Antiproibizionismo

CSC spagnoli: una realtà che sembra una favola!

cannabisUna delle tante fantastiche piazze che costeggiano la Rambla, un vicoletto nello storico Barrio Gótico, un portoncino anonimo ed eccoci in un Cannabis Social Club di Barcellona, il “Mariland”, gestito da tre ragazzi italiani e di cui si è anche parlato in TV in un servizio delle Iene sulla realtà spagnola dei CSC.

L’esperienza dei CSC è relativamente recente in Spagna e nell’ultimo periodo ha registrato un’impennata considerevole e nella sola città di Barcellona se ne contano più di 100, 70 nel solo centro storico. Entriamo accompagnati da un socio del club che ci presenta, ma quando si viene a sapere che siamo di ASCIA, la presentazione risulta superflua, quasi come fossimo ospiti ad honorem. Riempiamo comunque la domanda di ammissione e la prima cosa che ci salta agli occhi è la richiesta di dichiarazione se si usa cannabis per uso ludico o terapeutico.

Per loro che stanno vivendo un momento storico per i consumatori di cannabis, è un piacere offrirci un sogno e per noi che viviamo nel perenne timore di dover affrontare un processo per una piantina o per pochi grammi di erba, proprio un sogno sembra essere quello che ci troviamo davanti agli occhi. All’interno un potente aspiratore mantiene l’aria pulita, c’è aria condizionata d’estate e riscaldamento d’inverno, l’ambiente è oscurato (purtroppo) per non avere visibilità dall’esterno, ma ugualmente gradevole con divanetti e tavolini attrezzati per il rollaggio, musica a volume discreto, un maxi schermo, wc pulitissimi, acqua gratis, bevande e snack a prezzi di case del popolo. Ci vengono mostrate alcune qualità di cannabis, ci viene spiegata la tipologia e la percentuale di THC contenuta nelle varie specie e, dato che nella legalità anche i prezzi diventano ragionevoli, per 10 euro acquistiamo un paio di grammi di un’ottima sativa dal profumo veramente gradevole, ci sediamo poi su un divanetto condividendo il tavolino con due ragazze che si stanno rollando un joint.

Cannabis social clubAnche loro sono italiane, ma vivono da anni a Barcellona, una di loro ci racconta la sua incredibile storia, è tra i pochi fruitori che utilizzano la cannabis del CSC per scopi terapeutici e la patologia che accusa (sensibilità chimica multipla alle sostanze usate nei farmaci, nell’alimentazione, nel vestiario, nell’arredamento domestico e in centinaia di altre cose) non è riconosciuta nel nostro Paese e tanto meno le viene riconosciuta l’unica terapia che potrebbe alleviare la sua condizione e che chiaramente è a base di cannabis. A Barcellona invece ha sostenuto visite mediche ed esami e alla fine gli è stato riconosciuto lo stato patologico con un certificato ufficiale e le è stata consentita la cura a base di cannabis che lei si procura al CSC in base alla qualità, alla quantità e alla tipologia che ha concordato con il medico. Sembra un capitolo di “Alice nel Paese delle Meraviglie” o di vivere nell’ambientazione della Mela d’Oro, dove i “fumatori di marijuana” avevano dei club esclusivi che molto somigliavano all’Agorà greca, dove, aiutati dal potere introspettivo della cannabis si discuteva di cose profonde anche se con un’apparente leggerezza! 

E invece non siamo né in una favola, né in un romanzo, ma solo a poche centinaia di chilometri dall’Italia, dove invece, mentre si celebrano migliaia di feste in onore del vino e si tollera simpaticamente chi ne abusa, si depreca e disapprova qualsiasi tentativo di confronto sul tema della cannabis e sui diritti dei suoi consumatori

Ora ci sarebbe da chiedersi: se la legge, in Italia come in Spagna, consente il consumo, ma impedisce di fatto una lecita reperibilità della sostanza, non istituendo punti di vendita e impedendo l’autoproduzione, non è questo un motivo palese per creare una falla legislativa e tentare l’esperienza spagnola? Com’è possibile consumare se non esistono siti dove reperire la sostanza se non dal mercato criminale? E indubbiamente i CSC potrebbero essere quell’anello mancante, nella legge sugli stupefacenti, per un’attività legale e controllata, per una buona integrazione del fenomeno nella società, per la sicurezza e la salute dei consumatori che reperirebbero un prodotto di ottima qualità e toglierebbero oltretutto l’erba dal menù delle droghe spacciate dalle organizzazioni criminali. C’è da lavorarci sopra, ma va a finire che se vogliamo risolvere il problema dovremmo iniziare realmente a considerare la cosa! 

Giancarlo Cecconi



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