri sull’arresto di Cucchi, cioè il fatto che non gli venne fatta nessuna foto segnaletica nonostante sia questa una prassi obbligatoria per legge. Foto e impronte mancanti, per nascondere i segni sul volto del ragazzo picchiato.